Vienna: Il ritorno di Krystian Zimerman

I recital di Krystian Zimerman in Europa si contano ormai sulle dita di una mano, e più di una volta il grande pianista polacco ha parlato di un agognato ritiro a vita privata. Si può dunque ben capire perché rivederlo calcare il palco giovedì 17 ottobre, con la bianca chioma splendente e l’eterno sguardo in bilico tra il divertito e il preoccupato, abbia sortito un effetto particolare sulle oltre 1800 persone che hanno gremito la Sala Grande del Konzerthaus di Vienna.

Il programma era uno dei più classici per Zimerman: tre Notturni (op. 15 n. 2, op. 55 n. 2, op. 62 n. 2) e Seconda Sonata di Chopin, Estampes di Debussy, Variazioni su un tema popolare polacco op. 10 di Szymanowski. Non nascondo che prima del concerto mi interrogavo sul perché Zimerman, a quasi 68 anni, continui a riproporre il repertorio che lo accompagna fin dalla gioventù, con una certa predilezione per i brani di maggiore temperamento, non di rado produzione giovanile di pianisti-compositori che scalpitavano per dimostrare il proprio valore (penso alla Terza Sonata di Brahms ascoltata a Bologna nel 2019 e qui recensita), anziché dedicarsi a lavori crepuscolari o meditativi, anche di minor spolvero virtuosistico.

Il Notturno op. 62 n. 2 di Chopin me l’ha chiarito. Quel Notturno diventa facilmente l’occasione per perdersi in languori naftalinici, tormentato quanto basta ma solo nei punti più concitati. Ecco, per Zimerman, quel Notturno è invece compatto, turgido, a tratti persino rigido e le parti più concitate risvegliano nel pianista una foga indomabile, che non lascia spazio a dubbi: non è il repertorio, è Zimerman ad essere così. Bastano poche note nella parte centrale di un Notturno perché un impulso espressivo nervoso attraversi il pianista, anche a costo qualche salto mancato o di sacrificare qualche raffinato fraseggio interno. Non può farne a meno, è come se in quell’istante qualcosa si impadronisse di lui, come un conato, un prurito inestinguibile.

Ci si può dunque immaginare la tensione che ha dominato la Seconda Sonata di Chopin. Pur facendo attenzione a non calcare troppo sui bassi, Zimerman non ha evitato di mettere in evidenza ogni asperità della scrittura di Chopin, con largo uso di un suono a tratti persino ruvido e una tenuta del tactus mai asettica ma implacabile, inesorabile nelle sue estreme conseguenze, in particolare sui rischiosissimi salti e violenti ribattuti.

Credo che quasi tutti i presenti si ricorderanno a lungo l’impressionante Marcia funebre, feroce come un canto rivoluzionario, la sinistra pesante come campane e terribile come il rullo di un tamburo in una processione. E l’effetto della processione, nella ripresa, è stato raggiunto da Zimerman con effetto sbalorditivo: un crescendo apparentemente infinito, un arco di tensione mai spezzato, finché la processione si allontana ed eccola lì, che gira l’angolo e ancora la musica riverbera nell’aria senza poterla più afferrare nitidamente. Con abilissimo uso del pedale dell’una corda e totale consequenzialità dinamica, Zimerman ha definito un vero e proprio spazio sonoro che svanisce nel nulla, un nulla da cui, prodigio, nasce senza soluzione un vero e proprio incubo notturno con il visionario Finale.

Dopo il necessario intervallo, con Estampes di Debussy Zimerman ha rivoltato il suono del pianoforte: niente più ruvidità, ma invece un suono terso e brillante, dalle risonanze quasi metalliche nel suo tintinnare e rimbalzare tra pagode e strade notturne in Spagna. Si era proprio nel mezzo della Sera a Granada, quando si è consumato il dramma: una signora, seduta esattamente di fronte al pianista, ha ben deciso di cominciare a filmare il concerto (senza che nessuno le dicesse alcunché) con il flash del cellulare acceso. Visibilmente irritato, Zimerman ha cominciato a scuotere la testa e, conoscendone il temperamento, già temevo che facesse fagotto e abbandonasse il palco. Invece, nonostante il visibile nervosismo, Estampes è stato portato a compimento e il pianista ha proseguito il suo recital con le Variazioni op. 10 di Szymanowski.

E per fortuna: essendomi purtroppo perso i concerti dell’epoca d’oro di Zimerman, temevo di non avere più l’occasione di sentirgli suonare questo capolavoro giovanile di Szymanowski, di feroce virtuosismo. Sentirle suonate in questo modo, con ardore giovanile, sincera nostalgia e totale controllo dello strumento, al termine di un programma impegnativo sia tecnicamente che emotivamente, è valsa l’attesa. Lo Szymanowski di Zimerman è nel contempo ribollente e glaciale, il controllo sul tessuto polifonico non diventa mai un’accademica dimostrazione, mentre i colossali contrasti dinamici, il controllo del timbro e la sicurezza anche nei più spericolati virtuosismi sono confluiti in un’interpretazione magistrale.

A rendere ancora più memorabile la serata due bis: i Preludi op. 32 n. 12 e op. 23 n. 4 di Rachmaninov, di accorata espressività e, in particolare il primo, incredibile suggestione. Ripetute ovazioni e standing ovation hanno chiarito una cosa: se Zimerman vuole pensare al ritiro, sarà meglio che ci pensi il più tardi possibile.

Alessandro Tommasi
(17 ottobre 2024)

La locandina

Pianoforte Krystian Zimerman
Programma:
Frédéric Chopin
Notturno op. 15/2
Notturno op. 55/2
Notturno op. 62/2
Sonata op. 35
Claude Debussy
Estampes
Karol Szymanowski
Wariacje na polski temat ludowy op. 10
Bis:
Sergej Rachmaninoff
Preludio op. 32/12
Preludio op. 23/4

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