Occidente e Oriente a nozze in “Only the Sound Remains” all’Opéra Garnier
Fine gennaio è l’epoca in cui l’Opéra National di Parigi annuncia, mentre è ancora in corso la stagione 2017/2018, il cartellone di quella successiva. E così mentre all’Opéra Bastille si rappresenta il Verdi di Un ballo in maschera privo delle presenze stellari di Anja Harteros, che subentrerà in qualche recita, Marcelo Alvarez che ha tolto l’opera dal proprio repertorio e di Lucian D’Intino che ha deciso di chiudere una gloriosa carriera, ecco Stéphane Lissner anticipare una programmazione 2018/2019 che ingloba anche l’inizio di quella successiva e comprende quindi tutto l’anno solare 2019.
Moderna dal 1669 è lo slogan della prossima stagione dell’Opéra National che nel 2019 festeggerà un doppio anniversario: i trecentocinquant’anni della gloriosa Académie royale de musique creata il 28 giugno 1669 da Luigi XIV e i trenta dell’Opéra Bastille.
Il repertorio francese avrà la parte del leone nel cartellone con le riprese di due pilastri del Grand Opéra come Les Huguenots di Meyerbeer messi in scena da Andreas Kriegenburg e Les Troyens di Berlioz – che per la regia di Pier Luigi Pizzi inaugrarono nel 1990 la Bastille – in un nuovo allestimento di Dmitri Cherniakov.
Il barocco francese sarà rappresentato dal Rameau di Les Indes galantes, per la prima volta alla Bastille, la contemporaneità da Bérenice di Michael Jarrell in prima mondiale per la regia di Claus Guth e il grande repertorio dalla ripresa di Carmen secondo Calixto Bieito che vedrà il debutto all’Opéra Bastille del giovane figlio d’arte Lorenzo Viotti.
Il programma prevede venitré titoli d’opera di cui undici in nuovi allestimenti.
Verdi sarà rappresentato da un nuovo Simon Boccanegra con regia di Bieito e Ludovic Tézier nel “rôle en titre”, mentre Don Carlo tornerà in versione italiana, Otello segnerà il debutto parigino di Roberto Alagna nel personaggio del Moro, La forza del destino annuncia la Leonora di Anja Harteros e La Traviata sarà ripresa sia nel collaudato allestimento di Benoît Jacquot sia in una nuova produzione firmata da Simon Stone che, sotto la direzione di Michele Mariotti, vedra il debutto in Violetta di Pretty Yende.
Da segnalare anche il raro Alessandro Scarlatti di Il Primo Omicidio messo in scena a Palais Garnier da Romeo Castellucci e diretto da René Jacobs e Il Principe Igor di Borodin che Philippe Jordan dirigerà alla Bastille in un nuovo allestimento di Barrie Kosky.
A proposito di novità, mentre alla Bastille si annunciavano i nuovi programmi, all’Opéra Garnier era in cartellone Only the Sound Remains “Non rimane che il suono”, quarto titolo di teatro musicale della finlandese Kaija Saariaho, classe 1952.
Creato nel marzo del 2016 ad Amsterdam – e l’Erato ne ha appena messa in commercio la versione in DVD – Only the Sound Remains è composta per due solisti, un controtenore e un baritono, un quartetto vocale, un quartetto d’archi, percussioni, flauto e kantele, uno strumento finlandese ad archi pizzicati che equivale al koto giapponese, miscelati al mormorio dell’elettronica. Per le sue dimensioni e per la sua delicatezza cameristica questa composizione, cento minuti di musica divisi in due parti, rimanda all’accompagnamento musicale del teatro nô e, al tempo stesso, alla musica delle corti medioevali e in particolare alle canzoni dei trovatori che sono sempre state motivo d’interesse per l’autrice.
La musica di Saariaho esprime di volta in volta un’energia che ha a che fare sia con la trascendenza sia con la fisicità. Only the Sound Remains rappresenta infatti due nô giapponesi di Zeami, uno dei suoi principali autori, Tsunemasa e Hagomoro tradotti in inglese da Ezra Pound da un precedente lavoro di Ernest Fenollosa.
Il testo di Pound e la sua lingua propongono una modernità che poggia sull’arcaismo dell’originale e ci introduce in un mondo al confine tra Oriente e Occidente e si sposa bene con la materia sonora di un’opera sospesa nel tempo e nello spazio.
I due racconti ruotano entrambi attorno a una simbologia lunare che ha nel vento e nei tormenti della natura umana le sue espressioni fondanti. In entrambi, un uomo, la voce grave, si confronta con una creatura dell’aldilà, la voce acuta: nel primo, Always Strong “Sempre forte” è evocata la figura di Tsunemasa, uomo di corte morto in combattimento.
Un sacerdote (Davone Tines, basso-baritono) ne custodisce la memoria, non a caso l’azione si sviluppa davanti alla sua tomba, e prega davanti al liuto che l’imperatore gli aveva donato. L’apparizione dello Spirito tanto evocato ha la figura slanciata e la voce sinuosa del controtenore star Philippe Jaroussky che ne sa restituire, fra luci e ombre, l’inquietudine di cui “non rimane che il suono” come da titolo.
Nel secondo titolo, Feather Mantle “Mantello di piume”, sono raccontate le disavventure di un pescatore (lo stesso bravissimo Davone Tines) che vuole appropriarsi della cappa della Tennin, uno spirito lunare (ancora Jaroussky), prima di rinunciarvi preferendole una danza di piacere che la sofisticata Nora Kimball-Mentzos esegue impeccabilmente.
L’allestimento di Peter Sellars, da sempre molto interessato al nô, non prevede scene, ma si avvale di un’immensa tela tratteggiata in nero da Julie Mehretu che si colora di rosso o di verde secondo gli umori soprannaturali, i costumi sono invece di Robby Duiveman, le luci di James F. Ingalls servono magnificamente a fare da schermo traslucido alla non azione in cui il gesto si trova al centro dell’espressione musicale che rimanda ad atmosfere impalpabili che l’elettronica di Christophe Lebreton ben rileva.
Molto apprezzato in Francia, lo stile particolarissimo di Kaija Saariaho, ha il potere di riempire le sale che ne ospitano la musica e di catturare l’attenzione del pubblico che anche alla rappresentazione cui abbiamo assistito, ha molto festeggiato tutti gli artefici della serata coordinati con valore dal podio da Ernest Martinez Izquierdo.
(27 gennaio 2018)
La locandina
Conductor | Ernest Martínez Izquierdo |
Director | Peter Sellars |
Set design | Julie Mehretu |
Costume design | Robby Duiveman |
Lighting design | James F. Ingalls |
Sound | Christophe Lebreton |
Spirit, Angel | Philippe Jaroussky |
Priest, Fisherman | Davone Tines |
Danseuse | Nora Kimball‑Mentzos |
Quatuor à cordes | |
Meta4 | |
Antti Tikkanen | |
Minna Pensola | |
Atte Kilpeläinen | |
Tomas Djupsjöbacka | |
Kantele | Eija Kankaanranta |
Flûte | Camilla Hoitenga |
Percussion | Heikki Parviainen |
Quatuor vocal | |
Theatre of Voices | |
Else Torp | |
Iris Oja | |
Paul Bentley-Angell | |
Jakob Bloch Jespersen |
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