Alla Biennale Musica due concerti per quattro visioni della Voce

La terza giornata della Biennale Musica 2021 – che giova ricordare porta quest’anno il titolo Choruses – si è rivelata una rappresentazione paradigmatica sull’evoluzione della voce nella Musica Nuova e del suo impiego non solo come “mezzo” ma anche e soprattutto nella sua imprescindibile funzione espressiva. Protagonisti due ensemble vocali – i Neue Vocalsolisten, Leone d’Argento di quest’anno, e il Theatre of Voices – tra di loro diversissimi e tuttavia capaci di promuovere approfondimenti di grande fascino ed interesse.
Nel concerto pomeridiano al Teatro alle Tese – all’interno di un Arsenale popolato degli “spazi in cui vivere” della Biennale Architettura, per inciso una delle più belle di sempre – i Neue Vocalsolisten eseguivano due impaginati in qualche modo tra di loro speculari eppure legati dal filo sottile del rispetto esulando da qualsiasi “comprensione” o “condiscendenza”, che equivarrebbero ad un giudizio morale.

In Amo – commissione della Biennale di Venezia in prima esecuzione assoluta – George Lewis si concentra sulla figura Anton Wilhelm Amo, ghanese deportato quattrenne nel 1707 come schiavo in Germania e ricevuto in dono dal duca Augusto Guglielmo di Brunswick che gli garantì l’istruzione. Amo, divenuto filosofo, scrive un testo dal titolo “Disputa filosofica contenente un’idea distinta di quelle cose che attengono alla nostra mente o alla nostra parte viva e organica”; questo il punto di partenza del lavoro di Lewis – in cui la ricchezza della scrittura si pone immediatamente in luce con evidenza quasi prepotente – che lavora su un testo multilingue, dal latino all’olandese, dal tedesco al twi (la lingua madre di Amo) a sottolineare il sostanziale ecumenismo della natura umana. Scrittura ricca, si diceva, con le voci portentose e incredibilmente duttili dell’ensemble tedesco che grazie all’elettronica si sdoppiano spazializzandosi in un gioco di rimbalzi sonori fascinosi ed inquietanti il tutto in un contesto sonoro ed estetico della Tafelmusik.

Die Enfachen del moscovita Sergej Newski – commissione di Musik für Jahhundert qui in prima esecuzione italiana – arriva come un salutare cazzotto nello stomaco, capace di stordire e al contempo di aprire la mente ad un esame che mette in crisi certezze e convinzioni, il tutto in una drammatizzazione che va oltre il teatro di denuncia o di impegno sociale calandosi interamente in ciò che la musica d’oggi dovrebbe fare sempre, ovvero raccontare il presente, anche attraverso l’attualità del passato, per “scomodo” che sia.

Newski affonta la storia dell’omosessualità – vissuta con libertà nella Russia postrivoluzionaria degli anni Venti del secolo scorso e ferocemente repressa nel decennio successivo – partendo dalle ricerche condotte da Irina Roldugina e “drammatizzata” partendo dalle conferenze sulla natura della sessualità tenute in tutto il territorio russo dal neurologo Bechterev, che raccolse testimonianze e racconti di persone omosessuali, tra cui Nika Polyakov, un giovane siberiano che vive con assoluta serenità la sua sessualità e il suo amore ma che all’avvento di Stalin scomparirà senza lasciare traccia.
La musica è scabra eppure ricchissima nelle sue ruvidezze capaci di aprirsi in slanci di improvvisa dolcezza.

La narrazione affidata ai Neue Vocalsolisten, capaci ancora una volta di calarsi totalmente nel dettato musicale rendendolo vitalissimo attraverso scomposizioni e ricomposizioni degli elementi fonetici presenti, si arricchisce moltiplicandosi nella regia evocativa di Ilya Shagalov, che cura anche i video densi nella loro disarmante linearità fatta di volti in primo piano che diventano un tutt’uno con gli interpreti in scena, integrandosi con i calibratissimi live electronics di Alex Nadjarov.

Successo pieno per tutti, con numerose chiamate per interpreti e compositori.

Completamente diverso il concerto del Theatre of Voices – già applaudti e strabravi interpreti dell’opera di Kaija Saarihao (qui la recensione) la sera precedente – programmato a Ca’ Giustinian.

Il quartetto formato da Else Torp, Iris Oja, Paul Bentley-Angell, Jakob Bloch Jespersen offre una visione forse più apollinea rispetto a quella dei colleghi tedeschi – è impossibile non istituire un confronto vista la vicinanza dei due concerti – capaci di introiettare la dimensione dionisiaca della vocalità.

La musica di David Lang, per la cronaca salutato all’inizio della sua carriera come un innovatore iconoclasta, e Arvo Pärt è stata definita da qualcuno – e con certa qual ragione – “Contemporanea di successo”, ovvero “scritta oggi ma con uno sguardo al passato che la renda gradita al grande pubblico”.

The little match girl passion per quattro voci (2007), con le sue percussioni sempre in battere affidate ai solisti e un melodismo portato all’eccesso, risulta piacevole ma allo stesso tempo è responsabile di un considerevole aumento del tasso glicemico; un po’ come un Christmas pudding abbondante di zucchero e liquore che scalda ma stucca.

Va meglio con lo storico Stabat Mater di Pärt, la cui struttura è decisamente più complessa e permette al quartetto vocale di esibirsi al meglio – su tutti Paul Bentley-Angell e Else Torp – esibendo una ricchezza di fraseggio e colori screziata con gusto e misura.

Con loro il PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble ­– Filippo Fattorini violino, Luca Sanzò viola, Anna Maria Armatys violoncello –  convincente e puntuale, così come la direzione puntuale di Paul Hiller..

Anche qui il pubblico gradisce e applaude.

Alessandro Cammarano
(19 settembre 2021)

La locandina

Neue Vocalsolisten Johanna Vargas soprano acuto, Truike van der Poel mezzosoprano, Daniel Gloger contro tenore, Martin Nagy tenore, Guillermo Anzorena baritono, Andreas Fischer basso
Video, scene e regia Ilya Shagalov
Realizzazione live electronics Alex Nadjarov
Attori (video) Igor Bychkov, Gladston Mahib, Savva Savelyev, Uliana Lukina
Camera (video) Artur Bergart
Programma:
George Lewis
Amo per sei voci ed elettronica (2020, 25’) prima es. ass.
Sergej Newski
Die Einfachen per cinque voci (2021, 35’) prima es. it.
Theatre of Voices Else Torp soprano, Iris Oja mezzosoprano, Paul Bentley-Angell tenore, Jakob Bloch Jespersen basso
PMCE Parco della Musica Contemporanea Ensemble Filippo Fattorini violino, Luca Sanzò viola, Anna Maria Armatys violoncello, Tonino Battista coordinamento
Direttore Paul Hillier
Programma:
David Lang
the little match girl passion per quattro voci (2007, 35’)
Arvo Pärt
Stabat Mater per soprano, contralto, tenore, violino, viola, violoncello (1985, 25’)

0 commenti

Lascia un Commento

Vuoi partecipare alla discussione?
Sentitevi liberi di contribuire!

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.