Portoferraio: Arielle Beck, a quindici anni sulle orme di Skrjabin
La musica all’Elba è anche, e moltissimo, la musica dei giovani.
Arielle Beck è la quindicenne pianista francese che, già vincitrice del concorso “Jeune Chopin” di Lugano nel 2018 (quando le fu conferito, all’età di nove anni, da Martha Argerich), quest’anno è stata premiata con la ventesima edizione dell’Elba Festival Prize, attribuitale dal direttore artistico George Edelman, grazie al supporto degli Amici del Festival dell’Elba.
Per dare prova di sé, la giovanissima Beck aveva a disposizione una serata divisa a metà, fra una prima parte cameristica, in cui era la pianista di un quintetto per piano e fiati, completato da quattro prime parti dell’orchestra del festival (Rossana Calvi, oboe; Matthew Hunt, clarinetto; Andrea Zucco, fagotto; Jukka Harju, corno), quindi una seconda che era un piccolo recital. Il quintetto ha aperto con l’op. K 452 di Mozart; poi Arielle si è proposta da solista su un programma coraggiosissimo, comunque coerente, che inanellava i due Impromptus “à la Mazur “op. 7 (1892) di Alexandr Skrjabin, la Barcarolle op. 60 in
di Chopin (1846) e la Barcarolle n. 3 op. 42 di Gabriel Fauré (1885, ma quest’anno lo ricordiamo anche per il centenario della morte, 1924), per chiudere con la Sonata n.4 op. 30 (1903) di Skrjabin.
A uno sguardo velocissimo sul rosario di tonalità, vien facile pensare che la giovane Arielle ne ami una in particolare e, in generale, verrebbe da dire, che prediliga i tasti neri. A uno sguardo meno superficiale, la scelta – freudiana o meno – delinea comunque la volontà di adagiarsi su un certo colore (l’azzurro sinestetico dei sei diesis/sei bemolli) e di muoversi lungo quel sottile filo rosso che inevitabilmente accomuna Chopin a Fauré e a Skrjabin.
Non era francamente facile per Arielle Beck sedersi sulla panca dello stesso Fazioli, da cui la sera prima Martha Argerich aveva incantato il Teatro dei Vigilanti. Non bisognava crearlo, naturalmente, eppure appariva quasi inevitabile l’impossibile raffronto con il suono che persisteva nell’aria dalla notte precedente.
Arielle, forte della sana incoscienza dei quindicenni, non ci ha proprio pensato e prima ha sbrigato il compito mozartiano (dal quale Hunt, Calvi & soci, con un’interpretazione davvero di grande aderenza stilistica, avrebbero potuto pretendere da lei qualcosa più di un gioco di società) e poi ha attaccato con noncuranza gli Improvvisi dello Skrjabin ventenne. Arielle Beck ha talento, agilità, scioltezza da fare invidia ma Skrjabin, persino quello giovanile (si fa per dire, per un ventenne al cospetto della nostra adolescente) vorrebbe una certa profondità di pensiero, altrimenti quegli Improvvisi rischiano di passare per due mazurchette. Gli improvvisi alla mazurca francese di Skrjabin sono delle finte semplici (così come, e ancor di più, non può che esserlo la Barcarolle di Chopin: chiedere al Trifonov di ormai tanti anni fa a Varsavia); saranno anche cantabili, quegli Impromptus, ma il clima è dolorosamente estatico e le armonie, che sostengono e giustificano l’elaborazione motivica, si contorcono e si ispessiscono. Arielle è brava ma il timore che la scelta di un programma così fintamente semplice la possa sovrastare si fa via via più vivo. Eppure, quasi inaspettatamente, non appena si apre all’altra barcarola, quella di Fauré, Arielle comincia a cambiare registro. Le piacciono di più le onde lunghe dei tempi composti? Tutto può essere ma di fatto si avverte che, piano piano, sta entrando nel pensiero di chi aveva concepito quella barcarola in balìa del mare.
Finalmente Arielle Beck c’è e appena arriva la Sonata n. 4 di Skrjabin si capisce che a quella soave età è anche una banale questione di gusti: l’op. 30 piace alla giovane interprete perché è piena di cambi repentini, di accordi strambi (per intervalli di quarta, invece che per terza), di luci e di zone scure: insomma, una Sonata che tale (classicamente, romanticamente) sembra ormai essere solo di nome, incline piuttosto a spalancare le porte su un nuovo secolo tutto da scoprire. È anche da questa Sonata che si apre il pianoforte del ‘900 e Arielle Beck c’è. E lo si capisce dal fuoriprogramma: un piccolo improvviso di una giovanissima francese che, prima o poi, arriverà. Diamole il suo tempo.
Riccardo Brazzale
(31 agosto 2024)
La locandina
Pianoforte | Arielle Beck (Elba Festival Prize 2024) |
Oboe | Rossana Calvi |
Clarinetto | Matthew Hunt |
Fagotto | Andrea Zucco |
Corno | Jukka Hariju |
Programma: | |
Wolfgang Amadeus Mozart | |
Quintetto per pianoforte e fiati K. 452 | |
Aleksandr Skrjabin | |
Due Improvvisi “à la Mazur” op. 7 | |
Fryderyk Chopin | |
Barcarola op. 60 | |
Gabriel Fauré | |
Barcarola n. 3, op. 42 | |
Aleksandr Skrjabin | |
Sonata n. 4, op. 30 |
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