Bologna: l’imperfetta perfezione. La straordinaria umanità di Krystian Zimerman
Chi non ha mai ascoltato Krystian Zimerman dal vivo difficilmente può immaginare i suoi concerti. Il celebre pianista polacco, noto per l’appassionata perfezione delle sue peraltro magnifiche incisioni, trova dal vivo una dimensione spesso e volentieri assai diversa. Krystian Zimerman sbaglia e quando sbaglia suona anche meglio.
Questa tendenza appare ancor più lampante negli ultimi anni, in cui il pianista sembra sempre più spesso abbandonare quella patina da “pianista perfetto”, come viene spesso ancora promosso, e tende a concedersi momenti di intensità espressiva in cui abbandonare temporaneamente il timone: i risultati sono dei momenti di concitazione in cui gli elementi si susseguono con tensione espressiva crescente, in cui anche la nota sporca, presa soprattutto nei vertiginosi salti, non disturba minimamente l’impeto.
L’affidabilità del meccanismo tecnico, soprattutto in volate e agilità, ha fatto il resto, garantendo un’equilibrata solidità all’impalcatura. Proprio il contrasto tra un equilibrio ricercato e una contrazione temporale al limite del raptus ha rafforzato la drammaticità espressiva del pianismo di Zimerman.
Questa la percezione che ha accomunato la Terza Sonata di Brahms e i Quattro Scherzi di Chopin, eseguiti lunedì 21 gennaio all’Auditorium Manzoni di Bologna per Musica Insieme. Fin dai maestosi accordi che aprono la Sonata in fa minore Zimerman ha trovato un suono che era al contempo maestoso e compatto, ma non eccessivo.
La Terza di Brahms si presta facilmente ad effetti pirotecnici, anche per l’impegnativo virtuosismo che pervade la partitura, ma il pianista polacco ha dato una lettura notevole, in cui la dimensione orchestrale che così tanto appartiene a questo Brahms pianistico non escludeva una certa teatralità del gesto, lezione lisztiana che il giovane pianista-compositore amburghese ben conosceva.
Questo lo si è notato nell’Allegro moderato iniziale, dai forti scarti agogici e dinamici tra le sezioni, ma ancora più nel terzo tempo, lo Scherzo, in cui le note sporche del violento inizio non hanno indebolito il turbinoso effetto concitato. Punti più sublimi di tutta la lunga Sonata, tuttavia, sono stati secondo e quarto tempo.
Il secondo, un Andante che è forse tra i momenti di più squisita poesia del compositore, ha potuto godere di quel suono intenso e compatto cui accennavo più sopra. Ogni linea melodica era seguita con fraseggio cesellatissimo, beandosi di una sonorità apollinea della sua chiarezza, ma mai calcolata: c’è tutto il gusto del non sapere come sarà la nota successiva, in questo Zimerman. Ma c’è anche il gusto del saper essere, semplicemente, cantabili, una semplicità espressiva che è forse tra le cose più complesse da raggiungere. L’ampio crescendo che conduce alla conclusione del movimento ha però ricordato con che abilità il pianista polacco riesce a condurre dalle intimità cameristiche alle vaste distese orchestrali.
Drammaticamente teatrale il quarto movimento, un Intermezzo in cui l’inciso beethoveniano più volte comparso nella Sonata si erge infine a protagonista, raggiungendo nella lettura di Zimerman tensioni orchestrali quasi da Trauermarsch mahleriana.
Ma come quel Rückblick si spegne nel mistero, così dal mistero nasce il Finale della Sonata, solidissimo tecnicamente e con vette di frenesia lasciate ad un gioco libero e grande cura dei contrasti timbrici.
Dopo l’intervallo, il Primo Scherzo di Chopin ha da subito trovato un suono completamente diverso. Le compatte, maestose e a tratti ruvide sonorità brahmsiane hanno ceduto il posto ad una brillantezza che non nascondeva la selvaggia e dionisiaca forza di queste composizioni.
