Martina Franca: nel Trionfo dell’Onore il Dissoluto è pentito
Le vicende del Trionfo dell’Onore, unica commedia composta da Alessandro Scarlatti, che torna in scena al Festival della Valle d’Itria a trecento anni esatti dalla sua prima rappresentazione, trovano uno spessore drammaturgico di straordinaria intensità nell’allestimento realizzato con grande intelligenza da Eco di fondo, magnifico collettivo artistico capace di rendere credibile una vicenda altrimenti complessa e la cui trama e ambientazione “popolare” potrebbe portare, se non controllata, a cadute di stile. L’opera costituisce in più di un aspetto l’archetipo del Don Giovanni, i cui i tòpoi sono già ben presenti, solo che qui il Dissoluto non è “punito” ma “pentito” e quindi perdonato dopo l’ammissione delle proprie colpe.
Alla Masseria Palesi va in scena la commemorazione, a cinquant’anni dalla scomparsa, di Riccardo Albenori, libertino seduttore ucciso da Erminio fratello di Leonora, una delle sue ultime conquiste e che aspetta un figlio da lui, ce lo dice il necrologio all’ingresso della corte. Sono presenti il figlio, la moglie e il nipotino Arcangelo; in un’atmosfera straniante le lancette del grande orologio iniziano a girare al contrario, vorticosamente, proiettando il bimbo, accompagnato da un capotreno-controllore del tempo, indietro di mezzo secolo.
Il palco e la corte si animano; sulla piazza la locanda della vecchia Cornelia e la bottega-furgone di Flaminio prendono vita e il bimbo assiste da spettatore non passivo alle ultime vicende del nonno Riccardo, che somiglia al James Dean di “Gioventù bruciata”, in jeans e giubbotto di pelle da motociclista, in compagnia dell’amico Rodimarte e inseguito da Leonora incinta, dall’altra amante abbandonata Doralice e da Erminio che cerca vendetta. Arcangelo guarda, il padre-capotreno lo rassicura con la sua presenza e fino alla fine non interviene nelle vicende che culminano con l’uccisione di Riccardo per mano di Erminio. Riccardo, morente, ammette le sue colpe e chiede perdono trovando redenzione; qui Arcangelo interviene, operando sulla linea temporale e di fatto modificandola. Un bimbo non può accettare la morte e salva il nonno, portando la vicenda ad uno scioglimento felice. Le lancette dell’orologio riportano il tempo al presente, il viaggio onirico termina, scompare il capotreno, torna il padre, la piazzetta si svuota, nonna Leonora raccomanda al nipotino di non dimenticare e il padre, prendendolo per mano lo guida all’interno della masseria dove sta per iniziare la cerimonia reale, intima, alla quale il pubblico non è invitato.
I tre registi Giacomo Ferraù, Libero StellutieGiulia Viana conducono il pubblico, che occupa una platea che avvolge il piccolo palcoscenico offrendo una molteplicità di punti di vista oltre a quello frontale, dentro il sogno di Arcangelo e lo fanno in punta di piedi, coinvolgendolo progressivamente.
L’intero spazio della corte è utilizzato e teatralizzato; gli agili elementi scenici di Stefano Zullo. diventano parte integrante dell’azione, come l’Apecar di Flaminio trasformato in rifugio e via di fuga o la porta laterale che diventa l’uscita della stazione ferroviaria alla quale approdano i “forestieri” alla ricerca di Riccardo. Il palco principale è riservato all’osteria di Cornelia, fulcro dell’azione. Lo studio sui caratteri è minuzioso e ulteriormente sottolineato dai costumi di Sara Marcucci, perfetti nella loro miscela fra primo Settecento, evidente nei tessuti, e gli anni Sessanta del secolo scorso.
La coppia buffa, ovvero il vecchio Flaminio dalle ascelle esplosive e la decrepita e vogliosissima Cornelia, ruolo en-travesti dall’alito alcoolico e letale, è trattata con garbo ove non con tenerezza; gli altri trovano ciascuno la propria misura e dignità.
Irrestibili la Doralice-fattucchiera e Rosina, servetta che procede quasi sempre a passo di Gagliarda, come perfettamente risolti sono l’ipercinetico Riccardo-Dean e il suo sodale Rodimarte, arruffone ma capace di gesti nobili, e il vendicativo ma malinconico Erminio.
Jacopo Raffaele, complici l’impeccabile Ensemble barocco del Festival della Valle d’Itria e Giorgio D’Alonzo al cembalo, pone in luce lo splendore della partitura scarlattiana esaltandone in una concertazione minuziosa il rigoglio dell’invenzione melodica, le dinamiche ammiccanti, i ritmi che rimandano alla danza.
Giovane e agguerrita la compagnia di canto, composta il larga parte da allievi dell’Accademia di Belcanto “Rodolfo Celletti”.
Nel ruolo del protagonista Rachael Jane Birthisel esibisce una vocalità sicura e un’interpretazione sempre credibile, così come Erica Cortese dà voce e corpo ad una Leonora dolente e combattiva, come sarà la mozartiana Elvira.
Federica Livi tratteggia con sapide pennellate una Doralice convincentissima e Suzana Nadejde risolve benissimo la sua Rosina caratterizzandola in ogni aspetto.
Ottimo Federico Castoro, abile nel conferire a Flaminio il giusto equilibrio tra comico e serio; perfetta la Cornelia debordante, nonché bisnonna della donizettiana Mamm’Agata, di Nico Franchini, che solo a guardarlo mette di buon umore.
Bravo Patrizio La Placa, che coglie con acume la personalità sfaccettata di Rodimarte, rendendola pienamente sia nel canto che nella recitazione.
Sugli scudi l’Erminio di Raffaele Pe, che plasma la voce in una gamma di accenti ricca e meditata e ammanta il personaggio di nobiltà, ulteriormente accentuata nell’aria da baule interpolata, “Caldo sangue”, dallo scarlattiano Sedecia, cantata con rattenuto trasporto e colori maliosi e disperati.
Straordinario il gruppo di attori e danzatori, Francesca Angelicchio, Donato Demita, Giacomo Ferraù, Francesco Argese, Libero Stelluti, Giulia Viana, Tania Vinci e Maria Teresa Palmieri che animano l’azione con siparietti e controscene dai tempi perfetti.
Successo pieno da parte di un pubblico visibilmente coinvolto.
Alessandro Cammarano
(25 luglio 2018)
La locandina
Direttore | Jacopo Raffaele |
Progetto teatrale | Eco di fondo |
Regia | Giacomo Ferraù, Libero Stelluti, Giulia Viana |
Scene | Stefano Zullo |
Costumi | Sara Marcucci |
Riccardo | Rachael Jane Birthisel |
Leonora | Erica Cortese |
Erminio | Raffaele Pe |
Doralice | Federica Livi |
Flaminio | Francesco Castoro |
Cornelia | Nico Franchini |
Rodimarte | Patrizio La Placa |
Rosina | Suzana Nadejde |
Attori e danzatori | Francesca Angelicchio, Donato Demita, Giacomo Ferraù, Francesco Argese, Libero Stelluti, Giulia Viana, Tania Vinci, Maria Teresa Palmieri |
Ensemble barocco del Festival della Valle d’Itria | |
Maestro al cembalo | Giorgio D’Alonzo |
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