Piacenza: una Forza del destino di efficace minimalismo

«Potente, singolare vastissimo: a me piace assai e non so se il pubblico lo troverà come io lo trovo, ma è certo che è cosa fuori dal comune», così scrive Verdi in una lettera del 1861 a Léon Escudier riguardo La forza del destino.

Le vicissitudini legate alla nascita e al debutto di quest’opera sono assai note così come le numerose critiche sulla struttura drammaturgica, da molti considerata frammentaria e incoerente, che hanno fatto passare questo titolo come un lavoro confusionario e di scarso interesse. Di certo è un’opera di transizione in cui Verdi, ancora una volta, sperimenta cercando nuove vie. Il soggetto, complicato in origine e alleggerito da Piave sotto la maniacale sorveglianza di Verdi, prevede nel suo euforico intreccio l’alternarsi di potenti sentimenti d’amore, vendetta e espiazione. I personaggi che popolano quest’opera appartengono a diversi livelli sociali e vivono all’interno di un quadro d’azione ben preciso, oserei dire un labirinto claustrofobico, dal quale pare non esserci via di scampo.

Vittima non solo delle umane vicende ma anche di un destino incombente è Leonora, creatura intensa, ricca di stati d’animo contrastanti e profondamente spirituale. Attorno a lei un fratello assetato di vendetta, un eroico amante combattuto, un saggio padre francescano e una serie di personaggi apparentemente collaterali – Preziosilla, fra Melitone, mastro Trabuco – che completano questo grande affresco umano.

La forza del destino è un’opera complessa, da non sottovalutare: metterla in scena oggi significa scendere a importanti compromessi, primo fra tutti il tempo per le prove che ahimè la crisi dell’epoca sta riducendo all’osso. Il Teatro Municipale di Piacenza, tuttavia, non si arrende di fronte alle vicissitudini storiche ma, anziché penalizzare la Stagione, si lancia in importanti titoli ambiziosi.

Il regista Italo Nunziata si muove con intelligenza. L’intreccio, già articolato di suo, viene semplificato visivamente e trasposto alla seconda metà dell’800. I personaggi agiscono in un unico spazio neutro caratterizzato dalla presenza di quadri dipinti a opera di Hannu Palosuo che evocano i diversi contesti. La neutralità dei costumi di Simona Morresi, che nelle scene popolari del coro ricordano il Quarto stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo, visto il contesto scenico così minimalista, se maggiormente caratterizzati avrebbero aiutato a tratteggiare e far emergere meglio il carattere dei personaggi.

Il maestro Francesco Ivan Ciampa, espone fin dalla Sinfonia iniziale – eseguita con efficace piglio drammatico – la sua visione particolarmente incalzante dell’opera, conferendo al susseguirsi dei diversi quadri una certa unitarietà a scapito di alcuni momenti di maggior flessibilità del fraseggio. Di particolare effetto i ricercati pianissimi.

Anna Pirozzi, al suo debutto nel ruolo di Leonora, affronta la parte con sicura spavalderia, sfoderando una voce corposa e svettante negli acuti. Nonostante una «Vergine degli Angeli» a fil di voce, il suo temperamento ha adombrato il lato intimo e spirituale del personaggio.

Dotato di voce squillante e dallo splendido smalto, Luciano Ganci, malgrado qualche incertezza nell’impervia aria «La vita è inferno all’infelice», è un don Alvaro personale e credibile.

Partito in difesa, Kiril Manolov si è scaldato nel corso della serata, tratteggiando un don Carlo di Vargas eloquente e autorevole.

Ottima la Preziosilla di Judit Kutasi, voce piena e ben amministrata, attenta alla dizione e particolarmente disinvolta in scena.

Marko Mimica, è un Padre guardiano di tutto rispetto, grazie a una voce dal colore nobile e a una bella presenza scenica, che ha conferito al ruolo la giusta ieraticità.

Straordinario vocalmente e scenicamente il Fra Melitone di Marco Filippo Romano, che nei suoi brevi interventi ha saputo mettere in luce lo spirito del personaggio tanto caro a Verdi.

In parte Mattia Denti nei severi panni del Marchese di Calatrava così come il ben caricaturizzato Mastro Trabuco di Marcello Nardis. A completare il cast i puntuali interventi di Cinzia Chiarini e Juliusz Loranzi.

Ricco di colori il coro del Teatro Municipale di Piacenza istruito dall’eccellente maestro Corrado Casati.

Il pubblico piacentino al termine della serata ha salutato con generosi applausi tutto il cast.

Gian Francesco Amoroso
(18 gennaio 2019)

La locandina

Direttore Francesco Ivan Ciampa
Regia Italo Nunziata
Scene Emanuele Sinisi
Dipinti Hannu Palosuo
Costumi Simona Morresi
Luci Fiammetta Baldiserri
Assistente alla regia Riccardo Buscarini
Personaggi e Interpreti:
Il marchese di Calatrava Mattia Denti
Donna Leonora Anna Pirozzi
Don Carlo di Vargas Kiril Manolov
Don Alvaro Luciano Ganci
Il Padre guardiano Marko Mimica
Fra Melitone Marco Filippo Romano
Preziosilla Judit Kutasi
Curra Cinzia Chiarini
Mastro Trabuco Marcello Nardis
Un alcade Juliusz Loranzi
Orchestra Regionale dell’Emilia Romagna
Coro del Teatro Municipale di Piacenza
Maestro del coro Corrado Casati

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