Firenze: Tra carne e cielo racconta Pasolini

Raccontare Pier Paolo Pasolini è cosa complessa. Tanto complessa, unica è la sua storia che scorre pulsante nei mille rivoli di uno dei percorsi più affascinanti nella storia della cultura europea del Novecento. Occorrerebbe essere attrezzati riguardo a cinema, teatro, letteratura, estetica, filologia, filosofia morale, di giornalismo e costume per avvicinarsi preparati alla grandezza della sua lezione di intellettuale ancora oggetto di studi e approfondimenti. Ma se sarebbe sbagliato disgregare, separare tutte queste tracce che posseggono un proprio profilo unitario quanto provocatorio non dobbiamo dimenticare le contraddizioni che attraversano la sua vita. Pasolini è anticlericale ma si schiera contro l’aborto, militante comunista (anche se verrà espulso dal P.C.I.), omosessuale dichiarato, ateo e marxista ma cristiano, si schiera contro i giovani contestatori del Sessantotto e le femministe, si batte per la conservazione dei valori della tradizione, critico spietato della borghesia scrive sulle pagine del “Corriere della Sera”.

Il compositore Andrea Mannucci non si fa condizionare da questa complessità, anzi con Tra carne e cielo – Oratorio a Pier Paolo Pasolini per due soprani, voce narrante e ensemble, ne fa ricchezza, la dipana in un progetto stratificato dove dimostra empatia culturale, ma anche fisica con il poeta dell’impegno civile. L’opera – presentata in prima assoluta nella stagione concertistica del Gamo presso le Murate Art District Art di Firenze – sottolinea lo sforzo, non facile, di far convivere, interagire, le parole pasoliniane, estratte da testi diversi, con suono e voci. Il risultato è interessante, non sempre convince per qualche meccanicità tra gli equilibri delle  parti in gioco (suddivise in arie e stanze) ma nel complesso evidenzia una sincero coinvolgimento emotivo, tensione, l’attrazione verso il Maestro.

Nel titolo dell’opera si evidenzia la scelta tematica dello sviluppo drammaturgico e musicale, con carne e cielo Mannucci sottolinea come il corpo per Pasolini sia il linguaggio (basterebbe qui citare il noto articolo Contro i capelli lunghi come l’immagine del suo corpo straziato pietosamente coperto all’idroscalo di Ostia) ma anche testimone di quella mutazione antropologica che tra i primi il poeta denunciò. Il cielo non solo come senso religioso del suo cristianesimo ateo ma probabilmente anche evocazione di quei valori arcaici, positivamente umani che Pasolini vedeva drammaticamente erosi dalla società dei consumi.         

Nella scelta delle fonti testuali, affrontate  alternativamente dalla voce narrante (Filippo Lai) e cantate dalle due soprano  (Valeriia Matrosova, Valentina Piovano), insieme solo nell’ultima aria,  Mannucci predilige le tinte forti, la potenza della parola, da raccolte di poesie (Le ceneri di Gramsci, Transumar e organizzar, La religione del mio tempo), opere teatrali (Orgia, Affabulazione), da articoli per quotidiani (tra cui il noto Io so, ma non ho le prove, pubblicato nel 1974 sul Corriere della Sera), dal cinema (Porcile, Il vangelo secondo San Matteo) e da un’opera dal taglio autobiografico Poesia in forma di rosa del 1964.  Tutti questi materiali, dove emergono le tematiche care al Pasolini polemista, anticonformista dal pensiero critico, sia letti che cantati vanno a disegnare un panorama con momenti forti e commoventi, qualche volta non evidenziati da un  rapporto convincente con l’ensemble musicale, a discapito dell’aspetto comunicativo. Soprattutto le voci femminili risultano acusticamente sacrificate quando tutti  gli strumenti sono coinvolti dalla partitura. La scelta stilistica di Mannucci alterna momenti danzanti con sapori popolari (teatro brechtiano?), a momenti astratti collettivi, misteri, accenni melodici e lirici soprattutto delle corde (il momento più forte durante Supplica alla madre per soprano solo dove la drammatizzazione raggiunge il proprio vertice). Sul piano degli impasti sonori risultano affascinanti il ruolo della fisarmonica e del corno che regalano un colore collettivo originale. La scelta del compositore di concepire la partitura come commento ai testi se nega alla musica un ruolo di voce autonoma che si sommi alle altre rafforza comunque le tensioni dei diversi momenti dello sviluppo drammaturgico. L’ensemble del Gamo diretto da Francesco Gesualdi si conferma di notevole affidabilità, lo possiamo annoverare senza dubbi tra le formazioni più sensibili e aperte alle scommesse della contemporaneità. Affronta nell’opera di Mannucci un percorso non semplice, fatto di quadri diversi e impegnativi, garantendo suono e senso del collettivo come pregevoli uscite soliste.

Con Tra carne e cielo – Oratorio a Pier Paolo Pasolini  Andrea Mannucci contrappone coraggiosamente alla complessità pasoliniana la propria complessità di pensiero analitico per  entrare con passione e rigore, attraverso la parola e il suono, nel mondo di un intellettuale molteplice, irrefrenabilmente vitale, contraddittorio, problematico, libero, che ancora oggi ci fa riflettere.

Paolo Carradori
(22 settembre 2022)

La locandina

Direttore Francesco Gesualdi
Soprano Valeriia Matrosova
Soprano Valentina Piovano
Voce narrante Filippo Lai voce
Gamo Ensemble
Flauto Sara Minelli
Clarinetto Giovanni Ricucci
Corno Giacomo Ricucci
Violino Marco Facchini
Violoncello Antonella Costantino
Percussioni Omar Cecchi
Fisarmonica Nicola Tommasini
Programma:
Andrea Mannucci
Tra carne e cielo-Oratorio a Pier Paolo Pasolini

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