È stato il caso proprio del Primo Scherzo, in cui un tesissimo rubato ha restituito tutta la forza espressiva ad un brano facilmente ripetitivo. Alla composta violenza dell’inizio ha risposto la sezione centrale, semplice, cantabile e nostalgica. Dopo la ripresa, la coda ha portato il pianista polacco verso alcune sonorità aggressive che hanno concluso perfettamente la drammatica composizione.
Dopo questo magnifico Primo Scherzo, Zimerman ha però dato segni di una certa stanchezza e l’aver notato qualcuno che registrava il concerto da metà sala sembra lo abbia notevolmente innervosito.
Il Secondo Scherzo non è iniziato quindi nel migliore dei modi, ma la sezione centrale ha ampiamente riportato l’attenzione del pianista sulla musica, garantendogli anche alcuni istanti di riposo per la mano destra e conducendo ad una ripresa segnata da alcuni dei suoi geniali giochi timbrici e dinamici.
Da notare anche la straordinaria polifonia nella sezione centrale, in cui l’entrata delle voci appariva di una naturalezza sconcertante, sideralmente distante da tutte quelle seconde voci a volte forzatamente ostentate.
Il Terzo Scherzo, nato in atmosfere misteriose e con sapiente uso del pedale, ha portato ad alcune delle sonorità più scure dell’intera serata, nonostante il pianista abbia dato segni di discreta impazienza nelle sezioni a corale. La fulminea e appassionata coda, preparata dalle soffuse sonorità dell’ultima riproposizione del corale, ha però concluso con energia e forza la composizione.
Il Quarto Scherzo è stato uno dei culmini della serata, superato solo dal sensazionale Primo Scherzo. Nell’ultimo brano del concerto, tutta la bonaria giocosità di Zimerman ha trovato una sua naturale destinazione, senza mai negarsi le elegantissime volate o gli improvvisi scarti drammatici, ma sciogliendosi infine sempre nella più dolce cantabilità o nel leggero gioco dei colori.
Il termine drammatico ha più volte fatto capolino in questa recensione e non a caso. Ben notò Rattalino la vocazione da teatrante del pianista polacco. Non si tratta di una gestualità fisica e musicale posticcia, studiata per coinvolgere il pubblico, bensì di una reale concezione teatrale del far musica, una consapevolezza di stare, dopotutto, su un palcoscenico.
La studiata drammaturgia di Zimerman tuttavia lascia ogni tanto spazio alla più schietta espressività musicale. Ciò avviene, e così mi riconnetto a quanto affermato in apertura, soprattutto quando il pianista sembra perdere temporaneamente il controllo. Viene da chiedersi se la fatica più volte dimostrata nel concerto non sia anche una fatica a sostenere il peso di un’attività artistica simile, e soprattutto il peso di portare il proprio nome e la propria nomea: in diversi punti il pianista “perfetto” sembrava dover far mente locale prima di eseguire l’accordo successivo.
Ma questo suo abbandonare il controllo assoluto, ha anche dei pregi enormi, soprattutto sullo svelarne una sensibilità musicale attentissima e appassionata. C’è da vedere se Krystian Zimerman, all’alba dei suoi sessant’anni, riuscirà a far pace con la sua splendida ed incredibilmente umana imperfezione, tutt’altro che infallibile eppure, mi sembra, ancora più magnifica.
Alessandro Tommasi
(21 gennaio 2019)
La locandina
Pianoforte | Krystian Zimerman |
Programma | |
Johannes Brahms | Sonata n. 3 in fa minore op. 5 |
Fryderyk Chopin | Scherzo n. 1 in si minore op. 20 |
Scherzo n. 2 in si bemolle minore op. 31 | |
Scherzo n. 3 in do diesis minore op. 39 | |
Scherzo n. 4 in mi maggiore op. 54 |
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