Budapest: trionfa il Ring della Bayreuth sul Danubio

Dopo due anni di silenzio dovuto all’emergenza pandemica il Ring ritorna sulla scena non convenzionale del Müpa con una serie di cambi “in corsa” per quanto riguarda il cast

Artefice dell’operazione Ring 2.0 è il regista Hartmut Schörghofer , ripreso con acume da Etelka Polgár, che opta per una visione più immediatamente naturalistica del Prologo e delle Tre Giornate, il tutto a partire dai nuovi video, proiettati sul preesistente sfondo traslucido e realizzati in una coinvolgente alta definizione dal Szupermodern Filmstúdió Budapest, nei quali rimane comunque l’atmosfera delle edizioni passate.

Schörghofer mette in scena la Natura nei suoi Quattro Elementi che cambia nel susseguirsi delle stagioni a rappresentare il mutamento sostanziale fra mondo degli dei e mondo degli uomini, ma anche l’evoluzione di ogni singolo personaggio.

Non manca neppure l’ironia, che in alcuni momenti desacralizza il racconto riportandolo ad una dimensione favolistica che comunque, a voler ben guardare, gli appartiene

La distruzione finale si avverte attraverso paesaggi di desolazione urbana, di rovine di città, di gallerie anguste da cui uscire è impossibile, e tuttavia il messaggio è più di speranza che non di annientamento.

Tutti sembrano voler mostrare il loro lato migliore, a cominciare da Wotan che è padre presente e partecipe prima ancora che dio; Fricka è inflessibile, così come le si conviene, ma a tratti sembra mettersi in discussione, così come la coppia wälside si abbandona alla passione che porterà il mondo antico alle conseguenze estreme con slancio e passione temperato dalla consapevolezza di un futuro inevitabile. Anche Hunding riversa l’affetto che nessuno ha per lui sui suoi lupi, così come Alberich e Fafner sembrano atterriti dalla loro stessa brama di materialità.

Eroi fragili dunque, tutti, e per questo vicini a noi nel loro dramma che diviene di fatto tutto familiare.

Loge, che Schörghofer identifica come colui che tutto muove e tutto decide, si fa in tre – rappresentato da altrettanti mimi – facendosi contemporaneamente bambino, giovane e uomo maturo, a sottolineare il continuo rinnovamento attraverso un fuoco che distrugge e rigenera.

Si ritrova con piacere la maggior presenza in scena dei mimi-danzatori, che le coreografie incalzanti di Gábor Vida ripensano in funzione di rinforzo dei diversi protagonisti; non più dunque solo cani di Hunding o destrieri delle Valchirie – caratterizzati ancora una volta dalle maschere di Corinna Crome, che firma anche i nuovi costumi, bellissimi nella loro essenzialità evocatrice – ma parte integrante dell’azione scenica che dunque si arricchisce rendendosi immediatamente comprensibile.

Il gesto teatrale che Schörghofer richiede ai cantanti è tanto essenziale quanto denso, mirando direttamente alla sostanza più intima, così come il gioco degli sguardi risulta essenziale.

Emblematico l’addio di Wotan a Brünnhilde, con la Valchiria tornata bambina – ma con la consapevolezza che al suo risvegliò sarà donna e moglie del suo salvatore – che si rannicchia tra le braccia di colui che in quel momento è solo un padre lacerato dal dolore e consapevole della sua imminente sconfitta.

Adam Fischer, alla testa della Magyar Rádió Szimfonikus Zenekara – che meraviglia i legni e gli ottoni – sempre coinvolta e coinvolgente, affina ulteriormente la sua visione del Ring, scavando fino all’essenza stessa della nota per trovarne il senso primo e più riposto. Il suono si rarefà in atmosfere sospese per esplodere in climax travolgenti, il tutto in una varietà dinamica inesauribile, di impercettibili rubati, di ritmi vividi, di un calore intimo.

Non c’è retorica, non si trova autocompiacimento nella direzione di Fischer, solo e semplicemente l’urgenza di narrare il particolare che costituisce il fondamento dell’universale. Di bellezza assoluta i quattro finali d’atto che si nutrono di una corda elegiaca che è insieme rimpianto e speranza.

Di seguito il resoconto delle quattro serate.

Das Rheingold

ll Rheingold di quest’anno risulta assai interessante sia per la complessiva eccellenza della compagnia di canto che per un’omogeneità ancor più marcata nella resa dei singoli interpreti.

Convince pienamente il Wotan baldanzoso di nei suoi convincimenti di Egils Sili, voce tornita e votata ad un fraseggiare nobile, capace di trovare momenti di irruenza che sono fra le caratteristiche intrinseche del giovane Signore degli Dei.

Una garanzia assoluta, sia dal punto di vista vocale che da quello della caratterizzazione, la Fricka di Atala Schöck, regale negli accenti e compiutamente conscia del suo ruolo. La voce si piega duttile alla parola e, forte di una linea di canto scolpita, trova una sorprendente varietà di colori.

