Venezia: Turandot simbolista
Nel centenario della morte di Giacomo Puccini il Teatro La Fenice ha scelto di rendergli omaggio con l’opera che il maestro ha lasciato incompiuta, portandola in scena in una versione così bella che avrebbe sicuramente colpito anche il suo stesso compositore.
La fiaba di Carlo Gozzi, divenuta un libretto di Giuseppe Adami e Renato Simoni, è stata trasformata in un’opera tra le più famose al mondo e a Venezia, con la regia di Cecilia Ligorio, ha saputo parlare al pubblico di oggi senza forzature ma giocando con la simbologia e con le immagini.
La Cina, che fa da sfondo alla storia, viene tratteggiata con la figura dell’Imperatore Altoum ( uno straordinario Marcello Nardis) e con la stessa Turandot ( la bravissima Saioa Hernandez), che con le loro acconciature e con i loro costumi danno corpo a quella che è l’immagine classica della Cina antica. Ping, Pong e Pang (interpretati perfettamente da Simone Alberghini, Valentino Buzza e Paolo Antognetti) sono caratterizzati da un colore rosso dominante, mentre il principe ignoto Calaf, affidato alla solida interpretazione di Roberto Aronica, ha le sembianze di uno sfollato fuori dal tempo.
Rimanda alla Cina, ma quella dei guerrieri, Liù (la bravissima Selene Zanetti). Nell’allestimento della Fenice, complice un coro che ha dato svariate volte dimostrazione della propria disponibilità a mettersi in gioco e un coro dei Piccoli Cantori Veneziani altrettanto efficace sul palco, tutto funziona alla perfezione, sotto la bacchetta esperta di Francesco Ivan Ciampa che con un’opera come questa riesce davvero a generare un impatto molto forte sul pubblico.
Con un’orchestra di altissimo livello come quella veneziana, Ciampa riesce a raccontare il lavoro di Puccini sottolineandone gli influssi della tradizione musicale cinese ma anche la poesia e la modernità. Offre a ognuno dei personaggi la possibilità di raccontarsi al meglio, evidenziandone i chiaroscuri e supportandoli nei momenti in cui stanno per compiere il loro destino. I suoi fortissimi e pianissimi, con i quali ha spesso solleticato il pubblico in altri titoli, qui trovano un’espressione sbalorditiva, offrendo un’interpretazione mai scontata e permettendo a ogni singolo strumento di fare capolino in quella che è una musica a tratti esplosiva.
Non c’è da stupirsi, quindi, se alla fine della serata gli applausi per il direttore hanno superato quelli del cast: una platea multietnica ha notato che sul palco, oltre ai cantanti, alle bravissime comparse, ai cori e alle luci e agli elementi scenografici c’era anche la musica, che non è mai stata “relegata in buca”.
La Fenice ha scelto di offrire la fiaba con il lieto fine e così il completamento del terzo atto proposto è stato quello di Franco Alfano, che le maestranze hanno portato in scena senza interruzioni o spiegazioni, nel classico momento in cui la partitura di Puccini si è interrotta. Chi ha visto l’opera la ha vissuta tutta d’un fiato. Ed è stato un trionfo annunciato, con tanto di sold out spalmato su tutte le repliche ben prima dell’inizio delle stesse.
Sara Del Sal
(18 settembre 2024)
La locandina
Direttore | Francesco Ivan Ciampa |
Regia | Cecilia Ligorio |
Scene | Alessia Colosso |
Costumi | Simone Valsecchi |
Light designer | Fabio Barettin |
Personaggi e interpreti: | |
La principessa Turandot | Saioa Hernandez |
L’imperatore Altoum | Marcello Nardis |
Timur | Michele Pertusi |
Il principe ignoto (Calaf) | Roberto Aronica |
Liù | Selene Zanetti |
Ping | Simone Alberghini |
Pang | Valentino Buzza |
Pong | Paolo Antognetti |
Un mandarino | Armando Gabba |
Il principe di Persia | Massimo Squizzato |
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice | |
Maestro del Coro | Alfonso Caiani |
Piccoli Cantori Veneziani | |
Maestro del Coro | Diana D’Alessio |
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