Baden-Baden: Elektra fra i cassetti
Martedì 26 marzo è andata in scena sul palco del Festspielhaus di Baden-Baden la seconda delle tre recite di Elektra, il primo dei tanti capolavori della coppia Richard Strauss-Hugo von Hofmannsthal, con la regia di Philipp Stölzl e Philipp M. Krenn; in buca i Berliner Philharmoniker, sul podio Kirill Petrenko.
La prima cosa che mi ha sorpreso quando mi sono seduto è stata l’affluenza modesta. Per il galà wagneriano del giorno prima, la sala (tra le più grandi in Germania) era affollata, ma non stracolma; per questa recita di Elektra aveva aree semi-deserte. Che sia causato dalla riduzione di un turismo capace di sostenere gli alti prezzi dei biglietti, anche considerando gli ostacoli per il tradizionale bacino di turismo russo? O forse il Festival fatica a vendere titoli meno mainstream (o percepiti tali)? D’altronde, la compresenza di Baden-Baden con Salzburg e altri festival ed eventi in occasione delle festività pasquali è sempre stato un ostacolo che lo sfarzo un po’ superficiale e un turismo più interessato a passeggiate e bagni termali che alla musica hanno permesso di superare, al prezzo di un posizionamento nel mercato che poco si sposa con la spinta alla ricercatezza dei repertori e dei progetti. Certo, un Festival che fatica a vendere un’ Elektra come quella oggetto di questa recensione non sembra nelle migliori condizioni.
Non credo di esagerare, quando definisco questa un’ Elektra di quelle che rimangono a lungo nella mente di chi ha avuto la fortuna di assistervi.
Partiamo dalla cosa tutto sommato meno soddisfacente, l’allestimento scenico, buato con aggressività allo spegnersi delle luci. In realtà, lo spettacolo curato da Stölzl e Krenn non è così male. Lo spazio dell’azione è un rettangolo angusto e brutale, suddiviso in sei piattaforme che uscendo e rientrando come cassetti consentono di creare diversi spazi, dalle stanze ai gradoni di una scalinata. Su queste piattaforme, veniva proiettato il libretto dell’opera, così da mettere in rilievo determinate parole o frasi (e aiutare a non distogliere troppo lo sguardo).
Il problema dell’allestimento è che una volta apprezzate queste due meccaniche nei primi venti minuti, il resto dell’opera si svolgeva di conseguenza, non senza una certa abilità nella gestione dello spazio claustrofobico e degli attori, ma anche senza particolari guizzi e qualche scivolata retorica e di cattivo gusto, come il momento Star Wars nei sottotitoli in movimento. La mia sensazione è che, divisi tra il voler soddisfare un pubblico alla ricerca di intrattenimento più tradizionale e un altro (più ridotto ma più rumoroso) che esigeva l’approfondimento intellettuale, i registi e il team creativo abbiano optato per una scelta di compromesso, che come molti compromessi non fa che lasciare scontenti entrambi, mancando da un lato la spettacolarità più esuberante e dall’altro lo scavo condotto fino in fondo al pensiero.
E dire che il cast era di quelli con cui si poteva osare molto di più. Nina Stemme è un’Elektra che ha del prodigioso. La voce amplissima è sì, a tratti un po’ slabbrata e l’intonazione non è sempre delle più adamantine, ma il soprano svedese sembra immune ai segni dell’età. Ormai alle soglie dei 60 anni, Stemme non abbandona mai il palco, canta e recita senza requie e senza mostrare fatica, mentre la voce esce con una pastosità di timbro che le permette di spingere nelle parti più gridate, mantenendo sempre compostezza di fondo e intensità espressiva. Ottima anche la Chrysothemis di Elza van den Heever, dall’emissione pulita e l’ottima proiezione, capace di caricare la voce di tensione nervosa senza compromettere l’immagine della fanciulla candida e pronta a rifugiarsi in un proprio mondo di fantasia. Molto ben delineata anche la Klytämnestra di Michaela Schuster, che sembra sia nata per il ruolo per la totale disinvoltura con cui canta e recita, e generalmente bene gli altri numerosi ruoli femminili. Un po’ meno soddisfacenti (ma d’altronde meno presenti) i ruoli maschili. L’Orest di Johan Reuter è a tratti poco a fuoco, ma la voce cavernosa regge bene; funziona anche l’Aegisth di Wolfgang Ablinger-Sperrhacke, che in quel poco che canta tratteggia bene il personaggio, pur virando a tratti su gestualità un po’ macchiettistiche di maniera. All’altezza tutti gli altri personaggi, persino i più piccoli comprimari, a dimostrazione di un cast omogeneo e ben costruito.
Colonna portante della produzione sono stati i Berliner e Petrenko, da cui ogni frammento, ogni dettaglio appariva sottolineato con una cura maniacale che non scivola mai nel didascalico o nel semplice sfoggio di bravura. D’altronde, che i Berliner, soprattutto sotto le mani del loro direttore musicale, sappiano raggiungere vette di virtuosismo sia per agilità che per dinamiche è ormai conclamato. Ma non si può che rimanere stupefatti di fonde all’organicità che Petrenko porta in superficie dall’intero affresco straussiano. Ogni elemento sembra cadere nel posto giusto al momento giusto, con una consequenzialità cristallina che permette alla musica di tendersi e contorcersi senza mai assumere toni volgari, eccessivi, caricaturali. Quando Kirill Petrenko si trova in buca, ci si ricorda di colpo che il direttore siberiano è, soprattutto, un direttore d’opera. Le effusioni liriche sono tenute a bada senza perdere di fervore, i punti più violentemente chiassosi si rivelano intricati capolavori di polifonia, le attese si raggelavano in sonorità sinistre fino all’inquietante, e tutta l’opera sembra gettarsi come un meccanismo perfettamente congegnato verso il bruciante finale, riuscendo nell’impresa quasi surreale di non coprire praticamente mai le voci.
Dopo l’ultima esplosione, il trionfo conclusivo è stato velato dai rumorosi dissensi per la regia già menzionati, fortunatamente presto sommersi dalle convinte ovazioni a tutto il cast.
Alessandro Tommasi
(26 marzo 2024)
La locandina
Direttore | Kirill Petrenko |
Regia | Philipp Stölzl, Philipp M. Krenn |
Scene | Philipp M. Krenn |
Costumi | Kathi Maurer |
Video | Judith Selenko, Peter Venus |
Personaggi e interpreti: | |
Elektra | Nina Stemme |
Chrysothemis | Elza van den Heever |
Klytämnestra | Michaela Schuster |
Orest | Johan Reuter |
Aegisth | Wolfgang Ablinger-Sperrhacke |
Der Pfleger des Orest | Anthony Robin Schneider |
Die Vertraute | Serafina Starke |
Die Schleppträgerin | Anna Denisova |
Ein junger Diener | Lucas van Lierop |
Ein Alter Diener | Andrew Harris |
Die Aufseherin | Kirsi Tiihonen |
Erste Magd | Katharina Magiera |
Zweite Magd | Marvic Monreal |
Dritte Magd | Alexandra Ionis |
Vierte Magd | Dorothea Herbert |
Fünfte Magd | Lauren Fagan |
Berliner Philharmoniker | |
Prager Philharmonischer Chor | |
Maestro del coro | Lukas Vasilek |
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