Roma: a Caracalla Tosca è senza Roma

Risparmiati dal calore e abbacinati dalla bellezza del sito delle Terme di Caracalla, la Tosca andata in scena en dehors nella programmazione estiva del Teatro dell’Opera di Roma partiva da una esigenza primordiale: valorizzare il repertorio pucciniano nell’anniversario che contraddistingue questo 2024.

Opere principali di Puccini che stranamente condividono una contraddizione intrinseca: perfette per essere eseguite all’aperto dato l’intervento massiccio di cori e figuranti che ben figurano nelle arene estive e tanto spazio di manovra danno ai registi ma dannose per la valorizzazione di quei dettagli musicali che tanto erano importati per il compositore, per il mal di testa dei direttori di turno. Sarà veramente questo il modo giusto per commemorarlo? A vedere la massiccia presenza a questa prima romana, la risposta sembrerebbe essere sì.

La seconda esigenza è stata quella di creare una scenografia condivisa sia per questa Tosca che per la futura messa in scena di Turandot (prevista per il 16 luglio prossimo). Chiara la necessità, molto sensata di questi tempi, di poter ridurre gli ingenti costi di cambio palcoscenico ma anche, perché no, di valorizzare esteticamente il già bel panorama romano.

Ecco quindi ergersi al cospetto del pubblico accorso una costruzione geometrico-frattale di bianco vestita tutta a seni e golfi curata dai coniugi Fuksas, al debutto nella lirica, tanto bella quanto astratta e avulsa dalle due opere in programma.

Saltati i riferimenti scenografici (pochi gli oggetti utilizzati in palco ma rigorosamente in pendant) e saltata dunque la protagonista nascosta della Tosca, ovvero Roma stessa, al team di regia, guidato da Francesco Micheli, non è restato altro che far intravedere e lasciar immaginare la città eterna, con risultati alterni ma complessivamente positivi.

Se da una parte le proiezioni sfruttano il canovaccio bianco della scenografia più che egregiamente, creando animazioni, ombre e potenziamenti digitali, dall’altra lo spazio di Caracalla non sempre al meglio funge da tela per i vari riferimenti ai luoghi romani dell’opera, se da una parte l’impossibilità a celare fuori scena la tortura di Cavaradossi si traduce in crude ma vivide istantanee che cambiano a tempo musicale dall’altra l’esecuzione alla nuca (invece che con il plotone) del povero prigioniero rompono quel patto di realtà con il pubblico e soprattutto stridono con Tosca che osserva nascosta il tutto e crede ancora ci sia qualche speranza per il suo amato.

E se Roma non può apparire in scena, che appaia in ogni altra forma: dalle titolazioni in latino a ‘esplicazione’ della vicenda fino agli omaggi ad Anna Magnani. E al pubblico, forse qui la scelta più azzardata di Micheli, si chiede di non vivere pigramente l’ennesima Tosca ma di immaginarsi quei dettagli che di Tosca già tutti conosciamo, dal cancelletto della cappella degli Attavanti al quadro della Maddalena.

La non facile gestione, all’aperto in luoghi non acusticamente idonei non si deve mai parlare di facile gestione, dell’apparato musicale era curata dal direttore Antonino Fogliani che ha optato, anche lui, per un approccio cinematografico: tempi veloci, necessità imprescindibile per l’aperto, ma rigorosamente riportati al metronomo universale per l’esecuzione dei momenti iconici dell’opera. Oltre ad un’ottima connessione con il palcoscenico, altro non si può dire perché l’amplificazione non permette di giudicare realmente l’operato di concertazione. Non si legga un’invettiva all’utilizzo della microfonazione: se si vuole eseguire all’aperto, anche qui come in un film, qualche trucco è necessario. Se poi la produzione preferisce rendervi partecipi o nascondere il loro utilizzo, come avviene in altrettanto note realtà estive, è una decisione di stile.

Molto bene il trio di protagonisti, capaci di caratterizzare al meglio i rispettivi protagonisti. Carmen Giannattasio, Saimir Pirgu e Claudio Sgura vivono l’opera, la eseguono molto bene e trasmettono il personaggio che sia il geloso amore di Tosca, la fierezza delle proprie idee di Cavaradossi o la corrotta malvagità di Scarpia. Ampi applausi a scena aperta, che d’altra parte è sempre aperta, nei momenti più iconici. Difficile anche nel loro caso parlare di dettagli musicali, così come per l’orchestra, ma la capacità di far vivere la scena non necessità di apparecchiature tecnologiche.

Molto bene i comprimari Saverio Fiore, Domenico Colaiani e Daniele Massimi partecipi e vocalmente corretti il cui apporto all’opera è sicuramente minoritario ma la cui corretta esecuzione garantisce una buona resa complessiva, così come positivo l’intervento dei restanti cantanti coinvolti.

Carlo Emilio Tortarolo
(5 luglio 2024)

La locandina

Direttore Antonino Fogliani
Regia Francesco Micheli
Progetto Scenografico Massimiliano e Doriana Fuksas
Costumi Giada Masi
Video Luca Scarzella, Michele Innocente, Matteo Castiglioni
Luci Alessandro Carletti
Drammaturgia Alberto Mattioli
Personaggi e interpreti:
Tosca Carmen Giannattasio
Mario Cavarodossi Saimir Pirgu
Barone Scarpia Claudio Sgura
Il sagrestano Domenico Colaiani
Spoletta Saverio Fiore
Angelotti Vladimir Sazdovski
Sciarrone Daniele Massimi
Un carceriere Fabio Tinalli
Il pastorello Marcello Leonardi
Orchestra e coro del Teatro dell’Opera di Roma
Maestro del Coro Ciro Visco

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