Fano: un Falstaff di vero teatro
Debutto festoso ieri sera al Teatro della Fortuna di Fano per il Falstaff prodotto dalla rete Lirica delle Marche, terzo titolo dopo Trovatore e Così fan tutte.
Bisogna assolutamente menzionare due ricorrenze, o forse coincidenze, legate all’evento: la prima è che il 9 febbraio è proprio la data in cui l’ultima fatica teatrale di Giuseppe Verdi debuttò trionfalmente a Milano nel 1893 nell’ambito della stagione di Carnevale e Quaresima del Teatro alla Scala, la seconda è che con questo Falstaff si vuole anche rendere omaggio al celebre baritono marchigiano Sesto Bruscantini, di cui ricorre quest’anno il centenario della nascita.
Bruscantini, nato a Civitanova Marche (Mc) nel 1919 non ha bisogno di alcuna presentazione; la sua voce, il suo fraseggio, l’aderenza stilistica ad ogni personaggio interpretato saranno eternamente ammirate dai melomani di ogni generazione grazie alle tante testimonianze a disposizione, e la memoria di coloro che ebbero la fortuna di ascoltarlo nel 1976 come Falstaff allo Sferisterio di Macerata, circondato da Panerai, Benelli e Fedora Barbieri, ci tramanda un Sir John di un’eleganza scenica e interpretativa che difficilmente avrà pari nella storia.
La reverenza di Mrs Quickly in questo caso andrebbe fatta di fronte all’intelligente e suggestivo spettacolo di Roberto Catalano, giovane e promettente regista, il quale è riuscito a coinvolgere il teatro in un Falstaff dal sapore tutto novecentesco, un sogno ovattato dai colori pastello ma in odore di psichiatria.
L’ipotetica Windosor di shakespeariana origine, immaginata dallo scenografo Emanuele Sinisi e “vestita” da Ilaria Ariemme, non è né una noiosa cartolina illustrata né l’elegante campagna di oggi ormai nota solo come sfondo di nozze reali. Non importa se in scena si veda il Pub della Giarrettiera in cui sgherri, ubriaconi e fumatori giocano a biliardo oppure un elegante salotto borghese colora rosa o ancora un campo da tennis in cui Ford e i suoi amici si dilettano ma senza sporcarsi troppo i completini inamidati, tanto è comunque una “casa di pazzi” dove l’azione della commedia però, grazie al regista, si svolge in modo chiaro, moderno, divertente e senza mai strafare quindi diventa puro teatro.
Per Falstaff il treno in scena passa più di una volta ma se ne accorge sempre troppo tardi, ha sognato e si è divertito troppo da giovane, ormai la vita lo ha gettato in un angolo, accatastato insieme ai suoi stessi giocattoli, lattine, rifiuti quasi un accumulatore seriale emarginato e schifato per il suo cattivo odore.
A volte è comico, a volte fa pena, a volte beve una birra di troppo, il sovrappeso avanza, è un povero illuso che pensa ancora di sedurre citando i Rolling Stones e sfoderando un fascino da rock star anni ’70 ma che si ritrova in un lettino psichiatrico solo e costretto finalmente a riflettere. Sir John ricorda gli scherzi, le scorribande e le conquiste del passato – “l’uom non si corregge” canta Alice – ma le amarezze e le delusioni dovute alle risa dei borghesi moderni fanno male nell’animo, e i concerti giovanili carichi di entusiasmo non portano alcuna consolazione anzi svaniscono in un nebbioso relativismo foriero di depressione.
Allora meglio ridere in maniera contagiosa e spensierata come fanno le signore per bene di Windsor? Non si sa, ma se uscire dalla burla della vita è solo un’illusione, nessuna illusione è più commovente dell’amore di Fenton e Nannetta che nel secondo atto si nascondono amoreggiando sotto il tappeto e coroneranno il loro sogno con l’approvazione di papà Ford, dandy elegante, gelosissimo di sua moglie, desideroso per sua figlia di un matrimonio “per bene” con un Dr. Cajius che però si stropiccia sempre il naso e non sta mai fermo chissà… Ford è magro e ben vestito, ha modi manierati quasi effeminati, da bravo borghese benestante ripudia solo lontanamente l’idea di portare le corna, è un uomo piccolo, legato a magre soddisfazioni, almeno Sir John ha avuto la fortuna di sognare nella sua misera vita.
