Torino: Rigoletto e le deformità umane
Verdi, Verdi ed immensamente ancora Verdi. Giuseppe Verdi, quel padre nobile del melodramma italiano (e non solo, direi), quel genio musicale che fa fare il tutto esaurito per 10 recite consecutive al Teatro Regio di Torino con una delle sue opere più grandi: Rigoletto.
Rigoletto in una rilettura moderna, incisiva, forte e non troppo “deforme “del regista Leo Muscato, che torna al Teatro Regio di Torino, in un teatro che ben conosce le sue capacità (ricordiamo felicemente la produzione di Agnese di Paer, vincitrice del Premio Abbiati nel 2019), accompagnato dal team creativo con le scene di Federica Parolini, i costumi di Silvia Aymonino e le luci di Alessandro Verazzi.
Nella visione di Muscato al centro ci sono le deformità degli uomini, non nel contesto storico in cui è ambientata l’opera, ma in uno spazio temporale più vicino a noi, richiamante la Belle Époque: questo lo comprendiamo dai costumi, dall’ambientazione, dalle dinamiche umane che si innestano tra gli interpreti in palcoscenico. Efficace è l’uso della pedane rotante del palcoscenico del Teatro Regio, su cui è costruito un impianto deforme, con un grande muro ondulato, coperto da specchi disomogenei e con diverse inclinazioni, dove il regista ci racconta che lo “specchio distorto si pone come metafora di un mondo in disfacimento, dove le identità sono fragili e le apparenze ingannevoli”. Ed è così che, nella deformità del tutto, troviamo Gilda, figlia di Rigoletto, rinchiusa e ingenuamente protetta educanda in un convento, luogo in cui, pregando pietosamente davanti alla Madonna, rimarrà soggiogata dalle lusinghe del Duca. Gilda che, nella deformità fisiche e umane degli uomini, sarà candida vittima per mano dell’altra donna emotivamente coinvolta per il Duca, ossia Maddalena, che la pugnalerà sostituendosi al fratello Sparafucile, portando così a casa l’obolo del dannato Rigoletto e avendo salvo il ricco e malsano uomo di cui ella è innamorata. Poco risolta è forse la figura del Duca, che passa la maggior parte del tempo dei suoi interventi interpretando con le mani in tasca, quasi a dover tenere forzatamente costretto lo slancio e l’ardore della conquista.
Sul podio troviamo uno dei grandi maestri italiano, con il felice ritorno di Nicola Luisotti, esperto dell’opera italiana, apprezzato interprete del melodramma che dirige con passione, trasporto e raffinato entusiasmo una partitura che negli anni è stata spesso oggetto di tagli e adattamenti in base all’artista in scena. Ebbene, qui possiamo apprezzare un’esecuzione che funziona, dove Luisotti dirige e concerta dando respiro e sostegno agli artisti, senza abusare delle sonorità ma anzi soppesando finemente colori e finezze che, alla fine, lo rendono protagonista di convinti applausi. Ma non è solo, poiché gli è coprotagonista l’Orchestra del Teatro Regio, che risponde con un suono denso di dramma, di vivace intensità, fatto di luci ed ombre; ottimo è anche il Coro, coprotagonista di assoluto pregio sul palco nell’azione scenica e vocale, grazie anche all’ottima preparazione del suo maestro, Ulisse Trabacchin.
Nel ruolo eponimo ecco il baritono romeno George Petean, artista di solida e comprovata capacità che ha gusto nel fraseggio e dà prova scenica di gran coinvolgimento, nonostante una lieve sbavatura sul Veglia o donna che porta Luisotti a doverlo inseguire e recuperare in corsa. Ciononostante, la prova è superata brillantemente, dove con il giusto sostegno vengono affrontati anche i passaggi più impervi e la drammaticità pervade la scena, conquistando il pubblico in sala.
Giuliana Gianfaldoni è Gilda di candida, ammaliante e pura bellezza, fanciulla che incanta in purezza di voce e bontà d’interpretazione, dipingendo a tutto tondo una giovane ragazza che, nella sua ingenua verginità di spirito, si innamora dello sprezzante donnaiolo e, pur sapendone tutti i malevoli vizi, si sacrifica in nome di qualcosa che per lei è puro, vero. Della Gianfaldoni apprezziamo la ricercatezza delle sfumature, il canto etereo, i piani, i pianissimi e i filati che si dipanano nella sala che rimane sospesa, in attesa dell’ultimo, sospirato e dolorante spasmo di una fanciulla che è dolcezza, amore, sacrificio. Perfetta.
Quello sprezzante donnaiolo del Duca di Mantova è interpretato da Piero Pretti, tenore italiano ben conosciuto al pubblico del Regio avendo qui negli anni interpretato i principali ruoli del melodramma verdiano e non. Pretti è artista solido, preciso, con timbro schiettamente tenorile ed un canto all’italiana, sempre attento alla parola e con una ottima proiezione del suolo, riuscendo a disegnare un Duca schietto e baldanzoso, seppur una certa mancanza nello sviluppo del personaggio (quelle mani in tasca in troppe scene!) non ci permette di poter cogliere tutte le sfumature drammaturgiche che se ne potrebbero avere. Interessa ma non entusiasma lo Sparafucile di Goderdzi Janelidze, profondo il giusto ma non troppo attento alla pronuncia e con sfumature grezze nell’emissione, seppur si possa apprezzare la profondità della voce. Perfetto contraltare è la sorella, la Maddalena di Martina Belli, mezzosoprano che affascina ed incanta per la sinuosità fisica, l’ammiccante presenza scenica e la preziosa vocalità, evidenziando un canto morbido e ben timbrato.
Ad eccezione del tonante e coinvolgente conte di Monterone di Emanuele Cordaro, finalmente affidato ad una voce né vecchia né logora, ma affinata e drammatica, e della precisa e misurata Chiara Maria Fiorani, nei panni en travesti del paggio, gli artisti chiamati a dar sostegno all’azione sono tutti “di casa”, ovvero in forza al Teatro nel Regio Ensemble.
Ecco quindi che si possono apprezzare la Giovanna del mezzosoprano Siphokazi Molteno, di voce sonora e con ottima proiezione, il Marullo di Janusz Nosek, baritono, il Matteo Borsa del tenore Daniel Umbelino, il conte di Ceprano del basso Tyler Zimmerman e la contessa di Ceprano di Albina Tonkikh, soprano.
Teatro strabordante per questa nuova visione di Rigoletto, che con tutti i distinguo che se ne potrebbero avere su quella voce o quella scena, sa richiamare l’amore per una di quelle opere della nota Trilogia popolare, che appunto, è ben sempre assai popolare.
Leonardo Crosetti
(28 febbraio 2025)
La locandina
Direttore | Nicola Luisotti |
Regia | Leo Muscato |
Scene | Federica Parolini |
Costumi | Silvia Aymonino |
Luci | Alessandro Verazzi |
Personaggi e interpreti: | |
Rigoletto | George Petean |
Gilda | Giuliana Gianfaldoni |
Il duca di Mantova | Piero Pretti |
Sparafucile | Goderdzi Janelidze |
Maddalena | Martina Belli |
Giovanna | Siphokazi Molteno |
Il conte di Monterone | Emanuele Cordaro |
Marullo | Janusz Nosek |
Matteo Borsa | Daniel Umbelino* |
Il conte di Ceprano | Tyler Zimmerman |
La contessa di Ceprano | Albina Tonkikh |
Il paggio della duchessa | Chiara Maria Fiorani |
Orchestra e Coro Teatro Regio Torino | |
Maestro del Coro | Ulisse Trabacchin |
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