Vividamente sfaccettato l’Alberich di Jochen Schmeckenbecher, disperato e alla costante ricerca di riscatto, votato alla ricerca di un potere che gli sarà sempre negato. La voce corre sulla parola senza mai pregiudicare il canto, contribuendo a disegnare un personaggio che finisce per diventare suo malgrado una sorta di antieroe tragico.

Ottimo il Mime di Cornel Frey, una volta tanto lontano dalla genia dei Mime macchiettistici e squittenti, è quello. Frey un Nibelungo che non si piega al più potente fratello, al quale tiene nobilmente testa.

Sufficiente la prova di Nadine Weissmann, Erda dal colore non indimenticabile.

Una certezza è data da Loge sarcastico e disincantato dell’intramontabile Christian Franz, che trova accenti irridenti anche nel canto.

Walter Fink si conferma ottimo Fafner nonostante il trascorrere del tempo si rifletta sulla tenuta vocale.

Bene anche il Fasolt prepotente tratteggiato da Krisztián Cser, che spartito alla mano ha sostituito in corsa l’indisposto Sorin Coliban.

Lilla Horti dà voce e corpo ad una Freia di grande dignità lontana da qualsiasi languore, mentre Zsolt Haja è un Donner dalla voce forse un po’ chiara ma nel complesso convincente. Luminoso il Froh di Szabolcs Brickner.

Bene si comportano le tre Rheintochter, ovvero Orsolya Sáfár, Woglinde, Gabriella Fodor, Wellgunde e Zsófia Kálnay, Flosshilde sicure nel canto e bellissime e sensuali sulla scena.
(16 giugno 2022)

Die Walküre

Quasi dieci minuti di applausi hanno suggellato il successo pieno della Prima Giornata del Ring, grazie ad una compagnia di canto di altissimo livello e capace di non deludere le aspettative.

Catherine Foster tratteggia una Brünnhilde indomita e animata da ardore guerriero eppure in qualche modo atterrita dalla sua stessa potenza. Il canto si plasma duttile sulla parola. La voce è straordinariamente potente, i centri rotondi, gli acuti folgoranti.

Richard Brenna, dimostra che lo Heldentenor è un’invenzione post wagneriana cantando un Siegmund di esemplare nitore , poggiato su un canto che non rifugge dalle mezzevoci. Il suo Wälside, quasi adolescenziale, negli accenti palpita e scalpita fremente di mille emozioni, si accende e ripiega timoroso dei suoi stessi sentimenti.

Karine Babajanyan è Sieglinde completamente padrona del gioco, volitiva, sensuale. Il canto poggia su una linea decisa e cristallina, il fraseggio è nobilissmo, la ricerca di colori e intenzioni costante.

Dopo il Rheingold il Wotan giovanilmente irruente di Egils Silins diviene padre ancor prima che dio. Da sottolineare il rigoglio degli accenti e la fluidità dell’emissione.

Ottima ancora la Fricka orgogliosa della sua divinità di Atala Schöck, algida ma non distaccata, dal fraseggiare tagliente, animata da un cieco senso del dovere che non lascia spazio a null’altro che a se stesso.

Jongmin Park, chiamato a sostituire l’annunciato Sorin Coliban, tratteggia un Hunding animato da un fraseggio ben calibrato incardinandolo su una line adi canto di grande pulizia.

Bravissime le otto Vatchirie, – Gertrúd Wittinger (Helmwige), Anna Csenge Fürjes ( Grimgerde), Beatrix Fodor (Ortlinde), Gabriella Fodor (Waltraute), Éva Várhelyi (Siegrune), Zsófia Kálnay (Rossweisse), Zita Várady (Gerhilde) e Szilvia Szilágyi (Schwertleite) – che cantano come fossero una sola tanto le voci sono capaci di fondersi.

Successo pienissimo, si diceva, e meritatissimo.
(17 giugno 2022)

Siegfried

La Seconda Giornata del Ring 2022 conferma la partenza folgorante del Prologo e consolida quella della Walküre.

Si conferma straordinaria la Brünnhilde  di Catherine Foster,  animata da passioni travolgenti, corposa nei centri e folgorante in acuto. Nel duetto finale il soprano britannico esibisce un controllo totale dei suoi mezzi restituendo un canto perfetto.

Bene ma non benissimo il Siegfried di Stefan Vinke, generoso nella resa vocale ma, soprattutto nel terzo atto, parco di intonazione

Egils Silins dà voce e corpo ad un Wanderer riflessivo e ricco di accenti, oltre che in possesso di una vena malinconica che attraversa il suo canto.

Jochen Schmeckenbecher – Alberich – si conferma vilain di rango cesellando ogni parola con intelligenza mettendo così in piana luce quanto il Nibelungo sia l’unico vero perdente, sconfitto nel momento stesso in cui rinuncia all’amore per il potere.

Cornel Frey – Mime – fa del Nibelungo una sorta di tragico antieroe, un vilain raffinato e cerebrale rispetto ad Alberich, che invece è malamente trascinato dalla volgarità delle sue scelte

Confermate le perplessità sulla Erda di Nadine Weissmann emerse nel Prologo.

