Alex Esposito: l’opera è una cosa per giovani

Alle Vestali della “tradizione – quelli che “Povero (dire il nome del compositore)!” strillato dai loggioni e che “non ci sono più le voci di una volta” o ancora “l’opera non ha ricambio di pubblico” – risponde Alex Esposito.

  • Di tanto in tanto si levano cori che piangono la morte dell’opera o la scomparsa delle voci. Perché?

Il perché andrebbe chiesto a loro ma è una vecchia abitudine che si ripete nel tempo e da tempo, lo stesso Rossini ironizzava su questo modo di pensare ‘La musica a’ miei tempi era altra cosa. Ah! quando, per esempio, cantava Caffariello quell’aria portentosa’. Per quanto riguarda invece le voci, fortunatamente ci sono e non sono scomparse, ma è cambiato il gusto com’è giusto che sia e come cambiano tutte le cose con il trascorrere degli anni. Se si sentono le registrazioni di Gigli, ad esempio, o dei suoi contemporanei troviamo un modo completamente diverso di cantare da quello in voga già 10-20 anni dopo. Come poi si è arrivati alla Callas e dalla Callas siamo passati al modo di cantare degli anni ’70  e ’80 e così via. Rimanere ancorati alla frase ‘ma in quegl’anni si cantava così’ è un modo di pensare molto antiquato, come se l’età desse la chiave della conoscenza ma non sempre è così e di sicuro non lo è in ogni campo. Sono appunto gusti ma che si possono cambiare e sperimentare, se si vuol vivere nell’oggi e non sempre nel passato. Una mia cara amica che ebbe la fortuna di sentire il “Mefistofele” con Nicolai Ghiaurov alla Scala ricorda che quella sera gli sembrava di assistere ad una cosa stratosferica ma i loggionisti presenti le facevano notare che loro avevano sentito Cesare Siepi in quel ruolo e via di paragoni…già all’epoca, e tra quelle due voci…

Comunque fortunatamente questi cori son smentiti nei fatti perché da quando i Teatri hanno riaperto c’è stata una corsa al botteghino in ogni parte d’Italia e del mondo e da quando la capienza è tornata al 100% si son rivisti molti sold out. I cori – come nell’opera – iniziano e finiscono ma quello che conta è il segnale che il pubblico ha nuovamente dato al Teatro, non facendo mai mancare il suo appoggio e la voglia di ‘esserci’.

Purtroppo sai quando rischia di morire? Quando alcune persone che l’Opera dovrebbero rifenderla, perché magari ne fanno parte anche se solo in maniera incidentale, si ergono a giudici supremi e con un certo snobismo iniziano a pontificare su quale compositore sia meglio di altri, a imporre il proprio gusto come universale, a liquidare titoli o periodi teatrali che per anni hanno riempito platee (e fortunatamente continuano a farlo) come ‘brutti’ o ‘inferiori’ spesso a priori e come detto per una sorta di snobismo che frena la curiosità, principalmente la loro, ma rischia di limitare anche l’interesse altrui verso un mondo ed un repertorio che fortunatamente è così vario da essere inesauribile.

  • Secondo te l’opera è una forma di spettacolo “per vecchi”? A me sembra di no.

Neanche a me. Sicuramente è una forma di spettacolo antico, ma non vecchio e sta a noi non farlo diventare “per vecchi”. Quando noi facciamo un tipo di Arte solo celebrativa, contemplativa, priva di contenuti, consolatoria direi (e l’Arte non deve essere consolazione ma deve smuovere gli animi, deve far pensare), allora facciamo qualcosa di vecchio e per vecchi. Quando vai a teatro ciò che hai visto deve seguirti anche fuori dalla sala, continuare dopo lo spettacolo. Se quando si siedono al ristorante iniziano subito a parlare di altro, come se nemmeno avessero visto uno spettacolo, allora vuol dire che ciò a cui hanno assistito è già stato dimenticato. Il Teatro deve continuare al ristorante, a casa, il giorno dopo, i giorni dopo, sull’autobus, quando il pubblico di rincontra e lo commenta (magari anche discutendo). Quando il tutto viene risolto solo con un ‘Sì, bellissimo!’ allora c’è poco da gioirne perché lì sta il fallimento in quanto è stato fatto qualcosa di contemplativo, che mette d’accordo tutti ma felici e contenti se ne tornano a casa senza niente, senza un arricchimento. Questa è una forma d’arte vecchia! Come ho detto varie volte le opere liriche, così come i drammi teatrali, son stati concepiti e scritti in periodi storici ben precisi proprio per denunciare o deridere aspetti e cose negative di tutti noi infatti son traslabili a qualsiasi epoca. Solo entrando in quest’ottica si capisce che questa forma d’arte, così come molte altre, non è vecchia o bloccata al momento in cui è stata creata ma sta a noi renderla sempre attuale traducendo con il linguaggio di oggi i codici del sempre.

