Firenze: il cielo in Cattedrale
La suggestione forte che trasmette uno spazio scenico unico al mondo, come l’area della controfacciata della Cattedrale di Santa Maria del Fiore a Firenze, condiziona. Prima di entrare nelle pieghe della drammaturgia del progetto di Davide Rondoni che lì si rappresenta in prima assoluta – “Con il cielo dentro” per le celebrazioni dei 600 anni della Cupola del Brunelleschi – ci si deve riprendere dallo stupore che è lo stesso della prima volta. Due tavoli alle estremità ricoperti di disegni, tomi, attrezzi, schemi e strumenti scientifici di misurazione dove agiscono Giancarlo Cauteruccio (anche regista) che amplifica la voce della Scienza e alla sua sinistra Patrizia Zappa Mulas che dà voce alla Poesia. Su questa dualità, a volte anche aspra, si snoda la “sacra rappresentazione contemporanea” di Rondoni che nell’azzardo architettonico del Brunelleschi, prodigio di arte e tecnica, trasfigura l’atavica volontà dell’uomo di rappresentare il cielo. Dietro di loro, su pedane accerchiate da legni disposti come canne intrecciate, ci sono Roberto Fabbriciani (anche autore delle musiche originali) con i suoi fascinosi flauti e la soprano Monica Benvenuti. All’interno della scenografia si aggira, con una saggia barba bianca, in qualità di silenzioso testimone/osservatore, lui, Brunelleschi (interpretato da Roberto Visconti). Sullo sfondo, il soffitto e le pareti laterali si susseguono spettacolari video proiezioni multiple che a rotazione raffigurano dettagli pittorici, bozzetti, disegni del periodo, stelle, pulviscolo, forme magiche che dilatano la spiritualità del luogo trasformandolo in una leggera navicella spaziale che si perde nello spazio.
Lo sviluppo drammaturgico punta sulla potenza della parola, poetica, tagliente, enfatica, nel confronto scienza-poesia che a volte si arena in inconciliabilità, lontananze, dubbi, a volte sfiora possibili visioni comuni come alba di una nuova umanità. Carismatico come sempre Cauteruccio con il suo riconoscibile timbro rauco che dispensa ironie e sapienze razionali, mentre la Mulas usa misura e gestualità nel disegnare vitalità e visioni del proprio personaggio. Rimane però un dubbio nello scoprire gli attori leggere i testi. Una scelta ambigua, tra reading e recitativo, una via di mezzo che depotenzia il messaggio drammaturgico comunicativo della parola, del corpo, dell’opera intera.
Fabbriciani e la Benvenuti arrivano in apertura alle spalle del pubblico attraversando la navata, voce e flauto diffondono un delicato intreccio di suoni e vocalizzi, il prologo. La scelta musicale di Fabbriciani prende spunti dal mottetto Nuper Rosarum Flores di Guillame Dufay che fu eseguito proprio lì nel 1436 in occasione della consacrazione della Cattedrale. La ripetizione della stessa sequenza ritmica, tipica del mottetto isoritmico, intrecciata con le sonorità originali del compositore disegnano uno scenario pulsante dove i flauti dal vivo, le tracce preregistrate e la voce dialogano in uno spazio sonoro unico, coinvolgente, tra il misterioso, il celestiale e il mistico. I suoni che rimbalzano, gli echi delle volte, trasfigurano in un labirinto dove perdersi tra memorie remote e ambientazioni contemporanee. L’azzardo di Fabbriciani di accostare reminiscenze antiche con sonorità elettronico-digitali, sommando i flauti e la voce dal vivo funziona e apre spazi di riflessione rispetto alla parola. Anzi si potrebbe dire che negli equilibri complessivi dell’opera la musica è forse un po’ troppo defilata, rischia di ridursi a commento invece di assurgere a ulteriore voce da sommare alle altre, dire la propria sull’evoluzione del pensiero scientifico e culturale.
Nel finale, spettacolare il momento dell’apertura del grande portone in legno da dove fluttuano leggeri sulla scena decine e decine di giovani (gli allievi del Laboratorio Tearc dell’Università di Firenze). Una sferzata di energia si diffonde, un chiaro riferimento di fiducia verso le nuove generazioni in un momento storico alquanto complesso e problematico.
Si potrebbe chiudere con una riflessione: “Con il cielo dentro” possiede tutti ingredienti creativi di qualità, ideazione, testi, recitazione, musica, ambiente visuale digitale, ma gli stessi stentano a trovare una sintesi condivisa, ad accendere quel momento magico dove parola, suoni e immagini si fondono in un unico messaggio per divenire opera d’arte.
Paolo Carradori
(24 novembre 2022)
La locandina
Di | Davide Rondoni |
Regia | Giancarlo Cauteruccio |
Musiche originali | oberto Fabbriciani |
Con | Patrizia Zappa Mulas, Giancarlo Cauteruccio, Monica Benvenuti, Roberto Visconti |
Progetto scenico e mapping digitale | Massimo Bevilacqua |
Coordinamento progettuale e ricerche iconografiche | Cesare Pergola |
Ingegnere del suono | Emanuele Braca |
Assistente alla regia | Anna Giusi Lufrano |
Organizzazione e produzione | Laura Scala |
Prodotto da | Opera di Santa Maria del Fiore in collaborazione con Teatro Studio Krypton |
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