Bergamo: è finita, Don Pasquale
Preambolo: Don Pasquale è un dramma buffo, e questo va tenuto sempre ben presente quando se ne affronta la messa in scena, perché qui Donizetti supera i cliché della tradizione settecentesca, ed in parte anche di quella rossiniana, intraprendendo una più acuta introspezione dei caratteri dei personaggi che sono visti in una chiave più malinconica e meno irridente.
L’eroe eponimo non è più il vecchio tradito e raggirato dalla coppia degli amorosi con l’aiuto di un “faccendiere” scaltro, ma piuttosto un uomo in là con gli anni, niente affatto sciocco e desideroso di un nuovo bagliore che gli illumini la vita. La stessa protagonista femminile non è una fanciulla, bensì una “giovane vedova”, perciò una donna che ha in certo qual modo già vissuto; Ernesto poi è giovane ma non fatuo, la dignità e l’orgoglio risaltano con evidenza nelle sue azioni. Malatesta, il motore dell’azione, in qualche momento appare quasi riluttante ad ingannare il vecchio innamorato, e dunque oscilla, per analogia, tra Figaro e Alidoro, se ci si consente il parallelo.
Con il Don Pasquale non si ride, si sorride e si medita sulla fragilità umana.
Al Festival Donizetti Opera – ultimo sotto la direzione artistica di Francesco Micheli, che lascia dopo un decennio denso – va in scena uno spettacolo bifronte che se convince pienamente dal punto di vista del risultato musicale suscita, di contro, ben più di qualche perplessità per quanto attiene al versante della lettura registica.
L’allestimento, proveniente dall’Opéra de Dijon, è firmato da Amélie Niermeyer, la quale in terre galliche aveva ben pensato di stravolgere completamente il capolavoro donizettiano riscrivendo intere parti del libretto e inventandosi un finale nuovo.
A Bergamo per fortuna, in uno sprazzo di buonsenso, e l’assistenza di Giulia Giammona, si è passati dalla “trasgressione” ad un’assai meno invasiva banalità, dando vita ad uno spettacolo capace di rientrare pienamente nella categoria “insipido-inutile”.
Altro che celebrazione della libertà di scelta delle donne: qui si casca, come purtroppo spesso accade, nella “tradizione” dei passettini, del protagonista in mutande, dell’automobile in scena – per inciso l’uso di veicoli a motore in teatro dovrebbe essere messo in soffitta per una decina d’anni almeno – e tutto si riduce ad un costante turbinare della villa anni Settanta, realizzata da María-Alice Bahra che firma anche i brutti costumi – che gira come una giostra a cavalli e con il trio di domestici onnipresenti tipo gli spettri di The others a fare da Leitmotiv.
Il resto sono caccole ritrite o citazioni non intellegibili dal pubblico italiano, come il coro vestito da leoncini o l’elefante rosa, che invece erano immediatamente compresi dalla platea francese in quanto simboli di marche note.
Molto, ma molto meglio, la parte musicale.
Iván López-Reynoso, cui è affidata l’edizione critica curata da Roger Parker e Gabriele Dotto per ©Casa Ricordi, concerta con mano sicura e sempre provvidenzialmente leggera, ponendo in risalto le trine contrappuntistiche che impreziosiscono il damasco melodico, il tutto staccando tempi serrati senza tuttavia concedere nulla alla fretta e ben assecondato dall’Orchestra Donizetti Opera.
Nel ruolo-titolo Roberto De Candia offre una prova maiuscola in un canto intelligentemente incentrato a rendere vivida la parola, il tutto con emissione calibratissima e presenza scenica autorevole.
Non gli è da meno Javier Camarena che, pur in condizioni non perfette, disegna un Ernesto palpitante e appassionato, con accenti sbalzati al cesello e acuti folgoranti.
Provenienti dalla Bottega Donizetti – meraviglioso vivaio di talenti – gli altri due protagonisti con sugli scudi la Norina di Giulia Mazzola, capace di plasmare la voce in una ricca varietà di declinazioni capaci di cogliere ogni più intimo aspetto del personaggio; bene anche Dario Sorgos, Malatesta forse un po’ acerbo ma sicuramente promettente.
A completare il cast il bravo Fulvio Valenti come Notaro e il trio di servitori composto da Alessandra Bareggi, Hillel Pearlman e Vittorio Pissacroia.
Bene, ma proprio bene il Coro dell’Accademia del Teatro alla Scala preparato da Salvo Sgrò.
Successo meritato per tutti.
Alessandro Cammarano
(23 novembre 2024)
La locandina
Direttore | Iván López-Reynoso |
Regia | Amélie Niermeyer |
Scene e costumi | Maria-Alice Bahra |
Coreografie | Dustin Klein |
Luci | Tobias Löffler |
Assistente alla regia | Giulia Giammona |
Personaggi e interpreti: | |
Don Pasquale | Roberto de Candia |
Norina | Giulia Mazzola |
Ernesto | Javier Camarena |
Dottor Malatesta | Dario Sogos |
Un notaro | Fulvio Valenti |
Performer | Alessandra Bareggi, Hillel Pearlman, Vittorio Pissacroia |
Orchestra Donizetti Opera | |
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala | |
Maestro del Coro | Salvo Sgrò |
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