Firenze: il Requiem neobarocco di Daniel Harding

A concludere questa mia settimana fiorentina è Daniel Harding con il Requiem di Mozart. Una perfetta conclusione, in realtà, se consideriamo che la settimana era stata inaugurata dal ritorno del pubblico con Daniele Gatti e la doppietta Sinfonia di SalmiSinfonia in Do di Stravinskij. In mezzo, quel gioiello dell’Adriana Lecouvreur, in perfetto equilibrio tra l’imbalsamata sacralità di Stravinskij e la fervente riflessione di Mozart. E fervente lo è stato davvero, questo Requiem slanciato e teso, anche se meno di quanto le prove potevano far intendere.

Prima di tutto, una premessa: è veramente difficile scrivere di questo Requiem, in cui ahimè del coro s’è sentito veramente poco. Cacciato in fondo palco per i distanziamenti, costretto a cantare con la mascherina, il coro è stato quasi sempre sovrastato da un’orchestra che a sua volta, essendo sparpagliata sul palco, si sente poco e suona di più, faticando a trovare compattezza nei pianissimo. Almeno con Adriana avevamo la buca che in qualche modo conteneva e raggruppava la compagine, mentre la Sinfonia di Salmi vede sul palco solo fiati, archi bassi e percussioni (pianoforti inclusi). La piena orchestra ha purtroppo coperto gran parte dei passaggi del coro, almeno da dove mi trovavo seduto, e non possiamo davvero farne una colpa a direttore e musicisti: quando erano i solisti ad esibirsi gli equilibri funzionavano decisamente meglio.

Per l’Orchestra del Maggio questo dev’essere un vero tour de force: Stravinskij, Cilea, Mozart, prove e recite ogni giorno, in realtà la prassi, ma la prassi di un 2019 che non conosceva i lunghi lockdown in cui le performance in streaming erano singoli avvenimenti, nel migliore dei casi bi- o settimanali. Sicuramente non i ritmi a pieno regime che il Teatro del Maggio sta dispiegando con un impegno veramente notevole. Da questa partenza in salita, oltre che dai distanziamenti di cui sopra, penso possano essere fatte derivare alcune difficoltà di insieme, che Harding avrebbe potuto forse aiutare di più rinunciando a parte quell’intrinseca musicalità che esplode da ogni suo gesto, in favore di una chiarezza più geometrica che mettesse tutti d’accordo. La sua interpretazione appare dunque ancora da sgrezzare: era evidentissimo infatti quali fossero i punti su cui direttore e orchestra avevano speso più tempo, mentre altri dettagli, meno curati, erano forse affidati ad una reattività, una plasticità adrenalinica che Harding potrebbe aver sovrastimato. Tutto questo considerato, però, posso comunque cercare di scavare in ciò che mi è apparso da questo Requiem per capire, di fatto, come si approcci un musicista come Harding all’estremo capolavoro incompiuto del Salisburghese.

Alle prove, come accennavo, i tempi agili, il dinamismo umorale che rendono il direttore di Oxford uno dei più grandi interpreti di Schumann, avevano dato un carattere slanciato che l’ingresso del coro (e lo spostamento dalla sala prove alle vaste praterie del teatro) ha naturalmente smorzato. Ridotto dunque lo slancio (Aufschwung, avrebbe scritto Schumann), è emerso l’aspetto più schiettamente barocco di questo lavoro, figlio del Mozart trascrittore di Bach e appassionato studioso di Händel. Harding ha interpretato il Requiem con una nitidezza che pur nella tensione espressiva non concedeva spazio a visioni teatrali o teatralizzanti. Per raggiungere il perfetto compimento di questa idea permeata di una severità teutonica, forse velata di un fatalismo scandinavo (c’entrerà mica il lavoro con l’Orchestra Sinfonica della Radio Svedese?), una maggiore compattezza e una maggiore solennità penso avrebbero contribuito, così come una maggiore continuità nella cura dei dettagli. La partitura è già a rischio disgregazione di suo, per le ovvie vicende legate alla morte di Mozart e i successivi tentativi a più mani di portarla a compimento, un lavoro di fino che mettesse ben in evidenza gli elementi di continuità sarebbe stato un ulteriore passo nell’opera di scavo di Harding.

Sul coro, purtroppo, si può dire relativamente: quello che abbiamo potuto sentire è parso, salvo qualche scivolata, molto ben preparato e con l’attenzione usuale di Lorenzo Fratini, soprattutto quando i volumi contenuti dell’orchestra permettevano alle voci di espandersi e di mostrare l’apprezzabile rotondità delle sue sezioni, soprattutto le donne. I quattro solisti sono apparsi invece, pur nella generale e indubbia preparazione, un po’ diseguali. Partendo dagli uomini, Gianluca Buratto ha dimostrato fin dal suo primo intervento di poter inquietare parrucchini e acconciature di ben più che le prime file. Voce bella, ampia, stentorea, appariva però non ben inserita nel contesto, portata con una libera espansività che non si fondeva pienamente con la nettezza della condotta di Harding e con le altre voci, soprattutto femminili. Matthew Swensen sembrava dirigersi più in questa direzione, ma pecca proprio là dove Buratto dà il suo meglio e alla fine non convince: la voce molto indietro faticava a trovare una proiezione definita e il tenore tedesco è parso sempre un po’ in sofferenza. L’ago della bilancia pende dunque in favore delle due donne: di Sara Mingardo penso sia superfluo scrivere. Il contralto veneziano conosce evidentemente la parte come le sue tasche e non ha degnato di uno sguardo lo spartito se non per voltar pagina quando necessario. Anche Christiane Karg, nonostante la gravidanza agli ultimi mesi, ha affrontato splendidamente i suoi interventi, trovando una buona intesa sia con Mingardo che con Harding nell’ammorbidire i contorni di un’interpretazione sempre sobria, agile e plastica.

Agli scroscianti applausi conclusivi ha contribuito una circostanza assai meno gioiosa: oltre che alle vittime del Covid, il Requiem di Mozart era dedicato alla memoria di Stefano Merlini, studioso, docente e dal 2000 al 2002 Sovrintendente del Maggio, già ricordato dal vicesindaco al concerto di apertura del Festival, il 26 aprile. A lui e a tutte le vittime il Sovrintendente Pereira ha dedicato un minuto di silenzio in apertura di concerto.

Alessandro Tommasi
(29 aprile 2021)

La locandina

Direttore Daniel Harding
Soprano Christiane Karg
Mezzosoprano Sara Mingardo
Tenore Matthew Swensen
Basso Gianluca Buratto
Coro e Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Programma:
Wolfgang Amadeus Mozart
Requiem in re minore per soli, coro ed orchestra K. 626i

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