Bolzano: l’Arte della Fuga rinasce nella dimensione spaziale

Può una composizione datata quasi tre secoli essere ascoltata con lo stupore di una novità? Sicuramente sì se messa nelle mani di Johannes Pramsohler e di Mathieu Cabanes, due creativi che hanno presentato al pubblico di Bolzano in prima assoluta un progetto sperimentale sulla famosa opera bachiana L’arte della Fuga. Il primo è un violinista barocco sudtirolese, direttore dell’Ensemble Diderot di Parigi, il secondo un giovanissimo lighting designer francese. Grazie alla lungimiranza di Matthias Mayr, nuovo direttore artistico della Società dei concerti del capoluogo altoatesino, hanno potuto trovare lo spazio adeguato a costruire questo progetto innovativo e presentarlo presso la Casa della Cultura “Waltherhaus”. Scriviamo subito che il pubblico bolzanino ha applaudito con grande entusiasmo questo concerto e parliamo di un uditorio abituato a proposte musicali di alto livello con grande varietà di generi, stili ed epoche musicali (non è un caso che la città di Bolzano sia la candidata italiana per la Rete delle Città Creative dell’UNESCO 2023 in ambito culturale nel settore musica).

Come hanno fatto? Come sono riusciti a dipingere di stupore le pagine di un’opera che presenta in diverse combinazioni sempre lo stesso tema in re minore e che molto probabilmente, nelle intenzioni di Bach, non era destinata all’esecuzione bensì alla consultazione quale scrittura esemplificativa delle possibilità contrappuntistiche della fuga? L’idea, in realtà, è semplice: hanno reso visibile nello spazio ciò che tutti, al cospetto della musica di Bach, abbiamo sempre immaginato, ossia l’evoluzione armoniosa di un arabesco, la germinazione in time-lapse di una pianta, in altre parole lo sviluppo continuo di una melodia che si fa viva e fertile di intrecci e moltiplicazioni matematiche infinite. Ma è la sua realizzazione che ha reso questo concerto uno spettacolo notevole, ossia un utilizzo ricercato e ben pensato di luci, laser e nebbia che hanno ricreato sul palco una visione tridimensionale dello spartito, qui eseguito da un quartetto d’archi. Il fulcro dello spettacolo è il centro del palcoscenico – occupato dai quattro musicisti, i loro leggii, un candelabro e nulla più – ben osservato dal pubblico che vi siede attorno. Poi il buio, e nel buio la magia della creazione: la musica nelle orecchie, i giochi di luce negli occhi. Le scenografie create dai laser accompagnavano le fughe in un modo via via sempre nuovo e sempre più complesso, catturando sapientemente l’attenzione per tutta la durata dell’esecuzione.

La spazialità ricreata sulle note di Bach si evolveva con la complessità matematica della scrittura sui pentagrammi, slanciandosi nella verticalità di pareti immaginarie ricreate dalla luce che fendeva la nebbia, illuminando gli strumenti al passaggio del tema fra le varie voci, cambiando colori e densità, disegnando sul palcoscenico forme geometriche diverse e giochi di linee infinite utilizzando il laser come un gigantesco stilo. Il tutto in continuo movimento, la musica come i fendenti di luce. Gli stessi musicisti hanno cambiato più volte la loro posizione, come a mutare in senso stereofonico l’ascolto, ora suonando rivolti uno verso l’altro quasi in un rito privato, ora volgendosi verso il pubblico, ora mossi loro stessi dalla rotazione della parte di palcoscenico su cui erano presenti.

Un’ora di teatro musicale squisitamente riuscito, dalla regia di luci veramente interessante di Mathieu Cabanes (non passa inosservata la sua sensibilità musicale – è stato saxofonista – e una già lunga esperienza di opera lirica) al livello musicale dell’Ensemble Diderot, che non ha mai ceduto nella tensione esecutiva e ha regalato un dialogo tra gli archi sempre fresco ed equilibrato. La realizzazione è stata impeccabile anche nei movimenti scenici quasi al buio dei musicisti, e pensare che era la prima esecuzione! Un concerto da rivedere il prima possibile e due belle creatività, quelle di Johannes Pramsohler e di Mathieu Cabanes, da tenere d’occhio.

Monique Cìola
(22 luglio 2023)

La locandina

Ensemble Diderot
Violini Johannes Pramsohler e Roldán Bernabé-Carrion
Viola Isabel Juárez
Violoncello Gulrim Choï
Lighting designer Mathieu Cabanes
Programma:
Johann Sebastian Bach
L’arte della Fuga (Die Kunst der Fuge) BWV 1080

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