Ferdinando Sulla racconta la Messa di Ravenna

Il Rossini Opera Festival 2024 ha proposto ieri sera l’esecuzione della Messa di Ravenna; ne parliamo con Fernando Sulla che è stato chiamato a dirigerla.

  • Ci racconta qualcosa di questa composizione giovanile di Rossini?

La Messa di Ravenna rappresenta un affascinante tassello del contesto storico-stilistico della musica sacra italiana di inizio Ottocento, nonché un importante punto di svolta nella vicenda biografica di Rossini durante gli anni giovanili, ancor’oggi avvolta da alcune zone d’ombra.  La produzione sacra del giovane Gioachino, riconducibile al contesto ravennate dei soggiorni estivi presso l’amico e mecenate Agostino Triossi, si lega temporalmente anche ai lavori strumentali e vocali prodotti a Bologna in ambito accademico, durante il periodo di studio presso il Liceo Filarmonico di Bologna con Stanislao Mattei.

La Messa di Ravenna può essere considerata a buon diritto la prima commissione pubblica offerta a Rossini, essendo i pezzi che la precedono tutti ascrivibili all’occasionalità domestica e privata, oppure all’esperimento scolastico di fine anno.

La prima esecuzione avvenne nel 1808 presso la Chiesa di Santa Maria in Porto di Ravenna, come testimoniano le memorie del padre Giuseppe e la dichiarazione di autenticità rilasciata sui manoscritti musicali da alcuni ex-giovani cantori che presero parte alla prima rappresentazione.

  • Dunque presenta analogie con la successiva Messa di Milano?

La Messa di Ravenna, così come la Messa di Milano (1812/1813), presenta la struttura in tre tempi della «Messa di Gloria», all’epoca molto in voga in Italia, e la sua ossatura è costituita dai primi tre brani dell’ordinarium missæ: Kyrie, Gloria e Credo, all’interno dei quali si alternano pezzi corali e numeri chiusi solistici.

Così come la messa milanese, considerando i lievi scostamenti di organico vocale e strumentale tra una sezione e l’altra, si può supporre che i singoli numeri siano stati concepiti in un primo momento come brani autonomi, per poi essere assemblati in vista dell’occasione esecutiva pubblica, e costituendo un modello compositivo da me individuato e definito come ‘centone sacro’.

  • Ci può spiegare entrando nei dettagli?

Questa prassi molto diffusa in ambito bolognese, che vedeva il riutilizzo di diversi brani autonomi durante la liturgia e all’occorrenza trasformati in un unicum virtuale, è ricostruibile anche dalle composizioni sacre di Stanislao Mattei e degli altri autori coevi della scuola felsinea.

Come tutta la musica ecclesiastica di quel tempo, la Messa di Ravenna, non si presenta solo come mero esercizio accademico per l’acquisizione di regole e consuetudini, ma è una testimonianza di quanto fosse importante anche nella formazione dei giovani cantanti: l’esercizio tecnico e stilistico offerto dalla musica sacra, ormai totalmente caratterizzata dagli stilemi operistici, educava il discente alla varietà stilistica e al giusto fraseggio, alla corretta pronuncia e articolazione del testo, al rigore del tempo e alla padronanza degli abbellimenti, rappresentando, inoltre, un primo banco di prova per il contatto con il pubblico.

  • E riguardo alle esecuzioni successive?

La copia ravennate della Messa fu rinvenuta, a quanto pare, ancor prima delle Sei Sonate a quattro, ma ciò non fu mai noto a Rossini, e fu poi rieseguita nel duomo ravennate il 28 marzo 1869 – domenica di Pasqua – per interessamento del nuovo arcivescovo cardinale Enrico Orfei.

La Messa di Ravenna, così come gli altri lavori giovanili destinati al genere ecclesiastico, ha conosciuto una modesta tradizione esecutiva se paragonata ad altre opere sacre più tarde (Messa di Gloria, Stabat Mater, Petite messe solennelle). Dopo alcuni tentativi di valorizzazione promossi nei decenni scorsi, grazie a musicisti e studiosi, l’interesse per questo repertorio si è consolidato negli ultimi anni dopo l’esecuzione (2020) e la conseguente pubblicazione (2021) dell’edizione critica della Messa di Milano. Infatti, la meritoria iniziativa promossa quest’anno dal Rossini Opera Festival, in sinergica collaborazione con la Fondazione Rossini di Pesaro, mira a valorizzare e a diffondere questi piccoli capolavori sacri giovanili, restituendo la giusta dignità a una produzione ingiustamente considerata ‘minore’.

Alessandro Cammarano

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