La notte della burla stregata nel quadro finale è resa in maniera molto suggestiva anche grazie alle luci di Fiammetta Baldiserri, peraltro azzeccate in tutte le scene dello spettacolo.
Il palco è dominato da un grande lenzuolo in cui rami verdeggianti rimandano alla quercia di Herne che viene calato dall’alto e steso a terra, sopra di cui tutti i protagonisti mascherati si prendono gioco per l’ennesima volta di Sir John ma state attenti: “Tutto nel mondo è burla”, e Falstaff in proscenio ci ricorda che siamo tutti gabbati non solo lui, questa è la vera burla. Come in un pigiama party, i bambini e tutto il coro si divertono non sapendo che il tramonto giungerà anche per loro, tra cuscinate finali la scena si chiude in un trionfo di piume svolazzanti e un pubblico felicissimo.
Sul podio Francesco Cilluffo, sabaudo ed elegante, ma energico e vigoroso quando la partitura chiama, restituendo una lettura equilibrata che mai si prende troppo sul serio, talmente giusta dal punto di vista musicale e della tenuta teatrale da non lasciare dubbi sul fatto che questa oggi sia la strada che un giovane direttore in ascesa dovrebbe seguire per interpretare un Verdi moderno. Buona e omogenea l’Orchestra Sinfonica Rossini. Per questa prima coproduzione nazionale della Rete Lirica delle Marche con il circuito di OperaLombardia e il Teatro Marrucino di Chieti, si è scelto un cast giovane, tutti bravissimi.
Nel ruolo del titolo il georgiano Misha Kiria, mattatore e trionfatore della serata, dotato in natura di una voce impressionante che egli domina a meraviglia, alleggerendo e sfumando dove necessario, tuonando quando è giusto mostrare lo strapotere di un mezzo privilegiato.
Le bravissime Sarah Tisba (elegante Mrs Alice Ford), Maria Laura Iacobellis (intonatissima e applauditissima Nannetta), Daniela Innamorati (una Mrs Quickly talmente centrata che rimarrà impressa nello spettatore) e Giuseppina Piunti (sofisticata Mrs Meg Page) compongo un perfetto quartetto femminile che ci ricorda più Desperate Housewives tra yoga, solarium, beauty farm e frullati di vitamine, più che non allegre comari di campagna.
A loro si aggiungevano: Paolo Ingrasciotta, un Ford perfetto dal canto sfumato e buon fraseggio, Matteo Roma, Fenton giovane e intonatissimo innamorato, Ugo Tarquini spiritoso Dr. Cajus, Simone Lollobattista, Bardolfo di rango, e il bravo Pietro Toscano (Pistola).
Il Coro del Teatro della Fortuna “Mezio Agostini” è stato ben diretto da Mirca Rosciani.
Il pubblico ha dimostrato di apprezzare con vivo entusiasmo questo modernissimo Verdi “di provincia” che sembrava più una pungente comedy dolceamara di Woody Allen invece che una polverosa opera di fine Ottocento.
Renato Olivelli
(9 febbraio 2019)
La locandina
Direttore | Francesco Cilluffo |
Regia | Roberto Catalano |
Scene | Emanuele Sinisi |
Costumi | Ilaria Ariemme |
Luci | Fiammetta Baldiserri |
Sir John Falstaff | Misha Kirja |
Ford | Paolo Ingrasciotta |
Fenton | Matteo Roma |
Dottor Cajus | Ugo Tarquini |
Bardolfo | Simone Lollobattista |
Pistola | Pietro Toscano |
Mrs Alice Ford | Sarah Tisba |
Nannetta | Maria Laura Iacobellis |
Mrs Quickly | Daniela Innamorati |
Mrs Meg Page | Giuseppina Piunti |
Orchestra Sinfonica “Gioachino Rossini” di Pesaro | |
Coro del Teatro della Fortuna “Mezio Agostini” | |
maestro del coro | Mirca Rosciani |
Condividi questo articolo