CD: “Mirrors”, i giochi di specchi di De Bique e Quintavalle
I recital di canto sono un po’ come le cravatte o i foulard: o è amore a prima vista – in questo caso a primo ascolto – oppure finiscono in un cassetto e dimenticati; “Mirrors” il CD d’esordio di Jeanine De Bique uscito per Berlin Classics supera la categoria “amore” per rientrare in quella della “folgorazione” a prima vista.
A questo punto è d’obbligo analizzare le ragioni che fanno di questa registrazione un must-have come pochi tra quelle ascoltati nel corso di un anno che ha visto uscite discografiche e video eterogenee per qualità e interesse.
Il gioco di specchi tra eroine proposto dalla De Bique – con l’apporto essenziale di Luca Quintavalle che insieme al Concerto Köln si pone come perfetto deuteragonista – funziona meravigliosamente bene tra arie arcinote, saldamente nel repertorio dei grandi soprani coloratura, e altre meno frequentate e per questo beneficiarie di un “effetto sorpresa” che diventa insieme esercizio intellettuale intrigante, scoperta e gioia pura d’ascolto e traendo tutto da opere che si raccolgono cronologicamente in un pugno d’anni.
La cantante trinidadese esibisce un corredo di agilità profuso con intelligenza e senza mai tradire una linea di canto evidentemente poggiata su basi rigorose ma allo stesso tempo ricca di spunti fantasiosi facendo scoprire all’ascoltatore la Cleopatra flamboyant del Cesare e Cleopatra di Carl Heinrich Graun, Kapellmeister di Federico Secondo di Prussia, che funamboleggia in “Tra le procelle assorto” accostata a quella sensualissima del “Se pietà di me non senti” dal Giulio Cesare di Händel.
i riflessi si moltiplicano – Quintavalle propone con acutezza la doppia natura, intima e infuocata, di ciascun personaggio – con l’Agippina del Grande Sassone e quella raccolta di Telemann e poi con Rodelinda, dove la de Bique giganteggia nell’intonazione di Graun e brilla in quella haendeliana.
Poi le due Deidamie – ancora Händel e il napoletano Gennaro Manna – e infine uno scambio di ruoli, specchio nello specchio, in cui “Mi restano le lagrime” è affidata da Riccardo Broschi a Morgana e da Händel, che ne fa una delle vette più alte della sua produzione, ad Alcina.
Quintavalle riserva per sé l’ouverture della Partenope, ovviamente anch’essa “doppia”, cesellando Händel, scaldando di sole mediterraneo quella di Vinci e trovando per entrambe soluzioni ritmiche ed agogiche accattivanti.
Peccato che nel libretto manchino i testi delle arie, ma non si può avere tutto.
Alessandro Cammarano
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