  • La voce non è tutto. Che cosa serve ad un cantante per fare quel salto di qualità che lo faccia emergere?

Non è tutto, assolutamente vero. Anzi, ad essere generoso voglio dire che la voce conta il 50%. In audizione o nei concorsi si sentono voci bellissime, ben impostate che però in teatro son tutt’altro. Perché il Teatro è un’altra cosa. Il Teatro non è un concerto, ci vuole personalità, malleabilità perché quando ti trovi di fronte ad un regista che fa determinate richieste per creare un personaggio tu devi essere pronto a mettere in discussione tutto quello che pensavi fino ad allora su quel personaggio e allo stesso modo, ad esempio, se dopo due mesi ti trovi a fare lo stesso ruolo in una nuova produzione con un regista diverso devi essere ancor di più malleabile da lasciare tutto quello fatto prima per spogliarti e farti rivestire nuovamente da lui. Servono i nervi, questo sì, perché la voce e lo stato d’animo non è mai lo stesso, non sono quelli di ieri e non sono quelli della settimana prima, per questo i nervi devono essere saldi, serve la disciplina, il sacrificio, perché quando scegli questa vita sai che sei come ‘immolato’ a questo. Sei sempre in giro, da solo, per questo chi inizia questo mestiere ed intende farlo così, con tutte queste variabili di quella che potremmo chiamare dedizione, deve essere conscio di ciò che perde, di quello che lascia. Da fuori si vede sempre il lato dorato di questo mondo ma è solo la punta dell’iceberg e non si conosce tutto ciò che c’è sotto. Poi ovviamente e fortunatamente le soddisfazioni sono tantissime ma non si raggiungono appunto solo con la voce.

  • Tu ti dedichi molto alla diffusione dell’opera nelle scuole. Quale risposta ricevi dai ragazzi?

Sì, quando ho tempo tra un impegno e l’altro mi ci dedico molto e molto volentieri. Penso sia una cosa necessaria farlo. Da quando ho la mia casa in campagna ho imparato molto dalla terra e l’orticello va coltivato già dall’Inverno vangando, concimando, seminando al tempo giusto, innaffiando anche quando non vedi le piantine perché comunque sai che poi ci saranno. Allora sì, solo così ad Agosto e Settembre raccoglierai i frutti. Ecco, così dobbiamo fare anche noi e mi ricollego alla prima domanda per dire che l’Opera muore se non la diffondiamo così. Bisogna andare nelle scuole, raccontare, spiegare il perché noi facciamo questo mestiere e quali sono state le emozioni che abbiamo provato a nostra volta quando, magari alla loro età, eravamo spettatori. Questo cerco di trasmettere a loro, cercando di recuperare gli occhi di quel bambino, di quel ragazzo che andava all’Opera pensando già dal Lunedì al fatto che il Sabato o la Domenica sarebbe andato al Teatro Donizetti o al Teatro alla Scala per vedere qualcosa. E nel riaprire quegli occhi sognanti dell’Alex bambino cerco di trasmettere loro quell’emozione, quello stupore provato ogni volta che si alzava il sipario, la curiosità di capire come facessero a realizzare certi effetti, a cantare in quel modo. Solo così riesci a stimolare il loro interesse, anche raccontando i trucchi del mestiere, cosa c’è dietro la macchina teatrale, cos’è il palcoscenico visto da entrambi i lati della famosa quarta parete. Fare proselitismo su questo è importantissimo perché chiaramente il bambino nasce vergine, la sua mente è una spugna e sta a noi far sì che venga intrisa di code belle per alimentare la loro voglia di conoscere. Per questo tutti coloro che fanno parte del mondo dell’Opera e che lo amano dovrebbero sentire questa diffusione verso i più giovani come una missione e cominciare ad entrare nelle scuole, non solo quelle di canto, per far conoscere questo mondo, per educarli a ciò che noi viviamo quotidianamente (fortunatamente non solo come un lavoro) e vi assicuro che la risposta che si riceve da questi ragazzi è entusiasmante ed il sapere che anche se non adesso, ma magari con calma, alla prima occasione che gli si presenterà davanti anche solo una piccola parte di ciò che hai cercato di trasmettergli potrà far sì che si innamori del Teatro ecco, questa è una delle soddisfazioni più belle che si possa provare.

