Le ragioni di Torrefranca. Puccini e il melodramma italiano del XIX e XX secolo
Dopo un intenso anno di celebrazioni del centenario dalla morte di Giacomo Puccini, ci piace segnalare una pubblicazione piuttosto orginale: la riproduzione anastatica del libro che Fausto Torrefranca pubblicò nel 1910 con il titolo Giacomo Puccini e l’opera internazionale, ripubblicata con una prefazione di Renzo Cresti, per i tipi di Dreambook Edizioni nel volume Le ragioni di Torrefranca. Puccini e il melodramma italiano del XIX e XX secolo.
Renzo Cresti ripercorre il contesto storico, sociale e culturale all’interno del quale Torrefranca sentì la necessità di fare questa vera e propria stroncatura di Puccini e anche del melodramma italiano a lui coevo.
In quella prima parte del XX secolo musicisti e musicologi italiani guardarono molto ai nuovi gusti e alle novità che si stavano sviluppando in Europa, in modo da sprovincializzare la musica italiana e ridare vigore alla musica strumentale, da tempo messa da parte dal melodramma. L’accusa primaria di Torrefranca a Puccini è proprio quella di aver coltivato un genere come l’opera per motivi commerciali e non di estetica musicale. Non solo. A suo dire Puccini avrebbe anche abbassato la qualità dell’orchestrazione, sempre perché il prodotto doveva solo “fare cassetta” e andare incontro ai gusti prevalenti del pubblico.
Oltre al contenuto così severo, Cresti mette in risalto anche lo stile “polemico e assertivo” che Torrefranca utilizza, dettato certo dalla voglia di scuotere le coscienze degli intellettuali. Cresti ricorda che in quella prima parte di secolo nasce la musicologia, molte riviste dedicate, nascono le prime cattedre di Storia della Musica all’Università: insomma un contesto molto vivace in cui si discuteva e studiava il panorama musicale. Si riscoprono i classici italiani, ma soprattutto i compositori di musica strumentale, genere musicale ritenuto da rivalutare per allinearsi con il resto del mondo occidentale.
Ma Renzo Cresti va oltre la mera disamina filologica del testo di Torrefranca. Non dimentichiamo che Cresti si è sempre occupato di musica contemporanea ed è quindi da sempre uno storico della musica che analizza il nostro tempo. E, infatti, ripercorre i punti più salienti della “stroncatura” per far vedere come, alla resa dei conti, Puccini sia stato un precursore di molti elementi che oggi riteniamo fondamentali. Ne citiamo alcuni a scopo esemplificativo. Torrefranca critica il modo di orchestrare di Puccini, ritenendolo pieno di banalità e mediocre. Cresti rammenta che Puccini aveva conosciuto partiture dall’orchestrazione evoluta come le opere di Wagner, Debussy, Ravel e che lo stesso Ravel teneva sul pianoforte la partitura de La Fanciulla del West “per avere sempre a disposizione la possibilità di confrontarsi con le soluzioni orchestrali di Puccini”. Ricorda inoltre come Puccini sia venuto a Firenze in occasione della rappresentazione di Pierrot lunaire di Schönberg a Palazzo Pitti, a riprova della sua attenzione a quello che accadeva intorno a lui nella musica. Torrefranca, ancora, obietta che Puccini usi una sintassi musicale di stile fusion e dalla semplicità e brevità tematiche, elementi che Cresti sottolinea come siano diventati sempre più presenti con l’andare del tempo, data la velocità con cui viaggia la cultura.
L’eclettismo pucciniano criticato da Torrefranca, dice in seguito Cresti, “oggi è una delle strade maestre non solo della musica ma dell’intera cultura contemporanea”. Bastano queste riflessioni per acclarare il pregiudizio nei confonti di Puccini sotteso al testo di Torrefranca, che non riesce, per motivi cronologici, a comprendere fino in fondo che Puccini era uomo di spettacolo a tutto tondo e consapevole che anche il melodramma aveva bisogno di essere superato alla luce delle novità del mpondo dello spettacolo. Erano gli anni in cui il cinema stava prendendo campo e Puccini non lo ignora, capisce che la messinscena è fondamentale per il melodramma e che la musica che lo accompagna non può seguire le sperimentazioni di alcuni compositori (fra cui, appunto, Schönberg) perché deve avere presa diretta sul pubblico.
Dunque l’operazione di Renzo Cresti merita un duplice plauso: da un lato per aver reso fruibile in formato stampato l’aspro libello del Torrefranca, fornendo un contributo storico-musicale attraverso la fonte prima in anastatica. Dall’altro perché di quella sarcastica e irrisoria stroncatura fa una disamina attenta, inserendola nel percorso storico che la musica ha fatto da Puccini in poi, giungendo quindi a rendere le ragioni negative di Torrefranca un veicolo per valutare positivamente il nostro Puccini, l’autore ad oggi più eseguito nei teatri lirici del globo.
Donatella Righini
Renzo Cresti | |
Le ragioni di Torrefranca. Puccini e il melodramma italiano del XIX e XX secolo. Ediz. critica | |
dreamBOOK edizioni, 2024 |
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