Como: la Sonnambula, ovvero un Bellini freudiano
La struggente melanconia del Lario, prima ancora dei magnati russi e delle star del cinema, aveva contagiato un golden boy siciliano di nome Vincenzo che sulle rive del lago di Como trovava la sua via di fuga dalle morbose attenzioni che gli serbavano le tenutarie dei migliori salotti milanesi. Da queste parti era comunque ospite di altre amanti ma, quantomeno, il numero di assalti femminili da contenere era ridotto.
In un certo senso anche La sonnambula, composta proprio sul Lago di Como in meno di due mesi all’inizio del 1831, era stata una via di fuga dal gravoso impegno che aveva iniziato con Ernani, lavoro che non avrebbe mai concluso e che alla fine sarebbe stato ripreso da Verdi.
Pur composta in un siffatto contesto di maggiore rilassatezza (ci sono anche pochi accenni a quest’opera nei suoi carteggi al tempo della composizione) La sonnambula è tutt’altro che opera di disimpegno. Il contesto bucolico non deve, infatti, ingannare.
Siamo già dalle parti del Professor Freud e del suo socio Richard Strauss.
È difficile non scorgere nel sonnambulismo la realizzazione di un desiderio inespresso della giovane e apparentemente illibata fanciulla, talmente palese è la contrapposizione tra l’amore ostentato, a tratti puerile e violento del promesso sposo Elvino e la nobiltà d’animo, condita da superba galanteria, del Conte Rodolfo.
Chi, nei suoi panni, non avrebbe finito per ritrovarsi nel talamo del Conte? Per fortuna la sagace fanciulla ha dalla sua parte il solido alibi del sonnambulismo.
Forse solo quando ci sarà nota in ogni suo angolo la vera storia del biondissimo compositore catanese (che, a giudizio dei bene informati, non doveva essere scevro da nevrotiche contraddizioni) si potrà dare la soluzione al fatale enigma: la ragazza ci era o ci faceva ?
È di tutta evidenza che un materiale di questa portata avrebbe potuto favorire un eccellente lavoro di regia. Non è stato questo il caso della Sonnambula andata in scena al Sociale di Como il 24 e il 26 di ottobre e che nelle prossime settimane seguirà il consueto circuito dei Teatri lombardi.
Pur apprezzando la giovane età del regista Raúl Vázquez, la gioventù è sempre valore e virtù al tempo stesso, il risultato sul palco non è stato particolarmente convincente.
Brutte le scene di Sergio Loro, che tradivano il contesto bucolico dell’opera senza però dare una chiave di lettura alternativa che stimolasse una qualche riflessione. I movimenti in scena erano piuttosto scolastici ed è stato pure difficile capire il senso di alcune scelte nei costumi di Claudio Martín, tipo la contemporanea presenza di domatori da circo, operai in tuta e fazendeiros sudamericani con il panama ad una festa matrimoniale in terra elvetica.
In un coté di generale noia, l’idea più carina è stato il temporale inscenato in sala (rumori e luci di un certo effetto) nell’ultimo cambio di scena che sembrava contenere una citazione pop con retrogusto di nostalgia.
Per un curioso gioco della sorte o per un tocco di geniale civetteria della regia, l’orologio del Teatro si è fermato proprio durante il simulato temporale. Che sia stato proprio un fulmine a causare il guasto? Questo fatto si consumava alla recita del 26 ottobre, data tutt’altro che casuale.
Era la data nella quale la De Lorean DMC-12 (opportunamente taroccata al plutonio) trasportava Marty Mc Fly nel 1955 nell’ormai iconico film Ritorno al futuro. Il baldo giovane, sul finire della pellicola, ritornava al suo tempo presente proprio grazie alla forza di un fulmine che colpiva e fermava l’orologio di una biblioteca. Per un figlio reietto degli anni ottanta, come è chi scrive, non poteva che scattare qualche lacrima. In conclusione non si può negare che la regia di Raul Vasquez abbia comunque colpito nel segno, almeno per un nostalgico quarantenne in crisi di mezza età.
Sul versante musicale i risultati sono stati eccellenti.
Il giovane maestro Leonardo Sini (classe 1990) ha tocco di classe e nella direzione dell’ottima Orchestra dei Pomeriggi Musicali ha puntato all’essenzialità della melodia, evitando inutili gigionerie. Il risultato è stato quello di favorire il lavoro agli ottimi interpreti che la sempre accorta produzione ASLICO gli ha messo a disposizione.
Veronica Marini è stata un’Amina decisamente convincente, la voce assai pregevole è stata accompagnata da un’ottima prova nella recitazione, da menzionare la sua interpretazione da sonnambula.
E’ stata anche in grado di far emergere la natura ambigua del personaggio, lasciando intuire dai suoi languidi sguardi al bel Conte le sue vere e neppure troppo malcelate intenzioni.
Ruzil Gatin è Elvino dalla voce estesa e duttile, capace di alternare acuti svettanti ad eleganti piani dei momenti più intimistici, da notare la sua intensa prova nella cavatina del primo atto, Prendi, l’anel ti dono.
La parte di Lisa, non priva di complesse asperità, è andata ad una solida Giulia Mazzola che le ha risolte con classe e mestiere, come pure buon mestiere ha dimostrato Sofia Janelidze nei panni di una proterva Teresa, madre di Amina.
Davide Giangregorio, voce e calda e ottimamente proiettata, è il Principe Azzurro (pardon Conte) che qualsiasi fanciulla (e non solo) sognerebbe di incontrare sulla sua strada. Il giovane baritono di origini campane è decisamente un soggetto da tenere d’occhio.
Completavano il cast un simpatico Notaio (Claudio Grasso) assai somigliante ad un omologo di mia conoscenza e il solito Luca Vianello nei panni di Alessio. Vianello, è ormai un habitué dei Teatri del circuito lombardo con costanza di apprezzati risultati.
Anche questa volta alla bella voce scura e ampia ha unito una solida prova di attore fornendo anche un validissimo supporto in scena a Massimo Fiocchi Malaspina che ha preparato al meglio il Coro di OperaLombardia e anche questa non è una novità. Alla fine applausi per tutti e ovazioni per gli sposi promessi, l’elegante Conte e l’ostessa Lisa.
A recita conclusa, tornando verso l’amena tana mi interrogavo sul rischio di iniziare a scrivere recensioni in una fase di sonnambulismo, magari dando prevalenza a qualche desidero inespresso che solo in quello stato si può compiutamente esprimere.
Non sarei il primo e penso neppure l’ultimo. Invece, mi par giusto confessarlo, queste povere parole sono state vergate nel corso di una domenica mattina che odorava di succo d’arancia, burro e fette biscottate. Sotto la benevola supervisione del gatto Merlino, soggetto non scevro da sospetti di sonnambulismo.
Marco Ubezio
(26 ottobre 2019)
La locandina
Direttore | Leonardo Sini |
Regia | Raúl Vázquez |
Scene | Sergio Loro |
Costumi | Claudio Martín |
Luci | Vincenzo Raponi |
Personaggi e interpreti: | |
Il Conte Rodolfo | Davide Giangregorio |
Teresa | Sofio Janelidze |
Amina | Veronica Marini |
Elvino | Ruzil Gatin |
Lisa | Giulia Mazzola |
Alessio | Luca Vianello |
Un notaio | Claudio Grasso |
Orchestra I Pomeriggi Musicali | |
Coro OperaLombardia | |
Maestro del coro | Massimo Fiocchi Malaspina |
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