Dal Barocco alla Mélodie, i volti diversi di Philippe Jaroussky

Chi afferma che un controtenore ha carriera breve è smentito dal percorso artistico e musicale che Philippe Jaroussky, l’Orfeo della nuovissima incisione Erato del capolavoro di Gluck in uscita in questi giorni, sta compiendo. Nato a Maison-Laffitte nel cuore dell’Ile-de France quarant’anni fa l’artista francese è reduce da un’intensa stagione parigina che l’ha visto applaudito all’Opéra Garnier in Only the Sound remains di Kaija Saarhiaho per la regia di Peter Sellars, poi in Alcina di Haendel accanto a Cecilia Bartoli al Théâtre des Champs-Elysées, culla parigina del barocco musicale. Nello stesso teatro di Avenue Montaigne Jaroussky ha da poco iniziato le prove di Orfeo ed Euridice, una coproduzione internazionale dello spettacolo di Robert Carsen fra il Théâtre des Champs-Elysées, la Canadian Opera Company di Toronto, la Fondazione Teatro dell’Opera di Roma, l‘Opéra Royal del Castello di Versailles e la Lyric Opera of Chicago.

Come nell’incisione Erato Jaroussky sarà diretto, fra maggio e giugno prossimi a Parigi e a Versailles, da Diego Fasolis alla testa dei suoi I Barocchisti. L’incisione, che propone di Orfeo, la versione napoletana del 1774 lo vede a fianco dell’Euridice di Amanda Forsythe, il soprano statunitense che condivide con il controtenore-star la copertina del CD, dall’Amore di Emoke Baráth, il soprano ungherese che con Jaroussky ha inciso nel 2017, sempre per Erato, La storia di Orfeo: una sorta di prologo alla nuova uscita che può contare anche sull’apporto, fondante, del Coro della Radiotelevisione svizzera.

Parlare con Philippe Jaroussky, che raggiungiamo telefonicamente a Parigi alla vigilia delle prove con Carsen e Fasolis, è come parlare, più che con un cantante, con un musicologo. “È un po’ vero” risponde, e la voce fa sentire che sta sorridendo. “Da subito ho frequentato archivi e biblioteche anche in Italia alla ricerca di manoscritti del Carissimi. Oggi, sotto quest’aspetto, internet offre molto. C’è un sito, www.internetculturale.it in cui ho trovato il manoscritto dell’Orfeo nella versione di Napoli in cui la parte di Orfeo è molto più acuta rispetto a quella delle versioni più conosciute e quindi più adatta a me. Il personaggio di Euridice, che a Napoli fu interpretato da un soprano coloratura, Aurea De Amicis, è più sviluppato e per lei Diego Naselli, allievo del più noto David Perez, scrisse un’aria virtuosistica e un lungo duetto con Orfeo.”.

Monsieur Jaroussky vanta un curriculum di tutto rispetto: ha studiato violino, pianoforte e composizione a Versailles, ha proseguito a Parigi con il canto entrando nel Dipartimento di musica antica del Conservatorio sotto la guida di Nicole Fallien. Il debutto è avvenuto nel 1999 con l’oratorio di Scarlatti Sedecia al Festival di Ambronay sotto la direzione di Gérard Lesne. Nel 2007 è stato l’Artista lirico francese dell’anno. La sua discografia è molto vasta. Ha anche creato un suo gruppo musicale, l’Ensemble Artaserse con cui si presenta un po’ dappertutto. Importantissima nel suo repertorio la musica barocca, in particolar modo Vivaldi e Haendel, che sono il suo pane quotidiano.

Oggi è Orfeo… “Lo sono già stato lo scorso anno nell’incisione Erato pensata attorno a tre opere del Seicento italiano sul mito di Orfeo e realizzata anche in questo caso con Diego Fasolis. Monteverdi non è autore che rientra abitualmente nel mio repertorio e mi è piaciuto incidere una versione di “Possente spirto” con un colore differente da quello che si ascolta di solito. Ci sono dei duetti d’amore tratti dalle opere di Rossi e Sartorio in cui a Euridice è data l’importanza che in Monteverdi e, tutto sommato anche in Gluck, non ha.”.

L’Orfeo di Gluck è però un’altra cosa… “È vero, e anche in questo caso il mio sarà differente da quelli finora ascoltati. Nell’incisione la versione di Napoli rende interessante la proposta perché è nuova e del tutto alternativa a quelle che si sono fatte in passato, da quella con Kathleen Ferrier in poi. Anche nell’Orfeo che faremo con Carsen e Fasolis a Parigi, Versailles e poi in tournée ci saranno dei piccoli cambiamenti, ma la versione è quella di Vienna del 1762, la prima e la più pura… Sarà una versione molto psicologica e curata per cui Carsen ha ripensato lo spettacolo che mise in scena una decina d’anni fa a Chicago.”.

Già a Chicago l’Orfeo secondo Carsen non aveva riferimenti temporali per dare spazio alla musica di Gluck e al canto. Qui – pare di capire – il discorso sarà approfondito. “Puntiamo a commuovere il pubblico con la storia di Orfeo e di Euridice, che sulla scena sarà Patricia Petibon. Carsen non era convinto che la versione napoletana potesse adattarsi al suo spettacolo e quindi siamo andati alle origini. Penso che taglieremo il balletto finale perché il pubblico possa essere più concentrato sulla vicenda: Orfeo è un’opera difficile da mettere in scena, ma questa che faremo a Parigi sarà il contrario delle edizioni coreografiche che si vedono in giro. Non dimentichiamo che il secondo personaggio dell’opera non è Euridice, è il coro, sempre molto presente.”.

Si sente più cantante da concerto o da teatro Jaroussky? “Amo molto il concerto e, non le nascondo che, fino a qualche anno fa, il teatro era una forzatura del mio carattere. Oggi ho appreso a seguire le raccomandazioni dei registi, a interagire con i colleghi, poterlo fare con Cecilia Bartoli è una specie di dono del cielo. Ho appreso quella flessibilità che ho riscontrato in molti colleghi e la tensione corporea che è propria del teatro riesco a gestirla in modo che non abbia effetti negativi sul canto.”.

La sentiremo in Italia? “È paradossale ma ho lavorato e lavoro soprattutto con complessi italiani, canto in italiano e nel vostro Paese ho fatto non più di tre concerti. C’è una novità, però, e l’11 settembre sarò con il mio gruppo a Merano. È già qualcosa, e poi ci sono altri progetti operistici in Italia nei prossimi anni.”.

Rino Alessi

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