Brignano Gera d‘Adda: Alcuni volti della Russia del ’900
Un concerto dal programma corposo e ricercato, ma soprattutto interamente composto da musica russa quello del duo pianistico di Sara Costa e Fabiano Casanova: dalla Gogol Suite di Schnittke, passando per il Concertino di Šostakovič fino alla Seconda Suite di Sergej Rachmaninov. Nella splendida Sala del Trono del palazzo visconteo di Brignano Gera d’Adda, abbracciata da un coro di raffinati affreschi, la scorsa domenica il duo ha emozionato il pubblico con un’ottima preparazione e un’intesa musicale notevole.
La poetica di Alfred Shnittke spinge – costringe, si direbbe quasi – atteggiamenti compositivi diversi a incontrarsi, a coesistere, concorrendo a creare atmosfere e sonorità nuove (si pensi, ad esempio, ai suoi Concerti Grossi, nei quali il nome, richiamando probabilmente quelli del grande Corelli, titola opere musicali dagli aspetti estremamente variegati, quasi dei collages di stili completamente differenti fra loro). Tali atmosfere e sonorità possono lasciare non poco “spaesati”, tanto per la tonalissima semplicità di certi materiali tematici quanto per l’effetto che si ottiene accostandoli a linguaggi meno consonanti. Non mancano, peraltro, nella Gogol Suite, palesi citazioni di autori antecedenti: spicca qui, su tutte, l’incipit della Quinta Sinfonia di Beethoven, con cui l’autore chiude in sospensione (non solamente armonica) l’Ouverture. A questa si succedono ben 6 altri brani dai titoli enigmatici e, se vogliamo, anche un po’ bizzarri: “Il ritratto”, “Il cappotto”, “I burocrati”, “Il ballo” e “Il testamento”. Gli ultimi due, senza togliere alcunché ai precedenti – specialmente a Il ritratto, lungo brano che mette in luce tutta la dimestichezza di Schnittke con la musica da film – hanno colpito per le atmosfere cangianti e la forte identità espressiva dell’esecuzione. Il ballo, con un tempo di valse, poi à la mazùr, e poi ancora quasi di polka, trasporta l’ascoltatore fra salotti un po’ enigmatici e misteriosi, danze popolari che, però, subendo quelle “sporcature” tipiche dell’autore, trasfigurano l’immaginario rendendolo più attuale, più vicino, meno sontuoso eppure tanto curioso. Bellissima la sezione in Allegro, eseguita con il giusto piglio. Ancor di più, Il testamento, con quella lenta conclusione su una melodia presa quasi in ostinato, che pare non riuscire a riposarsi, disturbata da isolati – e un po’ desolati – accordi dissonanti.
Dopo Schnittke è Šostakovič a prendersi il palco, con un brano piuttosto noto alle formazioni di duo pianistico: il Concertino Op.94, in La minore. Il titolo rende piena giustizia al tipo di scrittura pianistica, chiaramente evocativa di un’immaginaria orchestra (forse da camera?). In taluni frangenti l’opera non manca di preludere il successivo meraviglioso Concerto per pianoforte n.2, per i tipici lunghi passaggi a due ottave di distanza, la propulsione motivica quasi marziale e l’energia vigorosa contrapposti a momenti più quieti e cantabili. Il senso dell’insieme è stato reso perfettamente da Sara e Fabiano, con il giusto balancing coloristico e una sincronia ritmica chiara e praticamente ineccepibile.
Infine, la bellissima – nonché celebre – Seconda Suite Op.17 di Rachmaninov. Scritta nel 1901, differisce dalla prima (l’Op.5, del 1893) per l’assenza di palesi richiami poetici, e per il fatto che i nomi dei quattro tempi in cui si articola sono molto più tradizionali e legati alle forme musicali che alle ispirazioni personali.
L’Introduzione, in tempo di marcia, mette in luce tutta la pienezza e il calore della scrittura pianistica del compositore russo, alternando passaggi omoritmici ad altri più contrappuntistici. Degno di nota è il poderoso corale in fff dell’ultima parte, eseguito con un vero senso di maestosa grandezza. Il Waltz, dal tiro spigliato e leggero, è stato uno dei momenti più alti dell’intero concerto: da ricordare, in particolare, le sezioni meno mosse, nelle quali Rachmaninov sembra intessere le stupende melodie spiegate che riverserà nel famosissimo Concerto per pianoforte Op.18: qui il duo, unendo a un bel suono disteso, sereno ma vibrante la scelta di un tempo sensibilmente più tranquillo, ha fatto trasparire tutta la ricchezza espressiva del brano. Quindi la Romance, dai toni eterei e morbidi, e dalla cantabilità più intensa e profonda, quasi “da brughiera” – l’atmosfera è infatti molto simile a quella del lied Lilacs, dallo stesso Sergej rielaborato per pianoforte solo. Il fraseggio nobile ed eloquente è stato gestito ottimamente. A chiusa, una focosa, grintosa e affilata Tarantella, tanto ardua d’esecuzione – ottima la scelta di una sonorità meno “secca” del consueto, e l’esaltazione di voci interne sovente un po’ lasciate sottotono – quanto ricca di temi in insinuazione l’uno nell’altro (o l’uno sopra l’altro), tiene per l’ultima manciata di minuti il pubblico sul filo del rasoio per poi esplodere in un fortissimo conclusivo.
Tanti gli applausi regalati ai due pianisti, che, in cambio, concedono ben due bis: un caldo e sinuoso Tango di Samuel Barber, e uno stravagante By Strauss di George Gershwin.
Andrea Rocchi
(14 settembre 2018)
La locandina
Pianoforte | Sara Costa, Fabiano Casanova |
Programma | |
Alfred Schnittke | Gogol Suite |
Dmitrij Šostakovič | Concertino |
Sergeij Rachmaninov | Seconda Suite Op.17 |
Samuel Barber | Tango |
George Gershwin | By Strauss |
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