Anna Maria Sarra, belcantista dall’anima straussiana
Alla vigilia della prima del Fidelio al Teatro Comunale di Bologna – il prossimo 10 novembre – incontriamo Anna Maria Sarra, giovane e già affermata interprete, che vestirà i panni di Marzelline nella produzione di Georges Delnon e sotto la bacchetta di Asher Fisch.
- Quando e come hai capito che il canto sarebbe diventata la tua professione?
Canto da quando ho memoria; nella mia famiglia abbiamo sempre cantato. La domenica mattina mi svegliavo con le canzoni di Mina e Lucio Battisti e la voce di mia madre, che cantava mentre mio padre suonava la chitarra. Mia mamma è una pianista, grazie a lei mi sono avvicinata alla musica classica. Però l’amore per l’opera deriva dai miei nonni materni.
Da ragazzina ho sempre saputo che l’arte avrebbe fatto parte della mia vita, anche se in realtà, dopo aver studiato al conservatorio di Matera, all’università mi sono iscritta a Medicina Veterinaria. Poi un giorno mi sono trovata di fronte a un bivio inevitabile ed ho semplicemente riflettuto che senza il canto la mia vita non sarebbe stata la stessa. La prima vera esperienza è stata a Roma, Opera Studio di Santa Cecilia. Li ho conosciuto Renata Scotto e poi Anna Vandi, una delle figure più importanti nel mio percorso.
La signora Scotto mi disse: «con la voce che ti ritrovi fra qualche anno potrai cantare quello che vorrai». E ho deciso che così sarebbe stato.
- Leggendo il tuo curriculum, si evidenzia una grande curiosità da parte tua per uno spettro piuttosto ampio di opere affrontate, che però insistono tutte su un “range” vocale ben preciso, segno di idee chiare sulla tua carriera. Quali sono i tuoi criteri di scelta?
Ho sempre avuto un approccio da strumentista nell’affrontare la musica e questo credo abbia influenzato le mie scelte. Ho una innata predisposizione per la musica del Novecento. Ho avuto modo di eseguire Britten, Strauss, Poulenc, Henze, Rhim, pur amando e cantando anche Monteverdi Bach e Händel. Credo che la natura mi abbia regalato uno strumento estremamente duttile e lo studio costante mi permette di affrontare parallelamente i repertori più vari. Mi piace pensare di avere un’anima Straussiana – il mio sogno è cantare Sophie nel Rosenkavalier – con una voce belcantista: recentemente ho infatti cantato Gilda, Adina e Norina, ruoli assolutamente perfetti per la mia vocalità. Il mio primo criterio di scelta? Probabilmente la curiosità. Poter studiare ed eseguire un certo tipo musica o di ruoli, permette di sperimentare e di scoprire diversi lati della personalità artistica di un cantante.
- Quanto è importante trovare i giusti insegnanti?
È fondamentale, ultimamente mi perfeziono con Mariella Devia. L’insegnante giusto non è solamente quello che ti insegna la tecnica corretta.
Andare a lezione di canto è come spogliarsi. È un momento estremamente delicato ed intimo, in cui si deve essere liberi di sbagliare, di sperimentare e di cercare. L’insegnante giusto è colui che capisce la tua voce ed è in grado di aiutarti nelle scelte.
In più ho sempre creduto che il teatro stesso sia una delle più grandi fonti di insegnamento. Ho avuto la fortuna di salirci molto giovane, è stata una scuola incredibile!
- Tra pochi giorni sarai Marzelline nel Fidelio al Teatro Comunale di Bologna. Personaggio non facilissimo da affrontare e che ha un rapporto, anche se involontariamente, ambiguo con la protagonista da cui è attratta credendola un uomo. Come hai costruito la tua interpretazione?
Marzelline è la figlia di un carceriere. È una ragazzina cresciuta in carcere, appunto, circondata da soli uomini. In un ambiente tutt’altro che leggero incontra Fidelio: in lui/lei vede qualcosa di diverso, che la fa innamorare. Fidelio la tratta con gentilezza pur, chiaramente, rifiutandola alla fine.
Relazionarmi con una donna, che interpreta un uomo in scena, è del tutto normale e spontaneo. Quando sono sul palco guardo con gli occhi del personaggio, non con i miei. È lo stesso processo che avviene quando devo affrontare i ruoli en travesti come Oscar o Jemmy. Mi sento loro. Sul palco, la naturalezza di Anna Maria, diventa quella dei personaggi che sto interpretando.
- Beethoven è tutt’altro che tenero con le voci; quali sono le difficoltà da affrontare?
Fidelio è un’opera difficilissima per tutti gli interpreti. È musica sofisticata e il testo è molto importante e da italiana si può pensare che cantare in tedesco sia la cosa più difficile. Chiaramente cantare e recitare in un’altra lingua inizialmente rende più complicata l’espressione di un concetto che nella propria lingua madre avverrebbe con naturalezza. Ma per questo bastano studio e pazienza: anche gli italiani possono cantare un tedesco corretto!
Ogni repertorio ha le sue regole. Lo stile di canto di Beethoven è rigoroso, strumentale e apparentemente non vocale. Ma dopotutto anche la nostra voce è uno strumento! E la bellezza sta proprio nel riuscire ad adattarlo alle scritture musicali più disparate.
- Cosa vedremo in scena?
Lo spettacolo che andrà in scena a Bologna, sotto la direzione di Asher Fisch e con la regia di Georges Delnon, è assolutamente fedele al libretto, nonostante la trasposizione negli anni ’70. Il messaggio di libertà che lo stesso Beethoven voleva esprimere con questa opera è ben evidente, anche solo nel mio personaggio, che è estraneo alle vicende politiche della storia ed il cui unico errore è quello di innamorarsi della persona sbagliata. Marzelline sogna l’amore, ma sogna anche la propria indipendenza: suona (dal vivo!) balla e canta quando è felice ed è determinata nel voler sposare l’uomo che ama davvero e a non accontentarsi. Il potere in quanto oppressione influenza le vite di tutti i personaggi dell’opera. Ma la forza dell’amore e della giustizia, almeno in quest’opera, regalano, seppur con retrogusto amaro, un lieto fine.
Alessandro Cammarano
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