Baden-Baden: il vertiginoso Wagner di Petrenko e i Berliner
Lunedì 25 marzo, nell’ambito del Festival di Pasqua di Baden-Baden, i Berliner Philharmoniker e il loro direttore artistico e musicale Kirill Petrenko hanno replicato il galà wagneriano con cui è stato celebrato il capodanno 23/24 a Berlino.
Il programma era lo stesso: Ouverture e Venusberg dal Tannhäuser e primo atto in forma di concerto dalla Walküre. Unica differenza nel cast per la Valchiria, che non vedeva più Jonas Kaufmann e Georg Zeppenfeld/Tobias Kehrer interpretare Siegmund e Hunding, bensì Klaus Florian Vogt (in sostituzione di un indisposto Brandon Jovanovich) e Kwangchul Youn. Rimane invece il soprano lituano Vida Miknevičiūtė, nei panni di Sieglinde.
La prova dei cantanti è stata generalmente buona. Vogt conferma le attese, con i suoi pregi e i suoi difetti, la grande proiezione, il solito timbro chiarissimo e fanciullesco che si adatta però meglio a Siegfried (come mi ha dimostrato il Ring a Zurigo) che a Siegmund. L’intonazione non è sempre delle più salde, anche perché la limpidezza quasi senza vibrato mette in rilievo ogni inflessione, ma lo squillo c’è e la voce si staglia nell’enorme Festspielhaus di Baden-Baden. Un po’ genericamente ingenua invece l’interpretazione del personaggio di Siegmund, ma considerando la sostituzione e le prove risicate ha funzionato tutto. Un discorso affine lo si può fare per l’Hunding di Youn, che ha bella voce ampia e calda, persino troppo. Nei buoni fraseggi non trasparivano la malvagità, il sospetto, la rabbia. Meglio la lettura della Sieglinde di Miknevičiūtė, senz’altro aiutata dal lavoro fatto per il concerto di Capodanno. Salvo qualche incertezza nel registro acuto, il soprano riesce a rendere con notevole abilità la frustrazione, la mestizia e il tormento di Sieglinde, così come la gioia del congiungersi al fratello ritrovato, con grande ricchezza di dettagli e una voce capace di trovare sempre il suo spazio sull’orchestra.
Certo, questo sembra non essere un problema se sul podio c’è Kirill Petrenko. Tra i tanti rischi e limiti delle opere in forma di concerto, com’è ben noto, uno dei peggiori è proprio che l’orchestra sul palco, subito a ridosso dei cantanti, deve fare il doppio della fatica per evitare di sommergerli di suono. Se aggiungiamo che l’orchestra è la Filarmonica di Berlino, non esattamente una delle compagini più timide e dimesse, oltre che non un’orchestra stabile in un teatro d’opera, il rischio di vedere naufragare le voci nelle generose orchestrazioni wagneriane era veramente concreto. Il modo in cui Petrenko riesce invece a dimezzare il volume dei Berliner con strettissimo scarto, senza perdere né compattezza delle sezioni né chiarezza delle voci interne è comunque prodigioso e rimane a testimonianza di una totale unità tra il direttore e un’orchestra flessibile ed estremamente reattiva.
Questa prontezza ha contraddistinto tutta la serata. La varietà di colori e di dettagli del Tannhäuser in apertura ne mostrava apertamente i debiti all’orchestrazione di Weber e Mendelssohn, con una fantasia di carattere cui è mancato solo un abbandono e un respiro più dilatato, soprattutto nel finale. Nella Walküre, salve qualche tutto sommato trascurabile svista, l’orchestra si è confermata plastica e salda, pronta a rendere un’infinità di accenti in una lettura compatta e coesa, dove il dettaglio ricercato al limite dell’ossessivo da Petrenko non rallentava né ostacolava la tenuta di una grande arcata che non si è adagiata fino al travolgente finale. Memorabili l’attacco degli archi, così come l’intenso dialogo tra Siegmund e Sieglinde che conduce all’estrazione di Nothung dal legno. Ovazioni del pubblico per tutti, più che meritate.
Alessandro Tommasi
(25 marzo 2024)
La locandina
Direttore | Kirill Petrenko |
Sieglinde | Vida Miknevičiūtė |
Sigmund | Klaus Florian Vogt |
Hunding | Kwangchul Youn |
Berliner Philharmoniker | |
Programma: | |
Richard Wagner | |
Tannhäuser – Ouverture e Scena del Venusberg | |
Die Walküre – Primo atto |
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