Firenze: Riccardo Muti dirige Macbeth, la musica si fa immagine ed emozione

Che cos’è l’opera? Una definizione corrente potrebbe essere: uno spettacolo in cui la narrazione di una vicenda umana avviene attraverso la musica e le parole, con l’ausilio di scene e costumi e di una regia che governa l’azione. La definizione che Riccardo Muti oggi impone, come nel caso del Macbeth che ha diretto a Firenze nei giorni scorsi, è profondamente diversa: l’opera, soprattutto quella verdiana, è fatta di musica e parole, non c’è bisogno d’altro. La versione in forma di concerto, solitamente una soluzione di ripiego, è invece una scelta precisa che mira all’essenziale; non serve un apparato scenico, non è necessaria la regia, con le sue peraltro troppo frequenti intemperanze, perché ogni elemento dello spettacolo scaturisce dalla musica e dal suo luminoso, fecondo e inscindibile rapporto con la parola.

L’occasione che ha dato vita a questo Macbeth era festosa già in partenza: il Maggio Musicale Fiorentino ha infatti deciso di onorare così il cinquantesimo anniversario dell’esordio di Muti a Firenze, avvenuto nel 1968 proprio con l’Orchestra del Maggio e con un solista eccezionale come il sommo pianista Sviatoslav Richter. Posto a chiusura del festival di quest’anno, il titolo verdiano è stato dato all’Opera di Firenze in due recite, l’11 e il 13 luglio, ed è alla seconda che abbiamo assistito. Ad accogliere in teatro il foltissimo pubblico c’era tra l’altro un banchetto dedicato alla raccolta di firme per una causa molto cara a Riccardo Muti, il rientro in patria delle spoglie del compositore Luigi Cherubini, fiorentino di nascita e ora sepolto al parigino Père Lachaise. L’augurio è che Cherubini, secondo la petizione indirizzata al presidente della Repubblica dallo stesso Muti, dal sindaco di Firenze Dario Nardella e dal sovrintendente del Maggio Musicale, Cristiano Chiarot, ritorni nella sua città per trovare definitivo ricetto nella basilica di Santa Croce.

Accolto all’arrivo sul podio con una vera e propria ovazione, la stessa che avrebbe sottolineato diversi momenti salienti della partitura e la conclusione della serata, Muti ha subito dimostrato di possedere, tra le tante, una dote molto rara: prossimo ai settantasette anni, che compirà il 28 luglio, ma forte di un’età biologica visibilmente molto inferiore, il maestro napoletano coniuga infatti un’immensa energia ancora intatta, che tanti giovani potrebbero invidiargli, con la consapevolezza e la profondità di pensiero che gli derivano dalla lunga esperienza e dal continuo, instancabile studio di quelle pagine che magari ha già interpretato mille volte, ma su cui sembra trovare sempre, con intelligenza lucida e inesausta, nuovi motivi di riflessione e di scoperta.

La versione dell’opera verdiana prescelta per l’occasione era quella del 1865, modificata e integrata con nuovi numeri per le rappresentazioni parigine di quell’anno, rispetto alla prima versione presentata proprio a Firenze nel 1847. Nota per nota, parola per parola, attraverso una penetrazione minuziosa e totale nelle più riposte pieghe della partitura e del libretto, Muti ha scolpito Macbeth con plastica evidenza ed eloquenza incisiva, in un trascolorare cangiante di climi espressivi che suscitava continua emozione. Orchestra e Coro del Maggio, di per sé capaci di ottime prestazioni e in più elettrizzati dalla guida del direttore, hanno dato il meglio, tra impeti brucianti e sfumature impalpabili, con quella qualità piena, corposa, brillante del suono orchestrale che ne definisce il bel carattere italiano.

Di primissimo ordine la compagnia di canto, che ha mostrato di abbracciare in pieno le scelte di Muti con una cura speciale per il significato che scaturisce dall’incontro tra musica e parola; da lodare prima di ogni altro il baritono Luca Salsi, notevolissimo protagonista, e Vittoria Yeo, Lady Macbeth, che si è condotta in modo molto onorevole anche nella non facile aria «La luce langue» aggiunta da Verdi per Parigi; con loro, encomiabili anche Francesco Meli e Riccardo Zanellato, rispettivamente Macduff e Banco. Come abbiamo già riferito, il successo è stato più che caloroso, diremmo incandescente. La sensazione, in noi che ascoltavamo, è stata quella di aver partecipato a un avvenimento assolutamente straordinario, indimenticabile.

Tra pochi giorni Riccardo Muti, che proprio nelle giornate fiorentine è stato insignito dell’autorevolissimo Praemium imperiale giapponese, tornerà a Ravenna (dove tra l’altro oggi, 15 luglio, porterà questa edizione di Macbeth per il Ravenna Festival) per l’annuale Italian Opera Academy rivolta a direttori d’orchestra e maestri collaboratori al pianoforte. Vi abbiamo già riferito dell’edizione del 2017, incentrata su Aida; quest’anno seguiremo l’Academy quasi per intero, dal 25 luglio al concerto finale del 3 agosto, e pregustiamo già le tante occasioni di arricchimento che ce ne deriveranno e che cercheremo di riferire a voi, gentili lettori.

L’opera prescelta? Ovviamente, Macbeth.

Patrizia Luppi
(13 luglio 2018)

La locandina

Direttore Riccardo Muti
Maestro del Coro Lorenzo Fratini
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino
Personaggi e interpreti:
Macbeth Luca Salsi
Lady Macbeth Vittoria Yeo
Dama Lady Macbeth Antonella Carpenito
Macduff Francesco Meli
Banquo Riccardo Zanellato

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