Milano: il ritorno del Cappello di Paglia di Firenze

La rappresentazione del Cappello di Paglia di Firenze di Nino Rota, in scena al Teatro alla Scala dal 4 settembre, con repliche il 7, 10, 14 e 18 sempre alle 20, ha offerto al pubblico un’ occasione per riscoprire una delle opere più brillanti e ironiche del repertorio operistico del Novecento, che riflette il genio eclettico di Rota.

Il Teatro alla Scala non riproponeva quest’opera dal 1998 e in questa Stagione lo ha inserito in cartellone come spettacolo degli allievi dell’Accademia, affiancati da alcuni cantanti già in carriera.

L’allestimento è stato curato con un entusiasmo palpabilie, che ha reso omaggio alla vivacità del libretto, scritto dallo stesso Rota insieme alla madre, Ernesta Rota Rinaldi. La trama, ambientata nella Parigi del XIX secolo, segue le rocambolesche avventure di Fadinard, il protagonista, alla ricerca disperata di un cappello di paglia da sostituire a quello che il suo cavallo ha mangiato, per evitare un disastro matrimoniale.

Musicalmente, l’opera si distingue per una partitura sofisticata e spumeggiante, piacevolmente tonale, che fa sentire sia stilemi tipici del Rota compositore di musica da film, sia citazioni del

Melodramma ottocentesco italiano, soprattutto Rossini, ma anche Verdi e Puccini. Di sapore rossiniano, ad esempio, è il finale del terzo atto ai versi “Io casco dalle nuvole”, mentre Elena nel terzo atto con l’aria “Papà non mi lasciar” richiama Puccini e  sempre Elena, nel quarto, con “ Papà, gli voglio bene” ci riporta alla mente Verdi, anche nell’uso dei filati vocali.

La direzione d’orchestra, impeccabile, era affidata a Donato Renzetti, che ha saputo valorizzare l’ orchestrazione di Rota, piena di giochi ritmici e melodici, senza mai perdere il tocco leggero e brillante che caratterizza l’opera.

Gli allievi dell’Accademia della Scala hanno offerto performance complessivamente positive, sia l’orchestra e il coro – con qualche lieve sbavatura d’intonazione della prima e con qualche incertezza iniziale nel coro delle modiste che apre il secondo atto – sia i giovani cantanti, che hanno  dimostrato grande professionalità e padronanza scenica. Tra gli interpreti principali, spicca la performance del tenore  Pierluigi D’Aloia (Fadinard),  capace di esprimere con eleganza e comicità le nevrosi del personaggio.

Bravo anche Huangong Li (Nonancourt) e, fra le giovani promettenti voci femminili, Laura Lolita Peresivana (Elena).

Non si può non notare la differenza dei già professionisti, Paolo Antonio Nevi (lo zio Vézinet) e Vito Priante (Beaupertuis) fra i personaggi maschili e Marcela Rahal ( Baronessa di Champigny) e Fan Zhou (la modista). , si sono distinte brillantezza e agilità nei numerosi passaggi virtuosistici che la partitura impone.

Pur apprezzando l’inventiva e l’originalità della regia, abbiamo trovato non del tutto convincente l’ambientazione onirica scelta per questa messa in scena da Mario Acampa, dato che l’atmosfera da sogno, la scelta di contestualizzare socialmente in modo diverso i due protagonisti (Fadinard e Elena), sostituire l’entrata di Minardi con una statua a mezzo busto che improvvisamente prende vita e il confondere gli spazi della storia – inseriti con poca chiarezza  in una intelligente struttura rotante),  allontani lo spettacolo dallo spirito originario del libretto.

Donatella Righini
(4 settembre 2024)

La locandina

Direttore Donato Renzetti
Regia Mario Acampa
Scene Riccardo Sgaramella
Costumi Chiara Amaltea Ciarelli
Coreografia Anna Olkhovaya
Luci Andrea Giretti
Personaggi e interpreti:
Fadinard Andrea Tanzillo
Nonancourt Huanhong Li
La baronessa di Champigny Marcela Rahal
Elena María Martín Campos
Beaupertuis Vito Priante
Anaide Greta Doveri
Emilio/ Un caporale delle guardie William Allione
Lo zio Vezinet Paolo Nevi
Una modista Fan Zhou
Felice Haiyang Guo
Achille di Rosalba, bellimbusto/ una guardia Tianxuefei Sun
Minardi, violinista Daniel Bossi
Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala

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