Piacenza: una Zauberflöte di contrapposizioni

Proviene da Ferrara la nuova coproduzione della Zauberflöte di Wolfgang Amadeus Mozart, opera tedesca in due atti su libretto di Emanuel Schikaneder.

Formalmente un Singspiel, genere popolare che troverà seguito nell’operetta e nel più moderno musical, in realtà la vicenda fiabesca racchiude in sé una stratificazione di significati che affondano le radici nell’esoterismo e nella dottrina massonica.

L’ultima opera di Mozart, un mistero parareligioso che racconta la storia di un’iniziazione, quella di Tamino, principe ma soprattutto uomo.

Due mondi si contrappongono: quello luminoso della ragione e del sapere con quello delle tenebre e dell’oscurità.

Ciò che si vede è completato da ciò che sente. La partitura, infatti, è concepita da Mozart come un ulteriore testo in cui ricorrono tonalità simboliche, cellule musicali basate su una numerologia ben precisa, citazioni di fedi contrapposte, stili severi che si alternano a motivi popolari, sublimi incanti e passi triviali. Il tutto in un equilibrio di divino incanto in cui il contrappunto si alterna al lied, di disarmante bellezza, dove non mancano arie di furia, duetti, terzetti, quintetti e parti strumentali.

La presente edizione vede in scena una piattaforma girevole sulla quale campeggiano tre librerie che mostrano ripiani ricolmi di libri ed altri spogli, simbolo di due realtà: quella del sapere e quella dell’ignoranza.

Alle scene, firmate da Matteo Paoletti Franzato, si sono uniti i video di Fabio Massimo Iaquone, suggestivi nel riprodurre il mondo interiore di alcuni personaggi.

Belli anche i costumi di Elisa Cobello che ripropone uno stile nordico, rigoroso, cupo, eccezion fatta per Papageno che anziché piume vestiva abiti tiroler. Tuttavia, se il nero si addice alla Regina della notte e al suo seguito, poco invece si confà al regno luminoso di Sarastro.

Nella concezione registica di Marco Bellussi, sono venuti a mancare degli elementi fondamentali. I piani dell’azione non sono chiari e ben definiti. La Regina della notte, ad esempio, è posta al di sopra del sapere figurato dalle librerie, proprio lei (!) il cui animo corrotto non appartiene al mondo di Sarastro. Di contro i Tre Fanciulli che dovrebbero essere degli esseri celesti, agiscono allo stesso livello degli altri personaggi quando invece dovrebbero essere spiriti superiori, incorrotti, al di sopra di tutto.

Inoltre non si spiega il motivo del taglio del recitativo che precede la seconda aria della Regina della notte in cui Astrifiammante rivela a Pamina che suo padre, prima di morire, donò a Sarastro il settemplice cerchio solare, simbolo della forza e per il quale la sventurata fanciulla è incitata dalla madre ad uccidere il rivale con un pugnale.

Tuttavia si vedono i due sacerdoti lavorare a maglia oppure una donna infiltrata, in vesti maschili, quale protesta contro la concezione maschilista massonica sottesa e nemmeno troppo velata.

Sul piano musicale la direzione di Massimo Raccanelli, sul podio dell’Orchestra Città di Ferrara, dopo un’Ouverture piuttosto brillante, stenta a decollare. Tempi lenti, pochi contrasti e scarsa cura del dettaglio nonché volumi eccessivi non restituiscono le caleidoscopiche esigenze di una delle più geniali partiture di tutti i tempi.

Va da se che anche la parte vocale è risultata un po’ penalizzata.

Il tenore Antonio Mandrillo, nelle vesti di Tamino, è dotato di bel timbro e buone intenzioni che lasciano presagire, con ulteriore scavo, un ottimo sviluppo di questo personaggio.

Il canto di Leonor Bonilla, vibrante e passionale Pamina, ricalca uno stile lontano da quello mozartiano seppur scenicamente disinvolta.

Decisamente in parte Gianluca Failla nel ruolo di Papageno; bel timbro, attento al fraseggio, capace di modulare la voce secondo uno stile più consono, dipinge un personaggio vivo e dinamico.

Di rilievo anche il Monostatos di Lorenzo Martelli, perfettamente calato nella parte, si aggira con fare inquietante sfoderando una vocalità ben proiettata e duttile.

Lo stesso non si può dire del Sarastro di Dimitrii Garigorev, il cui registro grave scompare privando il personaggio della necessaria ieraticità.

Claudia Urru affronta correttamente l’impervia parte della Regina della notte, sebbene la vocalità troppo leggera, penalizzata anche dal velo per le proiezioni che in parte attutiva il suono, non le ha permesso di dare il necessario peso drammatico alla perfida sovrana.

Molto simpatiche e ben assortite le tre dame di Gesua Gallifico, Silvia Caliò e Vanessa Shae O’Hearn così come ben caratterizzati, sopratutto scenicamente, sono risultati la Papagena di Alessandra Adorno e il primo e secondo Sacerdote/Armigero di Giulio Riccò e Carlo Enrico Confalonieri.

Graziosi Khloe Kurti, Lorenzo Pigozzo e Giovanni Maria Zanini, tre Fanciulli allievi A.Li.VE, Accademia Lirica di Verona.

Buona la prova del Coro del Teatro Municipale di Piacenza, sopratutto la sezione femminile, istruito dal maestro Corrado Casati.

Dimenticavo: i recitativi in italiano erano poco recitati.

Applausi.

Il sapere… già…

Gian Francesco Amoroso
(11 aprile 2025)

La locandina

Direttore Massimo Raccanelli
Regia Marco Bellussi
Scene Matteo Paoletti Franzato
Costumi Elisa Cobello
Luci Marco Cazzola
Regia video Fabio Massimo Iaquone
Personaggi e interpreti:
Tamino Antonio Mandrillo
Pamina Leonor Bonilla
Sarastro Dmitrii Grigorev
Regina della Notte Claudia Urru
Papageno Gianluca Failla
Papagena Alessandra Adorno
Prima Dama Gesua Gallifoco
Seconda Dama Silvia Caliò
Terza Dama Janessa Shae O’Hearn
Monostatos Lorenzo Martelli
Primo Sacerdote / Secondo Armigero Giulio Riccò
Secondo Sacerdote / Primo Armigero Carlo Enrico Confalonieri
Oratore Gianluca Convertino
Tre Fanciulli Khloe Kurti, Lorenzo Pigozzo, Giovanni Maria Zanini
Orchestra Città di Ferrara
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del Coro Corrado Casati

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