  • Alle frasi “Se il regista vuole cambiare il libretto si scriva un’opera sua” o “Povero Verdi” (o Mozart o Rossini…) che cosa rispondi?

Mah, se son contenti così che lo dicano pure…

Io non ho mai incontrato registi che volessero cambiare il libretto dell’opera ma magari che vogliono far parlare quei libretti con linguaggi e argomentazioni più attuali, proprio per non renderli vecchi.

Veramente non saprei cosa rispondere a chi si bea di queste frasi fatte perché si tratta di un atteggiamento che non capisco e forse l’unico consiglio che mi sentirei di dare loro è di starsene a casa a guardarsi le vecchie VHS da ‘salotto buono di Nonna Speranza’ godendo sempre delle stesse cose viste e riviste e magari lasciando il posto in sala a chi il Teatro lo ama davvero e non va lì solo per sentire una carrellata di voci come fossimo sempre ad un concorso canoro.

  • Si dice che il mondo dell’Opera sia in mano alle Agenzie e per questo lavorino sempre i soliti cantanti. Cosa rispondi?

Non rispondo ma farò solo due esempi: ho visto cantanti con una discreta carriera essere perennemente scontenti perché non hanno mai fatto il cosiddetto salto di qualità  e per questo aver intrapreso una sorta di Via Crucis delle agenzie più quotate e più rinomate di quel momento ma per rimanere sempre allo stesso livello. Invece ho visto agenti alle prime armi scoprire in audizione o ai concorsi ragazze e ragazzi che allora erano dei Signor Nessuno ed essere diventati grandi in due.

Quindi invece di dar sempre la colpa agli altri dei propri insuccessi e delle proprie insoddisfazioni, immaginando chissà quali trame nascoste, bisognerebbe pensare a cosa poter fare noi per riuscire nel salto di qualità invece di restare immobili adducendo scuse come “Loro lavorano perché…”.

Certo, che qualcuno possa avere una spinta più di un altro non è da escludere ma se poi rimane sulla cresta dell’onda per molto tempo vuol dire che le qualità le aveva a prescindere, perché non si può ingannare pubblico e critica per un lungo periodo solo perché hai alle spalle una determinata agenzia o sei amico di.

Purtroppo o per fortuna questo non è un mondo per tutti, come dicevamo prima sono troppi gli ingredienti che servono per fare carriera o un certo tipo di carriera. Non basta cantare solamente, bisogna far Teatro, si tratta di una cosa molto più grande, molto più ampia. Essere un cantante d’opera è una cosa complessa, più del cantante di musica leggera o dell’attore di prosa, se posso permettermi e senza rischiare di sembrare supponente.

Quante volte è capitato di vedere persone fare il botto ad un concorso per poi dimostrarsi del tutto inadeguate per fare del teatro d’opera? E in questi casi non c’è agenzia che possa difendere l’indifendibile poiché la prova del nove sono le assi del palcoscenico, l’alzata del sipario, il giudizio del pubblico.

Alessandro Cammarano

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