Firenze: Blacher e Aydin in viaggio tra le sonorità

Quando è terminata l’esecusione della sonata beethoveniana, in questo caso l’opera 47 nota come “A Kreutzer”, la sensazione non è stata solo quella di trovarsi alla fine di un concerto come tanti altri, anche se di qualità. Le tre composizioni in programma infatti hanno costretto esecutori e pubblico a uno sforzo congiunto per la comprensione di altrettanti modi diversi di affrontare la letteratura per violino e pianoforte. Kolja Blacher e Özgür Aydin hanno scelto pagine di grande tensione drammatica, unita a una tecnica non comune, per il loro concerto nella stagione degli Amici della Musica di Firenze, primo di quattro appuntamenti consecutivi dedicati a violinisti di fama. 

La prima parte è stata dedicata a due modi diversi di vivere e di leggere il Novecento musicale europeo. A partire da Francis Poulenc e dalla sua Sonata completata nel 1943 in memoria di Federico Garcia Lorca. L’approccio del compositore francese al violino solista arrivò solo dopo le insistenze della strumentista Ginette Neveu che la eseguì insieme allo stesso Poulenc. Per questo la scrittura è molto matura e presenta momenti cantabili di grande fascino, specialmente nel primo movimento. Blacher ha dato la sensazione di far volare le dita sulle corde per evidenziare la raffinatezza di fondo della composizione, ben assecondato da Aydin.

Dalla Francia alla Russia di Dmitrij Šostakovič il salto non è stato solo geografico, ma anche di carattere e di sonorità. La Sonata in sol maggiore op. 134 è infatti stata composta nel 1968, negli ultimi anni di attività del musicista, e presenta una forte caratterizzazione drammatica con il sistema tonale che è messo a dura prova dalle idee del suo autore. Dedicata a David Oistrakh, la pagina presenta al tempo stesso un legame stretto con le forme del passato evidenziate in modo particolare dai due esecutori: ricordiamo la fuga inserita del secondo movimento (con il tema esposto dal pizzicato del violino di Blacher) e la passacaglia alla base del terzo.

Dopo due composizioni così caratterizzate, anche quella di Beethoven, nota maggiormente agli appassionati di classica, non poteva essere letta in modo didascalico. Qui il duo ha trattato la Kreutzer spostandola temporalmente qualche anno più avanti rispetto a quello della composizione. L’invenzione melodico-armonica d’altra parte non fu compresa dallo stesso dedicatario (Rodolphe Kreutzer, che non eseguì mai la pagina scritta a inizio Ottocento) e mostra un Beethoven già proiettato verso i capolavori degli anni successivi. Blacher e Aydin hanno puntato quindi su un suono deciso, netto, autorevole nel quale si intravede il visionario degli ultimi lavori. Ma è soprattutto il Beethoven delle grandi sinfonie a essere riconoscibile dalle corde e dai tasti, trasmettendo un senso di pienezza per appagare il pubblico.

Il quale, abbastanza numeroso nel Saloncino Paolo Poli del Teatro della Pergola considerando il periodo sanitario, ha festeggiato i musicisti come era giusto che fosse. Per la loro tecnica, ma anche per i grandi contenuti che hanno saputo trasmettere.

Michele Manzotti
(9 gennaio 2022)

La locandina

Violino Kolja Blacher, violino
Pianoforte Özgür Aydin
Programma:
Francis Poulenc
Sonata
Dmitrij Šostakovič
Sonata in sol maggiore op. 134
Ludwig Van Beethoven
Sonata n. 9 in la maggiore op. 47, “A Kreutzer”

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