Bassano del Grappa: per qualche violino in più

La Nona di Beethoven dilaga in occasione del suo duecentesimo compleanno (Vienna, 7 maggio 1824). Le celebrazioni non ne faranno comunque la Sinfonia più eseguita, anche perché il suo “tardo stile” (del quale è indubitabilmente un caposaldo, per quanto riguarda il linguaggio orchestrale) la rende capolavoro in larga parte “misterioso” sia per gli esecutori che per gli ascoltatori. Ma riporteranno in primo piano il suo destino, quello della mistificazione ideologica, che nell’età del populismo ha trovato nuovo propellente.

Si parla naturalmente del quarto movimento, durante il quale solisti e coro intonano una parte dell’Inno alla Gioia di Friedrich Schiller. Come ha raccontato il filosofo Slavoj Žižek nel documentario The Pervert’s Guide to Ideology (2012, regia di Sophie Fiennes), durante il Novecento di questa musica hanno fatto un uso strumentale praticamente tutti i totalitarismi al potere sul pianeta. E se nel 1972 il Consiglio d’Europa l’ha adottata, suggellando l’adesione ideale del Continente al senso del messaggio del poeta tedesco portato in musica da Beethoven, negli stessi anni lo utilizzava come Inno anche il regime razzista e segregazionista della Rhodesia. In entrambi i casi, tralasciando le parole originali.

E appartiene proprio a un’altra epoca il giorno di Natale del 1989, quando – a poche centinaia di metri dal Muro di Berlino appena crollato – Leonard Bernstein realizzò della Nona un’edizione monumentale (con varie orchestre riunite per l’occasione) nella quale la parola Freude (gioia) venne sostituita da Freiheit (libertà). Sembrava la realizzazione di un’idea che circolava nel mondo dell’Illuminismo tedesco alla fine del Settecento, quando molti erano convinti che proprio questo intendesse Schiller. Ma tre decenni più tardi quell’esecuzione (che si può trovare su YouTube) rimane più che altro un documento – anche doloroso, per le speranze da allora perdute – sulle illusioni a proposito della “fine della storia”.

Questo non vuol dire, per fortuna, che ogni esecuzione della Nona debba avere per forza un risvolto ideologico, ma resta assodato che la sua popolarità fra gli ascoltatori è comunque collegata all’ultimo movimento, anche se più di qualcuno può avere occasione di rizzare le orecchie nel constatare, ad esempio, che la musica della pubblicità di un noto profumo è presa di peso dal secondo movimento, “Molto vivace”. E può essere perfino utile rendersene conto, se poi si constata che il “clima” in concerto, quando appare questa musica, è molto diverso dalle immagini costruite dal creativo di turno.

Poi, c’è una bella differenza fra un’esecuzione isolata, anniversaria, e un progetto come quello dell’Orchestra di Padova e del Veneto, che ha approfittato del bicentenario della Nona per mettere in cantiere l’integrale delle Sinfonie beethoveniane. E pazienza se il titolo dell’iniziativa è “Ludwig Van – Il ritorno”, che sembra volerci condannare a restare dentro alle allusioni cinematografiche o da videogiochi. Conta l’iniziativa, che nell’arco di questi mesi estivi ha già quasi completato il “giro meraviglioso”, non soltanto a Padova ma anche in vari luoghi del Veneto e talvolta anche fuori. È il caso proprio della Nona, che ha debuttato a fine luglio a Riva del Garda per poi approdare in piazza Eremitani a Padova e quindi raggiungere il Castello degli Ezzelini a Bassano, nell’ambito del festival Operaestate, dove l’abbiamo ascoltata.

La serata era calda, il pubblico numeroso, l’esecuzione in più di qualche momento ha lasciato perplessi. E resta l’interrogativo sulla scelta di organico del direttore Marco Angius, fermo restando che se pure avesse voluto irrobustire ad esempio gli archi (otto violini primi, violini secondi e viole in proporzione, sei violoncelli e tre contrabbassi), avrebbe avuto qualche problema di spazio.

Come che sia, il risultato è stato un suono anodino, più privo di spessore che di qualità, ma tale da rendere largamente indecifrabile la linea interpretativa di Angius: non sono emersi come sarebbe stato auspicabile né la forte drammaticità del primo movimento né soprattutto la metafisica potenza di pensiero del sublime Adagio molto e cantabile, reso con un fraseggio svelto, raramente approfondito in una più articolata gamma dinamica, in sfumature espressive capaci di rendere la vertigine dell’invenzione beethoveniana calata nella forma variata.

Si poteva sperare che il Finale avrebbe almeno sottolineato l’esuberanza ritmica e timbrica di una scrittura qui largamente problematica e irrisolta, ma fin dall’inizio i fiati sono apparsi singolarmente lontani dal bersaglio. Si può tranquillamente abbandonare la retorica wagneriana, secondo cui quell’attacco è una “fanfara del terrore”, ma serve un’alternativa interpretativa che a Bassano non è emersa affatto. E dato atto che il “recitativo” degli archi bassi con il Tema della Gioia è stato proposto con la giusta dimensione timbrica (ma con poesia evanescente), resta il punto di domanda sulle scelte espressive di Angius: evidentemente votate a una linea antiretorica sulla carta comprensibile, ma che quasi sempre si è risolta in un’esecuzione pericolosamente vicina alla superficialità.

Nel campo vocale, apprezzabile il baritono Markus Werba, voce un po’ chiara per la parte di basso a cui è affidato il cruciale Prologo, ma sicuramente sapiente sul piano musicale. Interessante il tenore Pierluigi D’Aloia, quando la scrittura di Beethoven non lo costringe a spingere, sempre un po’ tese e timbricamente discontinue le voci femminili, quelle del soprano Erika Grimaldi e del mezzosoprano Elmina Hasan. Il Coro Lirico Veneto istruito da Giuliano Fracasso era folto, troppo irruente e poco preciso, raramente equilibrato fra le parti, tendente alla forzatura specialmente negli attacchi e nelle sezioni femminili.

Tutti sono stati salutati da grandi e prolungati applausi.

Cesare Galla
(4 agosto 2024)

La locandina

Direttore Marco Angius
Soprano Erika Grimaldi soprano
Mezzosoprano Elmina Hasan
Baritono Markus Werba
Tenore Pierluigi D’Aloia
Orchestra di Padova e del Veneto
Coro Lirico Veneto
Maestro del coro Giuliano fracasso
Programma:
Ludwig van Beethoven
Sinfonia n. 9 in re minore, op. 125 “Corale”

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