Zita Szemere, infine, disegna un Waldvogel di purezza cristallina e di grande freschezza.

Ancora una volta successo pieno e tutto il pubblico in pedi a cantare Happy Birthday alla Foster.

(18 giugno 2022)

Götterdämmerung

Un applauso che sembra non voler finire mai e quasi liberatorio quello che il pubblico, dopo un momento di silenzio, tributa a tutti gli interpreti della Götterdämmerung al termine di un’esecuzione perfetta, con prove maiuscole da parte da tutti i cantanti, con una sola eccezione.

Grandissima, e non è un’esagerazione, la Brünnhilde di Catherine Foster – che canta il ruolo in tre giorni consecutivi. Voce potente, fraseggio appassionato, impeto ferino coniugato ad un costante scavo psicologico rendono perfetta la prova della Foster.

Al suo fianco il Siegfried di Stefan Vinke, sempre un po’ fracassone e approssimativo nell’intonazione anche se sempre ben calato nel personaggio.

Ben delineato il Gunther esitante e vittima degli eventi, Károly Szemerédy baritono dalla voce cristallina e padrone di una linea di canto ineccepibile.

Da manuale l’Hagen elegantemente perfido di Albert Dohmen, vero gigante del canto e dell’interpretazione

Polina Pasztircsák è Terza Norna dolente e disillusa e poi Gutrune, quest’ultima risolta con un canto tutto sul fiato e una caratterizzazione che ne fa una sorta di bimba viziata, il tutto con bella ricerca di colori e accenti.

Ancora una volta superbo Jochen Schmeckenbecher, Alberich insinuante e ferino.

Petra Lang è Waltraute altera negli accenti, tutta incentrata su un fraseggiare nobilmente appassionato.

Bene fanno le altre due Norne, distaccate e distanti, consapevoli di un destino del quale possono solo prendere atto, ovvero Anna Csenge Fürjes (Erste Norne) e Judit Németh, (Zweitere Norne).

Si confermano ottime Rheintochter Orsolya Sáfár (Woglinde)

Gabriella Fodor (Wellgunde) e Zsófia Kálnay (Flosshilde).

I due cori – il Magyar Rádió Énekkara, diretto da Zoltán Pad ed il Budapesti Stúdió Kórus, preparato da Kálmán Strausz – offrono entrambi una prova maiuscola.

Successo pieno per tutti, con anche l’orchestra sul palcoscenico.
La sfida della Beyreuth sul Danubio è ancora una volta vinta; arrivederci al Festival 2023, con in programma, oltre al Ring, Meistersinger e Parsifal.

(19 giugno 2022)
Alessandro Cammarano

La locandina

Direttore Ádám Fischer
Regia e scene Hartmut Schörghofer
Assistente alla Regia Etelka Polgár
Drammaturgia Christian Martin Fuchs †, Dr. Christian Baier
Costumi e marionette Corinna Crome
Luci Máté Vajda
Video Szupermodern Filmstúdió Budapest
Coreografia Gábor Vida
Personaggi e interpreti:
Das Rheingold
Wotan Egils Silins  Egils Silins
Donner Zsolt Haja
Froh Szabolcs Brickner
Loge Christian Franz
Fricka Atala Schöck
Freia Lilla Horti
Erda Nadine Weissmann
Alberich Jochen Schmeckenbecher
Mime Cornel Frey
Fafner Walter Fink
Fasolt Krisztián Cser
Woglinde Orsolya Sáfár
Wellgunde Gabriella Fodor
Flosshilde Zsófia Kálnay
Die Walküre
Siegmund Daniel Brenna
Hunding Sorin Coliban
Wotan Egils Silins
Sieglinde Karine Babajanyan
Brünnhilde Catherine Foster
Fricka Atala Schöck
Ortlinde Beatrix Fodor
Schwertleite Szilvia Szilágyi
Waltraute Gabriella Fodor
Grimgerde Anna Csenge Fürjes
Rossweisse Zsófia Kálnay
Siegrune Éva Várhelyi
Helmwige Gertrúd Wittinger
Gerhilde Zita Várady
Siegfried
Siegfried Stefan Vinke
Mime Cornel Frey
Wanderer (Wotan) Egils Silins
Alberich Jochen Schmeckenbecher
Fafner Walter Fink
Erda Nadine Weissmann
Brünnhilde Catherine Foster
Waldvogel Zita Szemere
Götterdämmerung
Siegfried Stefan Vinke
Gunther Károly Szemerédy
Hagen Albert Dohmen
Alberich Jochen Schmeckenbecher
Brünnhilde Catherine Foster
Gutrune Polina Pasztircsák
Waltraute Petra Lang
Erste Norn Anna Csenge Fürjes
Zweite  Norn Judit Németh
Dritte Norn Polina Pasztircsák
Woglinde Orsolya Sáfár
Wellgunde Gabriella Fodor
Flosshilde Zsófia Kálnay
Magyar Rádió Szimfonikus Zenekara
Magyar Rádió Énekkara
Mestro del coro Zoltán Pad
Budapesti Stúdió Kórus
Maestro del coro Kálmán Strausz

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