Biennale Musica 2018: gli ipercelli di Adams e Baroni vs. la Colombia europeizzata dell’Itineraire
Giornata densa quella dello scorso 4 ottobre alla Biennale Musica, divisa fra due concerti assai diversi fra di loro ma che presentavano entrambi motivi d’interesse.
Nell’appuntamento pomeridiano alla Sala d’Armi dell’Arsenale il programma presentato dal duo di violoncelli formato da Norman Adams e Nicola Baroni, perfetto incontro fra le due sponde dell’Atlantico, tema dell’edizione 2018, comprendeva due prime assolute ed una italiana.
Il duo Adams Baroni esplora le potenzialità del violoncello che, aumentato e coniugato con l’elettronica nelle sue più diverse declinazioni, rivela potenzialità che già contiene in sé, esaltandole. Non solo amplificazione, ma produzione di suoni al computer attraverso sensori di movimento posti sul tallone dell’arco, che diviene esso stesso strumento. Diverso l’uso dell’elettronica da un pezzo all’altro in un ventaglio di applicazioni che procedono per interazione o per contrasto, in un dialogo ora fluido ora aspro.
Buono Nine lines, pezzo introspettivo di Derek Charke; sette minuti di intenso dialogo fra i violoncelli e il computer.
Lodi incondizionate a K messages: The Wish to be a Red Indian & Metamorphoses di Nicola Baroni, per due ipercelli, dove lo strumento antico è chiamato anche i suoni di sintesi in un susseguirsi di pennellate argute che sembrano guardare con ironia la tradizione intesa come tic e vezzi. Un pezzo magnifico.
Arne Eigenfeldt, sul palco terzo esecutore al computer, presentava in prima assoluta il suo The Indifference Engine vs. Nicola and Norman, che si potrebbe sintetizzare come uno scambio di battute continuo, e a dispetto del titolo non sempre in contrasto.
Interessante Soliloque, dove Jérôme Blais indaga l’anima stessa del violoncello attraverso un uso fantasioso ed insieme rigoroso dell’amplificazione.
In Sette pagine su l’Enigma del Bianco Lawrence Casserley si riporta a forme compositive già ben presenti negli anni Sessanta del secolo scorso, con la partitura disegnata su sette cerchi di carta che richiamano, tra forme e colori, sensazioni e stati d’animo diversi, il tutto però con grande attenzione al presente.
Norman e Baroni si confermano eccellenti esecutori, calandosi totalmente nella scrittura di ogni singola pagina e rendendola all’ascolto con intelligente partecipazione.
L’Ensemble l’Itineraire, fondato dai maggiori esponenti dello spettralismo, tra i quali Murail e Grisey, proponeva nel concerto serale alle Tese un programma incentrato su giovani compositori colombiani che, a parte un paio di eccezioni, ci sembrano discretamente europeizzati pur mantenendo qualche eco di Sudamerica,
Non colpiscono particolarmente Fábulas (de duendes, valles y duraznos) di Daniel Alvarado Bonilla e Defiendo el viento di Leonardo Idrobo, caratterizzati da vaghi elementi popolari e tanti soffi di legni:
Si vola più in alto con El Dorado di Daniel Zea Gomez, sette minuti di intensa contrapposizione fra violino, violoncello e contrabbasso che seguono piani narrativi contrastanti e affabulatori.
El Juego, del prematuramente scomparso Luis Fernando Rizo-Salom, è il momento più alto del concerto. Pagina forte, intensamente scolpita nel ricordo delle vittimi del terremoto del 2011 in Giappone, nei suoi cinque diversi momenti non propone soluzioni ma fornisce all’ascoltatore gli elementi per trovarle.
Sono in certo modo rassicuranti le onde Martenot che fanno da basso continuo nei due impaginati che chiudono la serata; più discrete in Negantrópico, in cui Juan Camilo Hernández Sánchez indaga il contrasto crescente tra uomo e tecnologia, più incisive nella spettacolare installazione sonora e visuale Tétramorphes (Revelo I) di Marco Suárez-Cifuentes, che richiama ad una partecipazione multisensoriale del pubblico, con proiezione e una fruizione sonora che richiede l’ascolto in cuffia degli elementi elettronici.
L’Itineraire, diretto con acribía da Mathieu Romano è pressoché perfetto nell’esecuzione tesa e partecipata e validamente affiancato dal soprano Elise Chauvin che canta benissimo in Tétramorphes (Revelo I). Sugli scudi la parte al computer curata dagli stessi compositori dei rispettivi pezzi.
Alessandro Cammarano
(4 settembre 2018)
La locandina
Norman Adams e Nicola Baroni | violoncelli e computer |
Programma | |
Derek Charke (1974) | Nine Lines (2018, 10’) |
Nicola Baroni (1959) | K_messages: The Wish to be a Red Indian & Metamorphoses (2014-2017, 10’) |
Jérôme Blais (1965) | Soliloque 04 (2012, 7’) |
Arne Eigenfeldt (1962) | The Indifference Engine vs. Nicola and Norman (2018, 15’) |
Lawrence Casserley (1941) | Sette pagine su l’Enigma del Bianco (2013, 13’) |
Ensemble l’Itineraire | |
El juego y el fin | |
Arnaud de la Celle | ingegnere del suono |
Elise Chauvin | soprano |
Mathieu Romano | direttore |
Programma | |
Daniel Alvarado Bonilla (1985) | Fábulas (de duendes, valles y duraznos) (2017, 10’) |
Leonardo Idrobo (1977) | Defiendo el viento (2018, 12’) |
Daniel Zea Gomez (1976) | El Dorado (2010, 7’) |
Luis Fernando Rizo-Salom (1971-2013) | El Juego (2011, 13’) |
Juan Camilo Hernández Sánchez (1982) | Negantrópico (2017, 13’) |
Marco Suárez-Cifuentes (1974) | Tétramorphes (Revelo I) (2017, 16’) |
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