Torino: l’unità drammaturgica del Trittico

Se anno pucciniano deve essere, al Teatro Regio di Torino lo si è celebrato a dovere. Avviandosi alla sua conclusione, la stagione operistica 2023 – 2024 chiude in un non troppo caldo inizio d’estate torinese con il Trittico pucciniano, l’insieme delle tre opere che Giacomo Puccini compose, fra il 1913 e il 1915, ognuna in un atto diverso dall’altra per ambientazione, trama e stile musicale.

La prima è Il tabarro, una tragedia di passione e di gelosia che si consuma a Parigi, all’inizio del Novecento, fra i marinai della Senna, dove le vicende d’amore e di morte vertono tra Giorgetta, Michele e Luigi. La seconda, Suor Angelica, è un dramma commovente per sole voci femminili dove la protagonista, giovane donna costretta dalla famiglia a prendere i voti, sogna di rivedere il suo bambino. Sogni che si infrangeranno dopo il dilaniante confronto con la gelida zia Principessa, che con la tragica verità porterà al suicidio l’affranta Suor Angelica. Ed infine Gianni Schicchi, il cui umorismo noir rende omaggio al geniale truffaldino di Firenze, condannato da Dante all’Inferno e qui redento dal suo amore per la figlia Lauretta, innamorata del giovane Rinuccio.

I tre atti unici, spesso messi in scena separatamente, sono pensati da Giacomo Puccini come un percorso unitario che si muove tra la luce e ombra, tra dolore e leggerezza, tra sofferto pianto e amara risata: ad ognuno di noi sta trarne le conseguenze e farne le dovute riflessioni.
Da questo percorso sembra svilupparsi l’idea registica di Tobias Kratzer (qui a Torino ripresa da Ludivine Petit),  in questo nuovo allestimento per il Teatro Regio di Torino, in coproduzione con il Théâtre Royal de la Monnaie di Bruxelles, che con una sua rilettura in chiave moderna, riesce con intelligenza ad esaltare le differenze e a stimolare il legame evolutivo, sapendolo saldare con capacità critica e mettendo a nudo, in tutta la sua cruda verità, l’essere umano. Essere umano che ama, è geloso, soffre, prega, è legato al denaro, è furbo, si fa beffa degli altri, è generoso, pensa a sé stesso, condivide. E troviamo tutto questo nel Trittico, in un concatenarsi di situazioni, di emozioni, di azioni: Kratzer individua questa concatenazione e crea con sapienza i rimandi reciproci.

Troviamo così, nel Tabarro, proiettate in televisione per gli sconsolati Michele (prima) e Giorgetta (dopo), le vicende di Gianni Schicchi, della furbizia di costui e dell’amore che lega Rinuccio e Lauretta. Passando alla Suor Angelica, dove i momenti di peccato e tentazione delle sorelle sono dati dalla lettura in segreto dell’intrigante fumetto del Tabarro, in un richiamo tra il figlio perduto di Giorgetta e Michele e quello di Suor Angelica; arrivando infine al Gianni Schicchi, dove l’inizio della scena prende avvio con un vecchio giradischi da cui si può udire il canto di Suor Angelica e da cui prende spunto il morente Buoso Donati nel fare testamento, lasciando tutto ai religiosi frati a scapito della famelica famiglia. Nel Tabarro vediamo quindi una moderna e rumorosa Parigi, con l’azione scenica che si svolge fra quattro distinti spazi semicubici, mentre gli eventi di Suor Angelica si susseguono in una spoglia scena dove sono preziose e di ottima realizzazione le proiezioni visive curate da Manuel Braun e i suoi collaboratori, per arrivare ad un televisivo Gianni Schicchi, dove la resa quasi teatrale della scena è seguita da un pubblico sugli spalti (raccolto tramite un apposito bando di partecipazione del Teatro), con i suggerimenti per gli applausi e le reazioni. Ottimo si può quindi dire del lavoro fatto da Rainer Sellmaier, ripreso da Clara Hertel.

Pinchas Steinberg fa il suo sempre gradito ritorno al Regio, con la sapienza della “vecchia scuola” e con la solida conoscenza delle masse orchestrali e corali del Teatro, seppur non ci si può esimere dal rilevare qualche incertezza nel rapporto tra buca e palco. Le dinamiche sono eleganti, ricercate, frutto di quel gesto sicuro che Steinberg ha, nonostante un più stimolante impeto sarebbe stato apprezzato nei passaggi più concitati del Tabarro e in quelli più incalzanti del Gianni Schicchi: tra le tre, è Suor Angelica che musicalmente si percepisce maggiormente vissuta, analizzata, esaltata.  Al gesto di Steinberg risponde con sicurezza e pulizia l’Orchestra del Teatro Regio, che in gran spolvero sa adattarsi all’evoluzione musicale delle tre composizioni, così come sono di ottimo livello l’intervento del Coro del Regio, preparato da Ulisse Trabacchin e le voci bianche curate da Claudio Fenoglio.

Protagonista indiscusso è il baritono Roberto Frontali, che non sembra vivere lo scorrere del tempo ma sa, al contrario, dimostrare come la crescita e maturità vocale siano dalla sua senza inficiare la resa complessiva. La voce corre libera, con ottima proiezione e con tutti i colori che sono richiesti al geloso e pazzo d’amore Michele nel Tabarro e al furbo ma compassionevole (padre) Gianni Schicchi. Ottima risulta anche l’azione scenica, sapendo con disinvoltura passare dal geloso e ormai disincantato Michele al furbo, scaltro, ambizioso ma paterno Schicchi. Chi gli è secondo, con distacco, per resa scenica è il soprano Elena Stikhina, nella veste di una non troppo coinvolta Giorgetta prima e di una ben più convincente Suor Angelica poi. Della Stikhina si apprezzano l’attenzione agli accenti e alle intenzioni, seppur nella resa vocale risulti più a suo agio nella Suor Angelica, che non nei panni di Giorgetta: la voce è di buona pasta, un po’ stridente in acuto, seppur capace di portare a termine entrambi gli atti senza stanchezza. Assai nella parte è il tenore Samuele Simoncini, che offre uno squillante e coinvolto Luigi, innamorato fino alla morte della sua Giorgetta: nonostante qualche squilibrio tra palco e buca (soprattutto nel duetto tra lui e lei), l’artista mantiene saldo l’equilibrio musicale arrivando a fine atto con ottimi risultati.

