Alessandro De Marchi, Merope e le Innsbrucker Festwochen
Il prossimo 7 agosto all’Innsbrucker Festwochen der Alten Musik andrà in scena per la prima volta in tempi moderni la Merope di Riccardo Broschi e sarà occasione per riscoprire la musica di un compositore che per molto tempo è stato considerato solo come “il fratello di Farinelli”. Ne parliamo con Alessandro De Marchi, che del festival è Direttore Musicale dal 2010.
- Quello delle Innsbucker Festwochen der Alten Musik è uno dei festival barocchi più longevi e tra quelli che non hanno mai visto appannarsi la qualità delle proposte. Qual è il segreto del suo successo?
Naturalmente un successo così grande e duraturo non si crea in un giorno. In più di cinquant’anni di Festwochen il nostro pubblico è stato abituato al repertorio e alla qualità delle proposte. Non a caso ora ci ripaga con affetto e con una grandissima fedeltà.
Credo poi che l’unicità e rarità della programmazione, in un mondo dove è sempre più facile ascoltare i titoli più conosciuti di Händel, Monteverdi e Vivaldi, faccia il resto.
- Perché, secondo lei, in Italia il repertorio barocco non gode ancora del successo che riscuote in tutto il resto d’Europa e segnatamente nell’Europa del Nord?
Il fenomeno è vero ma in questo momento in controtendenza. Grandi teatri come la Scala, il Teatro Regio di Torino, la Fenice di Venezia stanno dimostrando grande intelligenza nel programmare titoli barocchi che altrove in Europa già appartengono al repertorio standard.
In generale si può dire che la grande tradizione italiana dell’ottocento e del primo novecento, che ci ha abituati alle grandi voci, poco si conciliava con il gusto dei pionieri barocchi per delle voci che si possono considerare da camera. Da quando anche voci importanti si sono affacciate al barocco anche molti melomani italiani si sono riavvicinati a questo repertorio.
- Quanto è importante il repertorio antico per poter comprendere la musica successiva, intesa anche come la produzione contemporanea? Sia nella fruizione che nell’esecuzione?
Il percorso cronologico è per l’interprete senz’altro il percorso più sensato. Tenendo presente poi che a ben vedere non esistono in verità stili musicali inamovibili ma, nella storia della musica, possiamo scorgere solo e solamente periodi di transizione, l’idea di avere una coscienza del divenire stilistico diviene ancora più fondamentale. Anche l’ascoltatore medio oramai mal sopporta interpretazioni non storicamente informate.
- La filologia e l’esecuzione storicamente informata stanno alla base di una corretta resa della musica barocca. Come si coniuga tutto questo con l’interpretazione personale? Quanto è affidato al gusto dell’interprete?
Due sono gli elementi fondamentali dell’interpretazione del barocco: il “fondamento” e il “capriccio”. Formarsi una più ampia possibile conoscenza delle fonti e delle prassi esecutive, impadronirsi del linguaggio dell’epoca fino a poter quasi comporre e improvvisare come i musicisti antichi è senz’altro importantissimo per acquisire questo “fondamento”, la base di regole e precetti necessari per raggiungere la purezza dello stile. Ma la necessarissima parte “capricciosa” dell’interpretazione si può solo raggiungere dimenticando tutto e lasciando parlare l’intuizione e il gusto personale, affondando senza remore nell’inconscio. Per questo la gran parte degli interpreti barocchi non si assomigliano affatto.
- Ci parla un po’ della Merope che vedremo in scena il prossimo agosto?
Si tratta di un’opera di Riccardo Broschi, fratello del castrato Carlo Broschi meglio conosciuto come Farinelli, su libretto di Apostolo Zeno. Fu composta nel 1732 per il teatro di Torino dove fu eseguita, unitamente ad un cast di altissimo livello, dal Farinelli stesso. È un’opera scritta nel tipico stile dell’opera seria napoletana e andò in scena a Torino unitamente a tre grandi interventi di danza alla fine degli atti.
Parte della restituzione che avverrà ad Innsbruck in agosto sarà proprio la ricostruzione delle danze basate su alcuni schizzi manoscritti del compositore torinese Carlo Alessio Rasetti oggi conservati nella biblioteca del conservatorio di Santa Cecilia di Roma.
Lo stile delle danze in uso a Torino in quell’epoca era prettamente francese, ci troveremo quindi di fronte ad una interessantissima commistione di stile italiano e francese. Jean Marie Leclaire, sommo violinista e compositore, era in quegli anni maestro di danza a Torino.
Anche musica sua verrà danzata in una versione da me realizzata per orchestra dalla prima e dalla seconda Recréation de musique.
- Ultima domanda. Come sarà la nuova orchestra che prende il posto dell’Academia Montis Regalis?
La nuova orchestra sarà l’orchestra stabile delle Festwochen di Innsbruck e sarà formata da musicisti di varie provenienze. Accoglieremo molti dei musicisti con i quali ho già avuto modo di lavorare in varie orchestre. Sogno di questo gruppo è diventare ambasciatore del festival, di Innsbruck e del Tirolo nel mondo, portando anche altrove le meravigliose produzioni che vengono realizzate da noi in estate.
Alessandro Cammarano
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