Firenze: tre giorni di musica fra Centro Zeffirelli, Alpesh Chauhan all‘Opera e L’Estravagante al Teatro della Pergola

L’offerta musicale a Firenze è sostanziosa. In una città che conta meno di 400.000 abitanti, si intrecciano e a volte si accavallano le stagioni del nuovo Teatro dell’Opera, sede del Maggio Musicale Fiorentino, i numerosi appuntamenti degli Amici della Musica presso il Teatro della Pergola e le attività di diverse altre istituzioni, per esempio le rassegne concertistiche e le altre iniziative dell’Opera del Duomo. Non solo il fiorentino ghiotto di musica, dunque, ma anche il viaggiatore interessato può contare su una proposta vasta e variegata, che comprende pure un unicum da poco realizzato: il Centro intitolato a Franco Zeffirelli e dedicato all’imponente produzione del celebre uomo di teatro e regista cinematografico.

In un lungo weekend nel capoluogo toscano abbiamo visitato appunto il Centro, imperdibile per studiosi e appassionati, e ascoltato due notevoli concerti: il primo all’Opera, con il giovane Alpesh Chahuan sul podio per Respighi (solista il versatile e impeccabile flautista Roberto Fabbriciani) e Šostakovič; il secondo alla Pergola, dove il gruppo L’Estravagante ha eseguito pagine di Bach e Vivaldi e Stefano Montanari si è prodotto con brillante maestria nel doppio ruolo di violinista e direttore.

Il Centro internazionale per le arti dello spettacolo Franco Zeffirelli è sito nella sede del vecchio tribunale, già convento dei padri Filippini, che si trovava in uno stato di desolato abbandono quando la Fondazione omonima l’ha riattato, grazie a imponenti lavori di restauro che hanno richiesto una spesa ingente. Rarissimo esempio di barocco fiorentino, si trova in pieno centro, in piazza San Firenze (storpiatura di Fiorenzo) ed è aperto a pochi mesi, dal 1° ottobre 2017.  Qui trovano dimora le ricchissime collezioni personali del regista e scenografo: bozzetti di sua mano che attraverso l’impiego di tecniche diverse testimoniano dell’evoluzione del suo stile e della straordinaria lucidità di ideazione e cura del dettaglio, tanto che sono documentati casi in cui bozzetto e foto della stessa scenografia si sovrappongono esattamente; immagini di spettacoli celeberrimi (l’Euridice al Giardino di Boboli del 1960, le varie Aida, Traviata, il discusso Don Carlo del 1992 alla Scala e via dicendo), costumi e ritratti fotografici di sommi interpreti, prima fra tutti Maria Callas; testimonianze di lavori teatrali meno noti al grande pubblico, come quelli shakespeariani dei primi anni ’60 al londinese Old Vic, dove Zeffirelli rivoluzionò le consuetudini britanniche scegliendo per il suo Romeo and Juliet interpreti giovanissimi, tra cui una deliziosa Judy Dench come protagonista; una sezione è dedicata ai film del regista fiorentino ora approdato ai 95 anni, dai successi planetari La bisbetica domata, Romeo e Giulietta, Fratello sole, sorella luna, ai più recenti Callas forever e Un tè con Mussolini.

Un’intera sala è dedicata a Inferno, un film mai realizzato che avrebbe dovuto contare su Dustin Hoffman nel ruolo di Dante; del lungo lavoro di preparazione restano progetti, piani di lavoro e soprattutto splendidi bozzetti che sono stati montati in un video diffuso in continuità nella stessa sala. Zeffirelli ha donato al Centro anche i 10.000 volumi della sua biblioteca, che sono stati già catalogati e inseriti nello SDIAF, il sistema documentario integrato online dell’area fiorentina. Il ricchissimo archivio è tuttora in fase di catalogazione, mentre sono in fase di avvio diverse attività didattiche, tra cui corsi di formazione teatrale di vario genere. Sono invece già partiti, nel magnifico Oratorio inglobato nell’edificio e intitolato a san Filippo Neri, gli incontri e conferenze e i concerti; di questi è responsabile Francesco Ermini Polacci, condirettore artistico del Centro Zeffirelli, al quale dobbiamo una personale e privilegiata visita guidata alle collezioni, ricca di sostanziose informazioni.

La nuova Opera di Firenze, inaugurata alla fine del 2011, sorge accanto alla storica stazione Leopolda, ai giorni nostri nota in particolare per l’ospitalità a convegni politici. Lo stile architettonico del teatro non trova tutti unanimi, ma l’acustica della grande sala da 1800 posti è del tutto soddisfacente. Abbiamo ascoltato uno dei concerti del ciclo Šostakovič, in corso fino a giugno, nel quale vengono eseguite tutte le 15 sinfonie del compositore di San Pietroburgo. Il nono concerto del ciclo, diretto dall’anglo-indiano Alpesh Chahuan, comprendeva la n. 11 preceduta da due composizioni giovanili di Ottorino Respighi in prima assoluta. I due pezzi, la Suite pour instruments d’archet et flûte P. 57 e la Mélodie et Valse caréssante per flauto e archi P. 42, appartengono alla prima fase compositiva del musicista bolognese e contengono in nuce alcune peculiarità della sua musica strumentale successiva; la loro grazia e freschezza ha trovato piena realizzazione nella direzione accurata di Chahuan e negli interventi solistici, limpidi e puntuali, dell’ottimo Roberto Fabbriciani. La brevità dei due brani di Respighi faceva poi spazio alla monumentale durata – circa un’ora e dieci minuti – della Sinfonia n. 11 op. 103 di Dmitrij Šostakovič. Scritta nel 1957, sottotitolata L’anno 1905 e intesa generalmente come rappresentazione della strage di lavoratori perpetrata in quell’anno davanti al Palazzo d’Inverno di San Pietroburgo, su ordine dello zar Nicola II, durante la prima Rivoluzione russa, fu in realtà ispirata dalla Rivoluzione ungherese del 1956, come lo stesso compositore rivelò in seguito. Nella sua complessa costruzione si trovano fra l’altro trasfigurati nove canti rivoluzionari che Šostakovič conosceva bene, per averli più volte sentiti intonare in famiglia.

