La Guerra del Regio: le dimissioni (Parte 1 di 3)
Impossibile ignorare la questione: le dimissioni anticipate di Walter Vergnano dal ruolo di Sovrintendente del Teatro Regio di Torino, dimissioni che hanno causato a catena quelle di Noseda e Fournier-Facio, sono finite su tutti i giornali. Il fatto è contorto e tracciare un filo è quanto mai complesso, ma grazie alle dichiarazioni del Sindaco Chiara Appendino pubblicate su La Stampa il 4 maggio, possiamo tracciare uno schema con questi tre articoli, concepiti unitariamente e dedicati rispettivamente alle dimissioni di Vergnano, alla nomina di Graziosi e infine al futuro musicale del Regio alla luce delle dichiarazioni da parte della classe politica torinese.
Il complesso addio di Walter Vergnano
Dell’argomento s’è scritto molto e fra i vari è quello più controverso. Le dimissioni di Vergnano, alla guida dell’ente lirico da diciannove anni, sono state controverse e contraddittorie. La Stampa ha voci che riguardano le sue dimissioni già dal 27 marzo, ma Vergnano le aveva smentite con gran forza. Già nell’articolo del 19 aprile, però, dopo l’annuncio delle dimissioni del Sovrintendente e le dichiarazioni del sindaco all’ANSA del giorno precedente, emerge un quadro più completo, che sembra alludere a delle motivazioni di salute, ampiamente contraddette dal succedersi degli eventi. La scelta, qui, viene definita come «maturata da ottobre», nonostante le precedenti dichiarazioni. «Una decisione comune presa nell’interesse del teatro» afferma Vergnano. Apprendiamo solo in seguito le ragioni ufficiali di questa scelta. Il 28 aprile su La Stampa compare la seguente dichiarazione dell’ormai ex-Sovrintendente: «Il 6 aprile sono stato informato di un fatto nuovo, che per rispetto nei confronti del teatro e dei lavoratori non rivelerò nei particolari, un fatto però che farebbe presupporre, e uso il condizionale perché c’è un’indagine in corso, che il bilancio consuntivo del 2017 potrebbe non chiudere in pareggio. L’ho appreso venerdì 6 aprile e ho subito telefonato alla sindaca». Quale sia questo nuovo fatto tuttavia è l’argomento più confuso. Cito ancora Vergnano: «Mi sono assunto politicamente e personalmente la responsabilità perché è mio dovere rispettare tutto quello che avviene in teatro anche se io ne vengo a conoscenza dopo».
Fa bene Gabo su Torino ad arrabbiarsi, seppur con il suo stile, per l’incongruenza delle versioni, viste le posizioni instabili e contraddittorie. Prima si sospettano le dimissioni ma vengono smentite con convinzione, poi la cosa viene confermata, ma è una scelta dell’ultimo secondo, poi si scoprono che sono questioni personali, salvo dieci giorni dopo rivelare il nodo principale: un (presunto?) buco di bilancio di quasi due milioni di euro. Infine emerge la scelta condivisa da ottobre. Parlo di “presunto” buco in quanto nulla è stato chiarito sull’argomento. Resta il fatto che scoprire il 6 aprile un deficit così ingente, quando il 30 marzo Vergnano comunica al Consiglio di indirizzo e all’Assemblea di indirizzo dati positivi, è un colpo non da poco. Ma a qualsiasi osservatore è evidente che le dimissioni fossero già state decise e da ben prima del 27 marzo, quindi possiamo legittimamente supporre che la iniziale smentita del Sovrintendente non fosse stata niente più che un tentativo di nascondere un fatto che aveva in origine da annunciarsi solo a giugno (forse anche pensando alla prevista presentazione della stagione di prosa di lì a poco più di un mese).
L’articolo de La Stampa del 4 maggio, infatti, riassume l’intervento di Appendino con l’ultima versione dei fatti. L’anticipo delle dimissioni di Vergnano potrebbe essere dovuto davvero alla scoperta di questo misfatto di bilancio, con cui si è probabilmente colta l’occasione di accelerare i tempi grazie alla situazione di emergenza. Va da sé che, se questa è stata la motivazione, è quanto mai ingenua: l’incoerenza delle versioni e la forzatura sulla nomina di Graziosi hanno solo rafforzato l’impressione di una scelta prettamente di potere. D’altronde leggiamo nel citato articolo di Miriam Massone: «”L’accelerazione sulla nomina, che qualcuno chiama ‘forzatura’ e che è dovuta alla sorpresa del possibile disavanzo”, un ‘buco’ da 1,8 milioni di euro, […] ha reso necessario “una nuova programmazione affidata a una nuova guida.”». Posto che vorrei porre l’attenzione su come ad oggi il disavanzo venga ancora definito come “possibile”, a rigor di logica in una situazione di amministrazione straordinaria del Teatro è assai controproducente far rimuovere dal proprio incarico Sovrintendente, Direttore Artistico e Direttore Musicale, per inserire un nuovo team che per forza di cose avrà bisogno di un certo periodo di assestamento per imparare i meccanismi di un ente complesso e stratificato con il Regio. D’altronde, però, con Vergnano dimesso diventa imperativo nominare rapidamente un successore: non amo le dietrologie, ma mi chiedo se non fosse molto meglio proseguire con la gestione precedente, approntare un piano per limitare l’urgenza (appurando l’esistenza della stessa) e quindi procedere con più calma a nominare un successore, con pacate e serene discussioni. Certo, così non avrebbero potuto giocare la carta dell’emergenza per stringere sulla nomina del nuovo Sovrintendente, rifiutando ogni altra possibile candidatura che non fosse quella poi confermata di William Graziosi.
E questo ci porta direttamente al secondo atto, che vedremo domani.
Alessandro Tommasi
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