A Montpellier il Don Pasquale è bilingue

Da non perdere, riproposto per un mese in streaming su Youtube, il Don Pasquale  di Gaetano Donizetti, su libretto di Giovanni Ruffini, andato in scena al Théatre national de l’Opéra di Montpellier nel 2019, prima che scoppiasse la pandemia da Coronavirus. Quando i teatri erano pieni di gente, gli spettacoli si davano per un pubblico in carne e ossa, e gli amministratori erano liberi d  sperimentare, l’ultima opera buffa di Donizetti è stata l’occasione di un magnifico progetto. Il cast dei cantanti era, ed è, affiancato da due mimi che li accompagnano con la lingua dei segni. Riservate le prime due file di poltrone ai sordomuti, questi ultimi potevano dalla platea percepire le vibrazioni dell’orchestra e immaginare grazi ai gesti degli attori i suoni della melodia. Premiatissimo per la trovata che supera di gran lunga le bambole di pezza che abbiamo visto servire da controfigure inanimate in un’Aida all’Opéra Bastille, il Don Pasquale messo in scena da Valentin Schwarz a Montpellier è una miniera di soluzioni felici.

Durante l’ouverture, restituiuta con meravigliosa pulizia in tutta la sua grandiosa briosità di tempi dall’Orchestre national Montpellier Occitanie diretta da Michele Spotti, Don Pasquale entra in scena con la sua chioma canuta, mentre sta leggendo un libro seduto su una poltrona e intorno a sé ricrea tutto un mondo fantastico. La sua tana è una prodigiosa Wünderkammer, dove il nipote per isolarsi ha piantato una tenda gialla. Tanto il vecchio zio, interpretato dal baritono Bruno Taddia, è algido, misurato, composto, quanto scomposto è il nipote Ernesto, giovane, ribelle, contestatore freak e abnorme nella sua t-shirt XXL su bermuda “zumpafosso”. Norina, giovane e iconoclasta come lui, ha lunghi capelli lisci turchesi e una guaina in lurex squamata che la fa sembrare una sirena, prima che prenda le fattezze da  menade. Don Pasquale, il vecchio vedovo desideroso di convolare a nozze, perde la testa per lei, quando le appare biancovestiva nelle vesti virginali dell’educanda Sofronia Malatesta, coperta fino ai polpacci da  un velo bianco, mentre il fratello, amico di Ernesto, un tipo altissimo e assai aitante, propizia gli sponsali in abito talare.

Don Pasquale passa dall’iniziale aplomb, issandosi da terra su una fune come un cavaliere antico, con tanto di elmo chiomato e armatura medievale, per scivolare poi in modo inconsulto ai piedi della sua bella, e perdere l’atletica compostezza iniziale un crescendo di smarrimento, segnalato dalla progressiva confusione tricologica che dalle ciocche pettinate del primo atto finisce nel groviglio arruffato del terzo, corrispettivo oggettivo del disordine mentale che lo sconvolge fino all’annientamento e alla follia, mentre Norina imperversa, prima  da padrona di casa implacabile,  poi da vera  fidanzata  di Ernesto, che libera il vecchio zio dalla prigione coniugale, col rischio però di perdere il nipote.

Vivace la regia di Valentin Schwarz, tutta giocata sul registro della crudeltà giovanile, con alcune soluzioni fantasiose e spesso commoventi, come quando per esempio Norina, invece di prendere a schiaffi Don Pasquale, gli spezza in testa un violino, che  il vecchio arcigno poi si mette a riparare con un vasetto di colla, e ancora più struggente, quando, alla fine, impietosita dalla follia del finto marito, gliene regala uno nuovo, cercando poi di riconciliarsi con Ernesto che ì sentendosene tradito, a sua volta, il suicidio. All’inizio del terzo atto, un intermezzo da discomusic precede l’incontro tra Norina e Don Pasquale, coi tre giovani che davanti al sipario calato sentono l’eco di una canzone di Ricky Martin, e si mettono a ballare, domandandosi se andare in discoteca. “Vacci tu”, risponde Norina, ormai coi capelli corti da maschiaccio, perché si sente esclusa. Julia Muzychenko, giovane soprano russo di grandissime speranze, ha una voce da soprano lirico leggero, ma ì di un certo spessore, con grandi capacità nei filati e nel canto a fior di labbro. Edoardo Milletti è un Ernesto molto energico, con una brunitura che talvolta può risultare persino eccessiva, ma  affronta una parte assai impervia del repertorio piazzando un sonoro re bemolle alla fine della difficile cabaletta. Il Dottor Malatesta di Tobias Greenhalgh è un gran bell’uomo, molto prestante, anche se vocalmente lo si vorrebbe più attento a curare il legato della preziosa scrittura di Donizetti; vocalmente perfettibile resta invece il notaio giapponese, Xin Wang, anche se indossa strepitosi occhiali scuri anni Cinquanta azzeccatissimi. Indiscusso mattatore il baritono Bruno Taddia nel ruolo del titolo: alle doti di attore, agilissimo, atletico, sempre molto reattivo, unisce il gran panache del cantante che si rivela gagliardo nell’aria “Un foco insolito”, e scava alla perfezione nei recitativi e nella parola scenica. Chapeau!

Marina Valensise
(6 maggio 2021)

La locandina

Direttore Michele Spotti
Regia e luci Valentin Schwarz
Scene costumi e luci Andrea Cozzi
Personaggi e interpreti:
Don Pasquale Bruno Taddia
Norina Julia Muzychenko
Ernesto Edoardo Milletti
Dottor Malatesta Tobias Greenhalgh
Il notaio Xin Wang
Orchestra e coro dell’Opéra National Montpellier Occitanie
Maestro del coro Noëlle Gény

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