Fin dalla tetra atmosfera che impronta l’inizio del brano (il primo movimento, un Adagio, si intitola «La piazza del Palazzo»), con archi in pianissimo, arpe e timpani, seguiti dalle trombe che innalzano un vivido richiamo poi ripreso dai corni, si definisce la precisa volontà dell’autore di evocare il clima di quei giorni, tra la trepida attesa, la carica della cavalleria sulla folla, una marcia funebre e l’angoscia del finale. Tanto che questa sinfonia, che ottenne subito un grande successo in Russia e valse al compositore il premio Lenin, viene da alcuni considerata fin troppo descrittiva, «la colonna sonora di un film senza il film». Ma tale giudizio è apparso troppo riduttivo e impietoso di fronte alla prova di Alpesh Chauhan.

Ventottenne in rapida ascesa e attuale direttore principale della Filarmonica Arturo Toscanini di Parma, Chauhan ha già riscosso grandi successi in patria e altrove. Gli si attaglia lo slogan che Jacques Séguéla coniò nel 1981 per François Mitterrand, la force tranquille. Il direttore di Birmingham mostra infatti un esemplare e pacato dominio della massa orchestrale – che gli risponde con una prestazione di alto livello – anche nei punti più turbolenti della vasta e composita partitura, di cui plasma i caratteri con evidenza scultorea. Un’interpretazione di prim’ordine, salutata con entusiasmo dal folto pubblico presente in sala.

Il Teatro della Pergola, nella via omonima, è tra i più leggiadri e antichi d’Italia. La sala principale e il suo saloncino, dotato di un’acustica tale da aver ospitato in passato importanti registrazioni discografiche, sono le sedi principali degli spettacoli programmati dalla Fondazione teatro della Toscana, ma anche dei numerosi appuntamenti degli Amici della musica di Firenze. Nell’ambito della loro stagione abbiamo assistito alla pregevole esibizione del gruppo L’Estravagante, forte di una assidua presenza nelle sale concertistiche e di diverse uscite discografiche. Il leader dell’ensemble – anzi, verrebbe da dire il frontman, visto il suo stile rock: pantaloni di pelle e orecchino – è Stefano Montanari, violinista di vaglia che non ha accantonato il suo strumento nonostante il successo che sempe più riscuote come direttore d’orchestra in Italia e all’estero (si veda su questo sito la recensione di Die lustige Witwe a Venezia); ne fanno parte inoltre la violinista Maria Grokhotova, il violoncellista Francesco Galligioni e il clavicembalista e organista Maurizio Salerno che, indisposto, è stato sostituito a Firenze dal valentissimo Roberto Loreggian. Il bel suono dell’Estravagante, il mirabile impasto strumentale che gli è caratteristico, così come la proprietà stilistica, la fantasia interpretativa e il brillante stile esecutivo, sono stati affinati in anni di amicizia e di lavoro comune e, come lo stesso Montanari afferma, «il divertimento in musica» è l’idea portante dell’ensemble. Tutti fattori evidenti nel programma «Stavaganze armoniche» dedicato a sonate di Bach e di Vivaldi in alternanza, basato su un’affascinante «combinazione di struttura, forma, inventiva e stravaganza», per dirla sempre con Montanari. Un concerto, in definitiva, di grande interesse e godibilità a cui il pubblico, non oceanico ma partecipe, ha tributato molti meritatissimi applausi.

Patrizia Luppi

La locandina

Opera di Firenze
Direttore Alpesh Chahuan
Flauto Roberto Fabbriciani
Orchestra del Maggio musicale fiorentino
Ottorino Respighi
Suite pour instruments d’archet et flûte P. 57
Mélodie et Valse caréssante per flauto e archi P. 42
Dmitrij Šostakovič
Sinfonia n. 11 op. 103
Saloncino del Teatro della Pergola
Direttore e violino Stefano Montanari
L’Estravagante
«Stravaganze armoniche»
Johann Sebastian Bach
Sonata in sol maggiore BWV 1038 per due violini e basso continuo
Antonio Vivaldi
Sonata in mi minore op. 1 per due violini e basso continuo
Johann Sebastian Bach
Sonata n. 4 in do minore BWV 1017 per clavicembalo, violino e viola da gamba
Sonata XI in si minore op. 1 per due violini e basso continuo
Sonata in do maggiore BWV 1037 per due violini e basso continuo
Antonio Vivaldi
Sonata in re minore op. 1 n. 12 «La follia» per due violini e basso continuo

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