Mariella Devia: Lascio le scene ma non il canto.
Alla vigilia dell’addio alle scene, con l’ultima recita di Norma al Teatro La Fenice, abbiamo incontrato Mariella Devia per quella che da intervista si è trasformata in una piacevolissima conversazione.
- Signora Devia, una domanda che le hanno già fatto ma dalla quale non posso esimermi. Come è maturata la decisone del ritiro dalle scene?
Beh, perché era ora. Ho settant’anni, e mi pare che la cosa fosse matura.
- Parliamo di Norma. In una sua intervista di qualche anno fa aveva detto che non l’avrebbe mai cantata e invece… Secondo me, in questi casi è bello anche contraddirsi. Come si è avvicinata a Norma? Cosa l’affascina del personaggio?
Perché le cose maturano; più che altro perché, come ho detto tante volte, l’idea che avevo di Norma era un’idea belcantistica e dunque quando ho trovato la compagnia adatta, l’atmosfera, il direttore che insisteva moltissimo per fare un’operazione del genere e allora ho accettato e ho continuato a cantarla.
- Molto giusto, anche perché Norma è un ruolo belcantistico.
Però, sa, ci sono state tante interpretazioni e ognuno ha le sue idee.
- Trovo sia da cantare sui fiati e non di potenza.
In realtà è un’opera che parla soprattutto di drammi umani, alla fine la guerra è guerra a Pollione non ai Romani, finché funziona con Pollione c’è la pace. Ovviamente ci sono accenti drammatici, voglio dire nel momento in cui arriva ad uccidere i figli che ovviamente non uccide perché come dico sempre non è Medea, ci sono momenti di rabbia e di sconforto che però sfociano sempre in frasi di una melodia altissima.
- Probabilmente anche quando canta “Tutti i Romani” intende “Tu Pollione; in realtà Norma è un dramma familiare.
Assolutamente sì.
- Torniamo a lei. La ascoltai per la prima volta nel 1991 nel concerto di Piazza San Marco e rimasi immediatamente colpito; poi l’ho seguita negli anni prima da studente di Storia della Musica, poi da critico e continuo a percepire una voce perfettamente intatta nel tempo. Esiste un segreto per mantenere questa inossidabilità?
Non lo so se esista un segreto. Certamente sono sempre stata molto attenta al repertorio, infatti ci ho pensato molto prima di dire di sì a Norma o ad altri ruoli così drammatici. Poi è arrivata l’ora di dire ciao alle fanciulle e fare donne un po’ più mature; certo anche la voce è maturata e ho cercato di non rovinarla. Magari sarà anche una questione di genetica, non lo so. Certo è che devo sempre studiare.
- Qui mi viene spontanea una domanda: le è mai venuta la tentazione di sconfinare dalle sue oculatissime scelte di repertorio?
In che senso? Io mi diverto tantissimo a fare questo repertorio.
- Intendo “Cerco un personaggio non mio per sfida”.
Ne ho anche fatti. Per esempio ho cantato Semiramide qui alla Fenice e non era esattamente mio, come non era proprio mia La donna del Lago. Li ho aggiustati un po’ con le variazioni, ma erano ruoli Colbran, quindi molto bassi per il periodo in cui li ho fatti.
- Un ruolo che non le è andato particolarmente a genio?
Ruoli che non mi sono piaciuti tanto? Quelli delle operazioni archeologiche su Donizetti, tipo l’Adelia; non è nemmeno colpa di Donizetti perché, poverino, ha scritto dei capolavori, ma quella non lo è, o Elisabetta al castello di Kenilworth, mentre invece mi piacque moltissimo Parisina.
- Parlando di giovani leve, di eredità, ammesso che di eredità si possa parlare e tenendo presente che il canto è la più effimera fra le arti musicali, sento tantissime belle voci e con dei fondamentali molto buoni e che però già portano in sé il segno del declino perché sono impostate male. Che consiglio darebbe a questi ragazzi perché possano avere una carriera che almeno cerchi di assomigliare alla sua?
I consigli servono a poco, è la pratica quella che conta. I consigli sono le solite cose: repertorio, studio, eccetera. L’importante è il come si fa e farlo giusto.
- E come si fa?
Non lo so, perché poi trasmetterlo è difficile ma io ci provo. Sto insegnando e faccio masterclass.
- Che farà Mariella Devia da domani sera ma da domenica pomeriggio?
Continuerò a fare concerti, ne ho uno a Valencia il 2 di giugno, poi continuo.
- Dunque potremmo dire che l’addio non è alla scena ma ai costumi.
Ai costumi, alle prove, alle parrucche, che pesano quintali…
- Dunque si canterà quello che si vuole quando si vuole, che è un grande vantaggio.
A volte non quello che si vuole in quanto i teatri già ti dicono “senti dovresti cantare questo e questo” e di solto sono i finali delle Regine, per cui non è proprio che mi riposerò.
Alessandro Cammarano
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!