Apprezzato ritorno al Regio è quello di Anna Maria Chiuri, mezzosoprano conosciuto al pubblico torinese per i molti ruoli affrontati e che qui si presenta nei gelidi panni della Zia Principessa: algida e disinteressata della sorte della propria nipote, la Chiuri affronta con intelligenza musicale la parte, sorretta dalla direzione distesa di Steinberg. Di lusso risultano le presenze di Monica Bacelli, Badessa di buon gusto e bel timbro, e la brillante Elena Zilio, che a scapito dell’età attira su di sé le attenzioni nei panni di Zita nel Gianni Schicchi per la resa scenica e la capacità di adattare la voce alle intenzioni della partitura. Lucrezia Drei incanta nella sua partecipazione come Lauretta, regalando un O mio babbino caro delicato, sfumato, di giovane candore, ma sapendo anche distinguersi nei panni di Suor Genovieffa: suo innamorato contraltare è il baldanzoso Matteo Mezzaro, tenore che affronta con buona intenzione ed efficace sonorità la parte di Rinuccio.

Lunga è la schiera di artisti coinvolti nelle parti di fianco, ma non per questo non si può negare spazio: ecco allora Annunziata Vestri nei panni di Frugola e Suora zelatrice, risultando di convincente interpretazione, così come si apprezza il sonoro intervento del tenore Roberto Covatta, nei panni di Tinca nel Tabarro e di Gherardo nello Schicchi, per continuare con Gianfranco Montresor, il Talpa e il “saggio” Simone. In forza dal Regio Ensemble, si apprezzano gli interventi di Irina Bogdanova, Enrico Maria Piazza, Ksenia Chubunova, Tyler Zimmerman e Andres Cascante, mentre anche dal Coro del Teatro Regio arriva il valido contributo per alcuni interventi solisti da parte di Daniela Valdenassi, Caterina Borruso, M. Lourdes R. Martins, Lorenzo Battagion e Alessandro Agostinacchio. Precisi e di buon gusto sono gli interventi di Annelies Kerstens, Emma Posman, Ludovico Longo, Tineke Van Ingelgem e Roberto Accurso.

Si può dunque dire, nel complesso, che la sfida del Teatro Regio nell’omaggiare Puccini e nel portare in scena il Trittico nella sua interezza sia stata raggiunta con un buon successo, seppur la serata sia andata oltre la lunghezza prevista (già di notevole impegno di suo) a causa di un guasto tecnico nell’intervallo tra il secondo e terzo atto, che ha fatto attendere il pubblico, che andava via via riducendosi col passare del tempo, di quasi un’ora.

È dunque tempo di congedarsi per la pausa operistica estiva, in attesa dell’interessante progetto delle tre Manon che vedrà rialzare il sipario del Teatro Regio di Torino a ottobre. Buona estate!

Leonardo Crosetti
(21 giugno 2024)

La locandina

Direttore Pinchas Steinberg
Regia Tobias Kratzer
Ripresa da Ludivine Petit
Scene e costumi Rainer Sellmaier
Ripresi da Clara Hertel
Luci Bern Purkrabek
Riprese da Gianni Bertoli
Video Manuel Braun video
Personaggi e interpreti:
Il tabarro
Michele Roberto Fontali
Luigi Samuele Simoncini
Giorgetta Elena Stikhina
La Frugola Annunziata Vestri
Il Tinca Roberto Covatta
Il Talpa Gianfranco Montresor
Giovane amante Lucrezia Drei
Giovane amante Matteo Mezzaro
Venditore di canzonette e Voce di tenorino Enrico Maria Piazza
Voce di sopranino Irina Bogdanova
Suor Angelica
Suor Angelica Elena Stikhina
La zia principessa Anna Maria Chiuri
La suora infermiera e La maestra delle novizie Tineke Van Ingelgem
La suora zelatrice Annunziata Vestri
Suor Genovieffa  Lucrezia Drei
La badessa Monica Bacelli
Suor Osmina Annelies Kerstens
Una novizia e Prima conversa Emma Posman
Suor Dolcina e Seconda conversa Ksenia Chubunova
Prima sorella cercatrice Irina Bogdanova°
Seconda sorella cercatrice e Seconda suora Daniela Valdenassi
Prima suora Caterina Borruso
Terza suora M. Lourdes R. Martins
Gianni Schicchi
Gianni Schicchi Roberto Frontali
Lauretta Lucrezia Drei
Zita Elena Zilio
Rinuccio Matteo Mezzaro
Gherardo Roberto Covatta
Nella Irina Bogdanova
Gherardino Ludovico Longo
Betto di Signa Tyler Zimmerman°
Simone Gianfranco Montresor
Marco Andres Cascante
La Ciesca Tineke Van Ingelgem
Maestro Spinelloccio e Ser Amantio di Nicolao Roberto Accurso
Pinellino Lorenzo Battagion
Guccio Alessandro Agostinacchio
Buoso Donati Riccardo Mattiotto
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino
Maestro del Coro Ulisse Trabacchin
Coro di voci bianche Teatro Regio Torino
Maestro del coro di voci bianche  Claudio Fenoglio

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