Bergamo: hasta la Fille siempre!

La rivoluzione vera si fa con i colori e non con le armi: questo l’assunto su cui si basa, per svilupparsi con rara coerenza drammaturgica, la Fille du régiment proposta – dopo il rinvio dovuto all’Annus horribilis – nell’ambito del Donizetti opera, sempre più Festival con la “effe” maiuscola ogni anno che passa, in un allestimento coprodotto con il Teatro Lirico Nacional de Cuba.

Dunque assai più che felice l’idea di “spostare” l’azione dal Tirolo delle guerre napoleoniche alla Cuba della rivoluzione castrista che qui diventa una lotta di riscatto sociale fatta a colpi di murales – le belle scene di Angelo Sala si ispirano giusto a quelli habaneros – con i soldati vestiti da Maykel Martinez con tute da pittori di un giallo abbagliante cui si abbinano i baschi rossi “á la Guevara”, il tutto contrapposto alle “stelle e strisce” bianche e nere della noblesse filostatunitense. Pennelli e barattoli di vernice, visi sorridenti e vegetazione rigogliosa seppelliscono il grigiore degli sfruttatori.

Funziona tutto, ma proprio tutto nella regia talentuosa e ipercinetica di Luis Ernesto Doñas grazie anche alla rielaborazione dei dialoghi – cui viene restituito senso e freschezza dalla drammaturgia  di Stefano Simone Pintor  – e ai ritmi scanditi dalle percussioni caraibiche di Ernesto López Maturell capaci di sottolineare l’azione scenica senza mai snaturarla.

Ci si diverte, e tanto, anche perché l’essenza dell’opéra-comique è pienamente rispettata nel suo alternarsi di emozioni e sentimenti; la vena malinconica di Donizetti emerge con forza nelle romanze affidate Tonio e Marie e nelle quali le luci di Parigi si ammantano di nebbie malinconiche e padanissime.

L’edizione critica curata da Claudio Toscani per ©Casa Ricordi Milano rende finalmente giustizia ad una partitura tra le più sbertucciate della storia del melodramma, facendo emergere preziosità d’orchestrazione e coerenza teatrale così come mai era stato dato ascoltare e vedere. A tutto questo si aggiunga la pronuncia francese curatissima grazie alla collaborazione di Alexandre Dratvicki e con lui del Palazzetto Bru Zane.

Note lietissime provengono anche dal versante musicale.
Michele Spotti, capace di domare qualche “intemperanza” dell’Orchestra Donizetti Opera, si conferma come una delle bacchette più interessanti tra quelle della giovane generazione – che momento d’oro è questo per la direzione d’orchestra italiana – rendendosi protagonista di una prova maiuscola. Nella sua Fille si ritrova tutto il frisson che la musica richiede, le arcate melodiche sono sostenute da un impianto ritmico presente e mai soverchio mentre le agogiche millimetriche mettono in risalto la narrazione insieme ad una tavolozza dinamica incalzante.

Sara Blanch, voce di meravigliosa duttilità, disegna una Marie di grande spessore sia per quanto attiene al canto che per la recitazione. Gli acuti luminosi e l’intensità del fraseggio la accreditano come interprete di rango.

Strepitoso il Tonio divertito di John Osborn che distribuisce non una ventina di do – il “pour mon âme” è stato bissato a furor di popolo – ma anche appoggiature al re sopracuto, il tutto insieme ad una fantasmagoria di accenti e colori.

Paolo Bordogna torna a vestire i panni di Sulpice e lo fa con la classe gli è propria alla quale si accompagna un canto generoso ed elegante.

Quanto è brava Adriana Bignagni Lesca nella sua caratterizzazione della Marquise de Berkenfield, carattere ma mai caricatura, e quanto canta bene la sua aria da baule che il drammaturgo le assegna durante la lezione di musica nel secondo atto, ovvero “El arreglito” di Sebastiàn Yradier che ispirò Bizet per la sua Habanera.

Il ruolo parlato della Duchesse de Crackentorp è affidato a Cristina Bugatty che ne fa un delizioso e mai sovraccarico cameo; brava davvero.

Nei ruoli di contorno spicca il Caporal – al quale finalmente l’edizione critica restituisce piena dignità – di Adolfo Corrado, gran bella voce, così come risulta ben tratteggiato risulta l’Hortensius petulante di Haris Andrianos. Buono anche il Paysan di Andrea Civetta.

Il Coro dell’Accademia Teatro alla Scala, preparato da Salvo Sgrò, fa il suo con entusiasmo.

Successo travolgente e strameritato, con applausi dopo ogni numero e tripudio finale.

Alessandro Cammarano
(21 novembre 2021)

La locandina

Direttore Michele Spotti
Regia Luis Ernesto Doñas
Scene Angelo Sala
Costumi Maykel Martinez
Coreografie Laura Domingo
Lighting design Fiammetta Baldiserri
Drammaturgo Stefano Simone Pintor
Personaggi e interpreti:
La Marquise de Berkenfield Adriana Bignagni Lesca
Sulpice Paolo Bordogna
Tonio John Osborn
Marie Sara Blanch
La Duchesse de Krakenthorp Cristina Bugatty
Hortensius Haris Andrianos
Un caporal Adolfo Corrado
Un paysan Andrea Civetta
Orchestra Donizetti Opera
Coro dell’Accademia Teatro alla Scala
Maestro del Coro Salvo Sgrò

5 1 voto
Vota l'articolo
Iscriviti
Notificami

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

0 Commenti
più vecchi
più nuovi più votati
Inline Feedbacks
Vedi tutti i commenti