Bolzano: Noseda incanta con la EUYO

Serata di grandi emozioni, quella del 16 agosto al Teatro Comunale per il consueto appuntamento estivo con il Bolzano festival. Protagonisti di un concerto strepitoso, coronato dall’ovazione del pubblico tra lacrime e applausi, sono stati il direttore Gianandrea Noseda, la European Union Youth Orchestra (EUYO), il pianista Jae Hong Park e la compositrice inglese Hannah Kendall. Si potrà disquisire sul programma, costruito spaziando dalla musica di oggi alle pietre miliari della classica; si potrà descrivere la qualità interpretativa dei musicisti sul palco, che ha raggiunto vette sublimi; oppure, ancora, si potranno raccontare le suggestioni evocate all’ascolto dalle scelte interpretative. Il dubbio è che non basterà a trasmettere l’esperienza umana-uditiva-sentimentale che il pubblico ha vissuto quella sera. Il grande regista di tutto ciò è Gianandrea Noseda, direttore che brilla all’estero come in Italia, a suo agio nell’opera come nella sinfonica. Il suo gesto è a dir poco magnetico, per come riesce a tenere nelle sue mani, a pochissimi centimetri dalla punta delle dita, tutta l’orchestra, e allo stesso tempo è elegante, quasi una coreografia spirituale dove tutto il corpo danza un’agogica infinita, spesso in equilibrio sulle punte. Il suo sguardo sulla partitura affonda le radici nella lettura storicamente informata aggiungendo nuova linfa, regalando una vitalità che sorprende nella capacità di avvicinare al sentire proprio dei nostri giorni opere lontane.

Il concerto si è aperto con Nexus, opera commissionata a Kendall nel 2020 dalla European broadcasting union in occasione del 70° affinché fosse eseguita dalla EUYO e potesse commemorare il 250° dalla nascita di Beethoven. Poi il Covid ha sconvolto qualsiasi programmazione e solo dopo due anni Bolzano ne ha potuto offrire la prima esecuzione assoluta. Per uno stile riconosciuto come complesso e imprevedibile, nella giustapposizione tra dinamiche estreme e momenti improvvisi di magniloquenza, il brano ascoltato a Bolzano si mostra al contrario lineare e controllato, dove trova consequenzialità di suono anche l’accostamento tra le reminiscenze della Quinta Sinfonia e i canti degli schiavi delle piantagioni americane, inseriti a sorpresa in sette piccoli carillon azionati dagli orchestrali stessi. L’intenzione di Kendall è infatti di concentrarsi sull’anno 1808, che accomuna nello stesso momento storico questa sinfonia con l’abolizione della schiavitù in America. Si riconosce, invece, nell’arco dei sei minuti di Nexus, un ribollire sottotraccia, una tensione velata, propri dell’autrice.

«È stato così bello essere alla premiere di Nexus, soprattutto dopo una così lunga attesa» racconta a Le Salon Musical Hannah Kendall, presente a Bolzano. «Si è sempre un po’ nervosi quando un nuovo pezzo viene ascoltato dal pubblico per la prima volta, ma fortunatamente tutto è controbilanciato dall’eccitazione».

Come valuta l’esecuzione della EUYO e com’è stato l’incontro artistico con Noseda?

«È stato meraviglioso incontrare Noseda, con cui è un vero piacere lavorare. Il pezzo era certamente in buone mani, è stato reso in modo brillante, una sensazione che ho avuto non appena sono entrata a fare le prove insieme con lui e l’orchestra. Questa prima bolzanina è stata fenomenale e apprezzo davvero l’incredibile lavoro che tutti hanno fatto».

Nel gioco di “riflettere Beethoven” nella sua personale visione contemporanea – come recitava la commissione dell’opera – l’immagine musicale che ne traspare è ancora di un uomo dallo sguardo accigliato, dal volto severo e preoccupato. Perché?

«Nel rispecchiare Beethoven in Nexus mi sono ispirata principalmente al fatto che fosse un compositore molto politicizzato, ovviamente sul dibattito ideologico europeo dell’epoca; e ho voluto incorporare aspetti del sistema schiavistico delle piantagioni americane che in quell’epoca era ancora in piena attività e alimentato dai paesi europei».

