Genova: che delizia di Cappello!
“Che fatica questo matrimonio!” potrebbe essere il pensiero sorto agli invitati a nozze di Fadinard ed Elena, tra i protagonisti dell’opera Il cappello di paglia di Firenze di Nino Rota, felicemente recuperato dall’Opera Carlo Felice di Genova con l’allestimento che proprio a Genova nacque nel lontano 2007. Sintesi della sintesi, tutte le vicende di questa spassosa opera, composta nel 1945 e andata in scena nella sua prima esecuzione assoluta nel 1955, vertono sulla folle ricerca di un cappello di paglia di Firenze, proveniente dall’Italia, per salvare una donna (e l’amante) dalle gelosie di un marito, dove un malcapitato sposando, per riparare il torto del suo cavallo un po’ goloso, si vede costretto a posticipare le nozze con l’amata e dando adito alle lamentele del padre (di lei), correndo per tutta Parigi da modiste a nobildonne, da case private a pubbliche piazze.
Il tutto con la rincorsa degli invitati che, appunto, arriveranno a fine giornata affaticati da questo matrimonio. Ma alla fine, tra amori soffusi e gelosie ostinate, tra suore e zii ormai sordi, tutto si risolve per il meglio, lasciando il pubblico col sorriso e la consapevolezza che “tutto è bene, quel che finisce bene”.
Ed è bene lo spettacolo di Damiano Michieletto, che riprende la sua stessa produzione di anni fa e rimaneggiandola con cura, grazie al supporto di Paola Ornati, sfruttando al meglio il più recente impianto tecnico. Tutte le vicende si svolgono su di un unico spazio scenico costruito su una pedana rotante (ottimo lavoro di Paolo Fantin), dove le pareti mobili e le porte cambiano di volta in volta la geometria dello spazio fisico, inseguendo l’incalzante ritmo musicale e permettendo un via vai continuo, con pochi oggetti di scena ma tanto lavoro sugli artisti stessi. Ottimi anche i costumi di Silvia Aymonino, che ci portano in un contesto storico più recente rispetto a quello del libretto di metà ‘800, così come è molto apprezzabile il lavoro alle luci di Luciano Novelli.
Arrivando a parlare del versante musicale della realizzazione, non si può non constatare quanto l’opera di Rota, mantenendo la sua genialità e frizzante originalità, contenga al suo interno un susseguirsi di richiamo, echi ed omaggi ai grandi compositori del passato. E sì che troviamo il brio di Rossini, le sonorità di Verdi, la musicalità di Offenbach, il ritmo dell’operetta, se non anco la sontuosità di Wagner, ed altri ancora che non stiamo qui a richiamare.
Ma tutti li ritroviamo, grazie anche alla capacità del direttore d’orchestra Giampaolo Bisanti di saperli esaltare, rendendo il pubblico partecipe di questo godimento musicale, dove brillantezza, freschezza e dinamismo scorrono in sonorità di bel gusto, senza mai sovrastare o mettere in difficoltà i cantanti. Solo talvolta il suono orchestrale si fa fin troppo invadente, ma nel complesso Bisanti dà sostegno al fiato, senza mai rincorrere, in una buona tenuta buca-palcoscenico. E se della buca si può apprezzare l’ottimo lavoro dell’Orchestra del Carlo Felice, si apprezzano altrettanto i numerosi interventi del Coro preparato da Claudio Marino Moretti.
In tutto questo vortice di commediante allegria, si apprezza l’ottimo cast chiamato a raccolta dall’intelligente direzione artistica di Pierangelo Conte.
A smuovere le vicende è il giovane ed innamorato Fadinard, qui interpretato dal tenore Marco Ciaponi, non più giovane promessa ma ormai consolidato artista, che esibisce voce luminosa e brillante, capace di spandersi con sicurezza, salendo all’acuto con invidiabile disinvoltura e dimostrando un’ottima tenuta di fiato. Convince nei passaggi più amorosi ed intimi, sapendo creare un’ottima intesa con la sposa Elena, accarezzando con delicatezza i soffusi duetti.
