Daniela Barcellona, tra studio e progetti

Decidere d’intervistare Daniela Barcellona Vitiello è, più che fissare un appuntamento di lavoro con lei al telefono, come in questo caso, o con lei e Alessandro, se ci s’incontra come tre estati fa a Pesaro, un piacere. Reciproco, va detto. Perché Daniela e Alessandro, con cui ci conosciamo da molti anni, hanno piacere di stare con me, ed io con loro. A Trieste, Pesaro, Parigi, Dresda, Napoli abbiamo passato dei bei momenti assieme.

Daniela, poi, è una donna simpatica e intelligente. In questi giorni è a Lugano, dove si è trasferita da qualche anno, bloccata in casa dalla pandemia. Alessandro le è di grande aiuto, ma il cruccio di non poter raggiungere suo padre a Trieste, le procura ansia.

E’ la prima cosa che mi racconta. Ci scambiamo notizie sui rispettivi genitori anziani e poi ci troviamo d’accordo che l’unica cosa da fare di questi tempi è stare a casa.

Daniela è molto attiva in rete, da quando la sua mamma, la cara signora Nerea, non c’è più. Prima lo faceva sua mamma, ora Daniela cinguetta con passione su Twitter e su Facebook è molto presente. Si è impegnata, come me, a inventarsi influencer per la nobile causa dello stare a casa. «È l’unica cosa che possiamo fare, per noi stessi e per gli altri» commenta a telefono.

Le interviste con Daniela Barcellona si svolgono in triestino, le viene più facile parlare in dialetto mi disse la prima volta che c’incontrammo, e da allora è così. Siccome io le interviste non le registro, – ho sempre preferito ascoltare con attenzione e prendere appunti – quando si svolgono in un’altra lingua, sia pure minoritaria, faccio in un colpo solo il cronista e il traduttore di consecutiva. Un bell’allenamento per il mio cervello.

La cosa buffa e che con Daniela ci sentiamo nel giorno – il 16 marzo – in cui due grandi mezzosoprani festeggiavano il compleanno.

Teresa Berganza… «Adesso ti racconto come l’ho conosciuta. Ero a Madrid per The Rake’s Progress di Stravinskij, facevo uno dei miei personaggi di carattere più riuscito, Baba la Turca, la donna barbuta. Era appena terminata la recita e mi stavo cambiando. Sentiamo bussare alla porta del mio camerino. Alessandro va ad aprire perché chi bussava insisteva, io vado in bagno perché ero impresentabile, Sandro apre la porta e chi ti trova? Teresa Berganza, capelli e vestito multicolori, una donna ancora vivacissima anche se credo che abbia compiuto ottantasei anni. Entra in camerino, dov’è Daniela? Si sta vestendo signora. Voglio vederla. Apro la porta del bagno e mi affaccio per salutarla. Daniela sei bravissima, sei stupenda. Te lo volevo dire di persona, alza i tacchi e se ne va. Così ho conosciuto Teresa Berganza.».

Siccome la Berganza ho avuto il piacere d’intervistarla due volte, racconto a Daniela del pomeriggio trascorso con lei nella sua suite all’Hotel Victoria di Monfalcone dove Carlo de Incontrera mi aveva organizzato un incontro che fu interminabile per le molte telefonate che interruppero il nostro colloquio e per la simpatia che s’instaurò fra noi.

«E’ una donna vivace. Un’artista musicale, una grande musicista.  Il suo Rossini lo ammiro per l’espressività oltre che per l’esattezza della coloratura. L’ho molto ascoltata.».

E Christa Ludwig che compie gli anni pure lei il 16 marzo? «Ha fatto anche Verdi, ma non era il suo repertorio, quindi abbiamo poche cose in comune. Nella liederistica apprezzo la sua eleganza, l’espressività, il fraseggio accuratissimo. Da lei ho rubato delle piccole cose.».

Allora non è vero quello che dicono tutti, quando studio non ascolto nessuno… «Una cosa è ascoltare, prendere informazioni sul brano che dovrò affrontare nel caso io non lo conosca, un’altra è imitare. Quando studio, e in questi giorni di forzata inattività, lo sto facendo molto, in genere ascolto le incisioni di Giulietta Simionato, eravamo amiche, ci siamo frequentate e se devo fare un debutto importante, per esempio Azucena nel Trovatore, ascolto lei. Ma ascolto la grande Simionato per poi trarre le mie conclusioni e interpretare Azucena a modo mio…».

Un altro grande mezzosoprano, triestino come te, sarà celebrato, tra Firenze e Trieste dal prossimo 4 giugno, giorno in cui avrebbe compiuto cent’anni…

«Fedora Barbieri era un numero. Ha sempre vissuto a Firenze, ma ha sempre parlato in triestino. Con tutti, mica solo con me… Ricordo che eravamo passati a trovarla con Alessandro e stavamo rientrando a casa sua dopo aver pranzato assieme. Era un inverno rigidissimo e Fedora indossava una pelliccia. Passa un ciclista e le grida, o la si vergogni, alla fiorentina. La risposta di Fedora fu immediata, “vergognite ti, mona…”.

Abbiamo talmente riso con Alessandro che non riuscivamo nemmeno a camminare per riaccompagnarla a casa. Arrivati da lei, mi dice di farle ascoltare qualcosa. Canto l’aria del Barbiere, e lei “Eh no, cara, stai mettendo tutta la voce in petto e mi fa sentire dei suoni che se li dovessi imitare non so cosa verrebbe fuori…”.

Beh, era un’autodidatta molto dotata dalla natura… Dalla sua Quickly, però, qualcosa da imparare c’è. Più per la sua caratterizzazione che per il canto. Oggi una Quickly come quella di Fedora non sarebbe accettata dal pubblico.».

Ci dobbiamo salutare, dove ci vediamo? «Spero di ricominciare all’Arena di Verona il 22 luglio, ma non sono certa. Oltre alla Nona di Beethoven dovrei partecipare al Gala Netrebko.”.

E poi? «Poi ho il debutto in Ballo in maschera a Madrid, la mia prima Ulrica, in ottobre La Gioconda alla Scala, poi un Falstaff e a gennaio 2021 Il Trovatore a Parigi.».

Rossini lo hai lasciato? «No, no, scherzi. Torno a Pesaro nell’estate del 2021 con Edoardo e Cristina.».

Prima di fissarci appuntamento a Verona, Daniela mi racconta che nella mattinata Alessandro è rientrato senza il lievito che gli aveva chiesto di comprarle: «Io lo considero un buon segno. Se la gente torna a farsi il pane a casa, forse stiamo recuperando una dimensione più umana.».

È una persona vera Daniela Barcellona e non capita spesso di trascrivere un’intervista ridendo. A presto Daniela!

Rino Alessi

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