Budapest: prova Generale di un Tannhäuser convincente

Gianandrea Gavazzeni soleva dire, al non ammettere alle prove nessuno che non fosse direttamente coinvolto nell’allestimento, opera o concerto che fosse, che «I panni sporchi si lavano in casa». Dissentiamo, col garbo dovuto ai grandi: il privilegio di assistere alla costruzione di uno spettacolo è in molte occasioni rivelatore, aiuta a capire e ad immergersi con maggior completezza nel dettato musicale e registico, a comprendere quali e quanti siano i punti in comune fra direttore e regista, insieme ai punti di contrasto e come alla fine si trovi una sintesi.

Abbiamo partecipato con grande piacere alla prova generale del Tannhäuser in scena al Müpa in occasione dei Budapesti Wagner Napok 2018.

L’allestimento di Matthias Oldag è improntato ad un grande rigore formale senza tuttavia mai perdere di vista la componente romantica dell’opera.
Pochi ma significativi elementi scenici, realizzati da Thomas Gruber, che firma anche I costume contemporanei, incorniciano un’azione scenica improntata all’essenzialità del gesto che si cristallizza nel tempo e nello spazio. Il Venusberg è reso attraverso un sommier cremisi celato, ma visibilissimo, all’interno di una struttura metallica sulla quale si tendono drappi di mussola candida: carne e sangue, Eros allo stato puro governato da una Venus scarmigliata e vestita di bianco prima e di carminio poi. Di contro la Wartburg è grigia e simmetrica nella disposizione degli spazi, come grigi, o neri, sono i Minnesänger, i cortigiani e la stessa Elisabeth veste di un rosso aranciato e smorto; solo Tannhäuser esibisce un fazzoletto rosso nel taschino della giacca, il segno di Venere.
Il terzo atto si compie in un cimitero, fra tombe tetre e incombenti.
Sullo sfondo uno schermo ove si proiettano immagini di un bosco in diverse stagioni e ore del giorno, a sottolineare un trascorrere del tempo inevitabile eppure sempre uguale a se stesso.

Tutto funziona perfettamente, senza sbavature e in un contesto di esemplare linearità.

Nel medesimo solco si inserisce la direzione cristallina di Ádám Fischer, che poggia il fraseggio rigoglioso della melodia su una filigrana dinamica di grande suggestione rendendo la narrazione con ammirevole fluidità.
Nel rôle-titre si difende con armi affilate Stephen Gould, che domina con intelligenza i suoi mezzi vocali decisamente imponenti piegandoli ad una bella varietà di accenti.
Sublime la Venus ferina e al contempo quasi materna di Sophie Coch, capace di riempire di significato ogni singola nota e scandagliando ogni più minuta sfumatura di ciascuna frase.
Tünde Szabóki tratteggia con voce sicura un’Elisabeth nobilissima e Markus Eiche non le è da meno disegnando il suo Wolfram con colori delicatamente acquarellati.
Nella schiera dei Minnesänger spiccano l’ottimo Walter di Tibor Szappanos, al quale la versione di Dresda qui proposta riserva la sua parte intatta e il Bieterolf sanguigno di Jürgen Linn.

Perfetti l’Orchestra Sinfonica e il Coro della Radio Ungherese, come pure il Coro Maschile Honvéd e il Coro Studio Budapest.

Se il buongiorno si vede dalla prova generale, la Prima deve essere per forza stata illuminata da un sole splendente.

Alessandro Cammarano
(Budapest, 12 giugno 2018)

La locandina

Direttore Ádám Fischer
Regia Matthias Oldag
Scene e costume Thomas Gruber
Hermann Gábor Bretz
Tannhäuser Stephen Gould
Wolfram von Eschenbach Markus Eiche
Walther von der Vogelweide Tibor Szappanos
Biterolf Jürgen Linn
Heinrich Tivadar Kiss
Reinmar Ferenc Cserhalmi
Elisabeth Tünde Szabóki
Venus Sophie Koch
Un giovane pastore Dominik Jobbágy
Hungarian Radio Symphony Orchestra and Choir
Maetro del Coro Zoltán Pad
Honvéd Male Choir and Budapest Studio Choir
Maestro del Coro Kálmán Strausz

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