Altrettanto acclamata è Benedetta Torre, artista di casa (e di patria) genovese che in un crescendo artistico mette in mostra grazia, tecnica e virtù: convince la voce tonda, luminosa, con la giusta “punta” di suono, un ottimo controllo dei fiati anche nei virtuosismi richiesti dalla parte. Incarna ed esalta, in candida veste, l’ideale sposa pronta a convolare a nozze, sapendo al contempo delineare i sentimenti e le intenzioni di una figlia legata al padre e con tutte le insicurezze che il grande passo del matrimonio comporta. Padre reticente e lamentoso che è interpretato dal basso Nicola Ulivieri, artista di classe che si conferma prelibato cantante, sempre attento al porgere della parola e al sapiente uso di colori e fraseggio. È lui a guidare la folta comitiva degli invitati a nozze brandendo il fior d’arancio donato per le nozze, sibillino col suo Tutto a monte, con l’intenzione di annullare il matrimonio, non convinto del futuro genero: cosa di cui si ricrederà alla fine dell’opera, benedicendo l’unione con compiacenza e gioia.
Mattatore sulla scena è Paolo Bordogna, basso-baritono conosciuto ed apprezzato nelle sue interpretazioni buffe e brillanti, qui a disegnare le intenzioni del geloso Beaupertuis (con un breve cameo iniziale nei panni dell’amante di Anaide, Emilio), che unisce schiettezza interpretativa all’uso della parola scenica, senza mai perdere sillaba e sapendo dar gusto a fraseggio e colori.
Elegante e fascinosa è la Baronessa di Champigny di Sonia Ganassi, mezzosoprano di cui si conoscono da tempo doti vocali e interpretative: seppur breve sia la sua presenza in scena, si contraddistingue per la capacità di adempiere al ruolo di nobildonna, sapendo misurare sonorità e buon gusto nel recitar cantando. Altrettanto bene fa Giulia Bolcato, giovane soprano formatasi anche all’estero e che qui troviamo ad impersonare Anaide, moglie assai poco fedele di Beaupertuis che è involontariamente al centro dell’attenzione per via delle sorti del suo cappello di paglia fiorentino, che tanto smuovono le sorti di tutti. In un rosa brillante, la Bolcato mette in mostra voce luminosa e ben dosata, sapendosi muovere a modo e con convincente brio scenico.
Tris di tenori per i ruoli che accompagnano l’evolversi dell’azione: ecco quindi Didier Pieri nei panni del non troppo baldanzoso vecchio zio Vezinet, dando prova di convincente teatralità, canto elegante e cura della parola; follemente sopra le righe è Blagoj Nacoski quale nobile Achille di Rosalba, in luccicante mise di canotta e completo bianco, a passeggio col suo cagnolino, disegna la nobiltà sopra le righe e fuori dagli schemi, dando ottima prova tanto nel canto quanto nell’azione, risultando poi più sobrio e contenuto, com’è giusto che sia, nei panni della guardia notturna. Ultima voce di tenore è quella di Gianluca Moro, fedele tuttofare con bella voce, non troppo grande ma resa con buon gusto; a completamento del cast artistico, troviamo la modista di Marika Colasanto, convincente e disinvolta, ed il caporale delle guardie di Franco Rios Castro.
Pubblico festante e assai plaudente in una soleggiata domenica genovese prenatalizia: sole tre recite ma che comprovano l’attenzione per un repertorio che meriterebbe più programmazione artistica. Dunque, lodi ed applausi al Carlo Felice di Genova per l’ottimo risultato!
Leonardo Crosetti
(15 dicembre 2024)
La locandina
Direttore | Giampaolo Bisanti |
Regia | Damiano Michieletto |
Assistente alla regia | Paola Ornati |
Scene | Paolo Fantin |
Costumi | Silvia Aymonino |
Luci | Luciano Novelli |
Personaggi e interpreti: | |
Fadinard | Marco Ciaponi |
Nonancourt | Nicola Ulivieri |
Beaupertuis/Emilio | Paolo Bordogna |
Lo zio Vezinet | Didier Pieri |
Felice | Gianluca Moro |
Achille di Rosalba/Una guardia | Blagoj Nacoski |
Un caporale delle guardie | Franco Rios Castro |
Elena | Benedetta Torre |
Anaide | Giulia Bolcato |
La modista | Marika Colasanto |
La Baronessa di Champigny | Sonia Ganassi |
Minardi | Federico Mazzucco |
Orchestra, Coro e Tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova | |
Maestro del Coro | Claudio Marino Moretti |
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