Salzburger Festspiele 2017: Nell’Aida minimalista trionfano Muti e Netrebko

Con la direzione di Aida e una serie di concerti con i Wiener Philharmoniker il Festival di Salisburgo 2017 accoglie il trionfo di Riccardo Muti e, nel caso in cui fosse ancora necessario, consacra quest’ultimo imperatore della kermesse.  Il grande entusiasmo nella serata dedicata al Concerto n. 2 di Brahms (con Yefim Bronfman) e alla Sinfonia n. 4 di Tchaikovsky lo costringe letteralmente a chiedere al pubblico di terminare gli applausi. Riccardo Muti torna a dirigere Aida, che al Festspiele manca da trentasette anni e l’attesa è valsa la pena. L’Orchestra, impeccabile, lo segue accompagnando sapientemente i cantanti nelle loro intenzioni e descrivendo fascinose atmosfere. Lo slancio orchestrale fa di Muti il protagonista nei momenti più sinfonici come nella scena del trionfo e nei ballabili. Anche il finale è tutto suo: mentre il sipario scende sulle ultime parole proferite da Amneris nell’oscurità, una luce lo illumina sul podio mentre dirige le ultime note della sua Aida trattenendo il pubblico fino all’ultimo prima di un applauso quasi catartico.
Prima di questa edizione, Aida era stata rappresentata a Salisburgo, come si accennava sopra, soltanto due volte (1979 e 1980) in novantasette anni di storia del Festival; le edizioni passate avevano visto un cast stellare, con von Karajan, Freni, Carreras, Horne, Raimondi, Cappuccilli. Proporre Aida è stata una sfida, e in questo caso la scommessa sembra essere stata vinta grazie alla maestria di Muti, al valore di un cast omogeneo e all’atteso debutto di Anna Netrebko nei panni di Aida.
Aida sembra arrivare al momento giusto nel repertorio del soprano russo, naturalizzato austriaco, con la decisione di spingere la voce verso un repertorio più pesante. Chi segue la carriera della Netrebko non può dubitare che la cantante possieda il peso e l’estensione vocale che il ruolo richiede. Era invece attesa al varco dell’interpretazione. Aiutata da Muti, che ha fatto dell’aderenza filologica alla volontà del Cigno di Busseto la sua bandiera, Anna Netrebko disegna una credibilissima Aida, una tigre in gabbia che soffre per un sentimento che la pone in conflitto con Amneris e il suo stesso popolo. Il canto pastoso e penetrante si accompagna alla parola. “Ritorna vincitor” è un’invocazione addolorata tornita con un affascinante registro grave e penetranti acuti. Anna scolpisce “Numi Pietà” con un grande impatto emotivo. La grande aria del terzo atto “Oh patria mia” è risolta con un limpido Do filato dall’intonazione diamantina. Anna in scena è affascinante avvolta in un leggerissimo abito di veli azzurro come il colore dei suoi cieli natii.
Per quasi tutti questa è l’Aida di Riccardo Muti e Anna Netrebko. Tuttavia, da rilevare è l’ennesima conferma delle qualità canore di Francesco Meli anch’egli al debutto nel ruolo di Radames. Meli canta, fraseggia e interpreta un Radames che più che un impavido eroe è un entusiasta giovane guerriero, che aspira al ruolo trionfatore indomito che forse non gli appartiene del tutto. La vittoria sugli Etiopi è effimera (tanto che i vinti sono immediatamente pronti ad una nuova ribellione dopo la sconfitta). Meli è dotato di uno strumento vocale di rara bellezza con centri sonori e rotondi e pennella un “Celeste Aida” appassionato e sognante, dosando sapientemente la voce, ricca di tutti quei colori che il personaggio richiede: innamorato, tormentato e poi tradito.
Ekaterina Semenchuk impiega un po’ di tempo a scaldarsi. Le note gravi non sono particolarmente ricche e nelle scene iniziali appare poco incisiva. Tuttavia la sua è una prova che va in crescendo e che da il meglio di sé nella scena del processo a Radames e nella maledizione, dove sfoggia acuti sopranili. La cantante fortunatamente meno “esteriorizzata” nell’interpretazione rispetto alla recente Azucena della Royal Opera House a Londra, evitando poco eleganti note di petto.
Luca Salsi, baritono di grande musicalità, tratteggia un padre elegante nel canto, ma allo stesso tempo incisivo, senza mai essere cadere negli eccessi che spesso la “tradizione” riserva ad Amonasro. Ottima la prova vocale di Roberto Tagliavini come Faraone. Voce bella e tornita quella del basso parmigiano che ci auguriamo di sentire presto in ruoli piu’ importanti. Ottima Benedetta Torre nei panni della Sacerdotessa e di Dmitry Belosselskiy in quelli di Ramfis.
Perfetta la Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor, diretta da Ernst Raffelsberger.

La regia e’ affidata alla debuttante Shirin Neshat, artista iraniana conosciuta soprattutto per il suo lavoro nel cinema, nei video e nella fotografia. Neshat dichiara nel libretto di sala di non avere mai ascoltato il capolavoro verdiano prima di avvicinarsi a questo progetto. Il fresco approccio al teatro d’opera ha generato un’Aida spoglia di tutti i tradizionali stereotipi egiziani dell’epoca coloniale e al contrario ha messo al centro il vero motore della storia: l’amore tra Aida e Radames avversato da inconciliabili ragioni politiche e religiose. E’ un’Aida tendenzialmente statica, ma che non annoia, quella che va in scena nell’enorme Grosses Fetspielhaus con le scene di Christian Schmidt, che sembrano ispirarsi al Brutalismo.
Le luci, di Reinhard Traub sono usate sapientemente in un gioco di chiaroscuri e le proiezioni del popolo etiope, dei sacerdoti e dei riflessi delle acque del Nilo sono affascinanti. Belli i costumi di Tatyana van Walsum che conferiscono ai religiosi egiziani tratti cristiano-ortodossi e agli etiopi caratteristiche del popolo ebreo. Durante la scena del Trionfo non si assiste a nessuna finta parata militare. Potere religioso e politico rimangono seduti sui loro scranni mentre le scene, girando, rivelano la paura del popolo etiope che aspetta di essere chiamato di fronte ai vincitori.
I balletti, coreografati da Thomas Wilhelm diventano una danza di minotauri scheletrici che appaiono più presagio di morte che di festa.
La serata si è chiusa su applausi scroscianti per tutti e il trionfo di Muti.

Thomas Gobbetti

(Salisburgo, 12 agosto 2017)

La locandina

Il Re Roberto Tagliavini
Amneris Ekaterina Semenchuk
Aida Anna Netrebko
Radamès Francesco Meli
Ramfis Dmitry Belosselskiy
Amonasro Luca Salsi
Un Messaggero Bror Magnus Tødenes
Sacerdotessa Benedetta Torre
Direttore Riccardo Muti
Regia Shirin Neshat
Scene Christian Schmidt
Costumi Tatyana van Walsum
Luci Reinhard Traub
Video Martin Gschlacht
Coreografia Thomas Wilhelm
Drammaturgia Bettina Auer
Wiener Philharmoniker
Konzertvereinigung Wiener Staatsopernchor
Maestro del Coro Ernst Raffelsberger

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