Tra pochi giorni, precisamente il 22 agosto, riceverà in Germania il Premio Hindemith: cosa significa per lei? Si tratta di un punto d’arrivo o di un punto di partenza per la compositrice Kendall?

«È davvero un onore ricevere il Premio Hindemith di quest’anno; sono entusiasta delle opportunità che si sono aperte, come scrivere un nuovo lavoro per la New Century Chamber Orchestra come parte del premio e poter finanziare progetti di installazione sonora».

La seconda opera in programma ha riportato nel capoluogo altoatesino l’ultimo vincitore del Concorso “Busoni” (2021), il sudcoreano Jae Hong Park, pianista eccezionale, come pochi si sono distinti nelle recenti edizioni della prestigiosa competizione. Se le capacità tecniche sono quelle appropriate al virtuosismo che richiede Rachmaninov nella Rapsodia su un tema di Paganini, ciò che affascina è la sensibilità musicale, l’intelligenza, la duttilità nel dialogo con l’orchestra e una presenza che mai viene coperta, nemmeno nei fortissimi. Il suono è luminoso, cristallino, felicemente sgranato nelle prime e nelle ultime variazioni, diventando intimo ed etereo nella parte centrale, per poi affondare nella densità del sentimento più appassionato nella famosissima Variazione 18. Nulla è lasciato al caso, nessuna nota, nessun cambio repentino di dinamica, nessuno sguardo con Noseda, direttore che allontana Rachmaninov da quel cliché interpretativo che veste tutto di facile passione esagerata, mostrando la grandezza di questo autore, che richiede un grande virtuosismo anche all’orchestra. Park regala un bis bachiano molto alla moda, il Preludio BWV 855 nella trascrizione di Siloti.

Chiude il concerto La primavera sacra di Stravinskij. L’opera ha scritto la storia nel 1913, eppure sembra di ascoltarla per la prima volta. Dopo il preludiare dei fiati prende vita, con quel martellante ritmo incisivo, un rito metropolitano. Davanti a noi non il paganesimo russo, bensì l’uomo del XXI secolo, assai più composto e controllato, eppure ugualmente pericoloso. Si scontrano il grave respiro di una colata d’asfalto, i rumori di una fabbrica, le esplosioni delle bombe: c’è tutto un secolo di progresso e trasformazione, una primavera novecentesca che annuncia il mondo moderno, cruento, crudele, e infine feroce quando, verso la conclusione, incontra nuovamente quel ritmo primitivo. Il sacrificio propiziatorio raccontato dalla partitura non travolge più una giovane vittima, si gioca tutto il nostro pianeta, in un atto sconsiderato e irreparabile. Quaranta minuti incollati alle poltrone del teatro, rapiti dall’energia inesauribile dei giovani della EUYO, cui seguono numerose uscite sul palco di Gianandrea Noseda davanti agli applausi che non vogliono finire.

Anche il bis scelto per questo appuntamento si riempie di significato per gli avvenimenti politici internazionali che viviamo da sei mesi a questa parte. L’esecuzione dell’intima Abendserenade per archi del compositore ucraino Valentin Silvestrov risuona davanti a 27 bandiere mute, immobili, di altrettanti stati dell’Unione, mentre un centinaio di giovani orchestrali siedono sotto parole di cui si percepisce il peso: Europa, Unione, Gioventù. La modulazione alla tonalità maggiore delle ultime note di questa serenata notturna vale come un impegno di pace che coinvolge tutti.

Ma l’energia e l’entusiasmo della gioventù non vuole finire, e mentre il direttore saluta per l’ultima volta il teatro uscendo dal palco, gli orchestrali guizzano in piedi per suonare ballando Amparito Roca, pasodoble dello spagnolo Jaime Teixidor.

Il concerto, trasmesso in diretta Euroradio a Radio 3 Suite, si può riascoltare su RaiPlay Sound.

Monique Cìola
(16 agosto 2022)

La locandina

Direttore Gianandrea Noseda
Pianoforte Jae Hong Park
European Union Youth Orchestra
Programma:
Hannah Kendal
Nexus (Prima mondiale)
Sergej Rachmaninov
Rapsodia su un tema di Paganini, op. 43 per pianoforte e orchestra
Igor Stravinskij
Le Sacre du Printemps

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