Forli’: Open Music, Suoni Extra-Ordinari /1
Non conosco altri luoghi dove sia possibile godere, in due giorni, una così eccitante concentrazione di repertori contemporanei, ricerca radicale, improvvisazione, rumore ed elettronica, come ad Area Sismica. Una vera cattedrale del suono. L’ottava edizione della rassegna Forlì Open Music che lì si svolge, in un ambiente informale e accogliente, nella consolidata formula della rotazione di set diversi, spesso lontani e contrastanti, conferma questa matrice culturale unica e originale.
Prima di avventurarsi tra le nebbie della campagna forlivese, la mattina in città presso la Fondazione Masini, ci gustiamo un prelibato antipasto: Fabrizio Ottaviucci che interpreta Morton Feldman(1926-1987). Un incontro straordinario, imperdibile,tra uno dei pianisti più sensibili, introspettivi, profondi e la musica quieta, meditativa e smisurata del compositore americano. Palais de Mari (1986), brano dedicato al pittore Francesco Clemente, contiene in se la poetica, l’estetica, la visione feldmaniana di suono, silenzio, spazio, tempo. Un breve spruzzo melodico che appare e scompare, ripetuto, mai uguale, tra sequenze, cellule sonore, silenzi e respiri, immersi in un liquido ipnotico nel quale chi ascolta galleggia in pieno spaesamento esistenziale. Composizione che Ottaviucci scolpisce, lasciandola vibrare, amplificando la dissoluzione del tempo, dove stasi e ripetizione brillano come momenti suggestivi, emozionanti e irripetibili.
L’incontro con Michele Rabbia in solo davanti al suo intricato, scintillante armamentario di strumenti a percussione, la maggioranza dei quali oggetti inventati, disegnati, montati dallo stesso musicista, non si sa mai come andrà a finire. Negli ultimi anni il ruolo sempre più preponderante dell’elettronica come elemento capace di ampliare, moltiplicare, modificare le possibilità creative, dilatare il paesaggio sonoro, sbilancia l’equilibrio degli elementi messi in gioco. Il rischio di questa scelta esteticae comunicativa è quello di trasfigurare l’esibizione in una esposizione piacevole ma puramente didattica, una specie di…senti come suona strano questo… Rabbia, anche sul palco di Area Sismica, ha dimostrato come ogni performance rappresenti per lui una costante verifica dove talento, visioni, sensibilità vanno necessariamente spinte nella direzione del racconto, di una sceneggiatura compositiva che superi un semplice elenco di suoni inusuali. Quando questo processo scatta, e a Forlì è successo spesso, il set in solo di Rabbia diventa uno straordinario contenitore di colori, ritmi, gesti, invenzioni e inquietudini.
Il jazz piano trio rappresenta una delle tracce più affascinanti nei percorsi della musica afroamericana. Soprattutto da quando strumenti e strumentisti si sono allontanati da obblighi e ruoli il trio è divenuto un microcosmo creativo dove confronto, scambio e ascolto reciproco possono raggiungere esiti inaspettati. Anche se Genera, cioè Luca Venitucci piano, melodica, elettronica – Dario Miranda contrabbasso – Ermanno Baron batteria, sfiorano appena estetiche jazz fanno riferimento a quella storia. Venitucci apre lo scenario disegnando sulla tastiera uno sdolcinato fantasma melodico dal retrogusto jarrettiano per poi allontanarsene subito scomponendolo in prismi sghembi e astratti. Miranda fa vibrare le corde come onde su sponde scure e dense tra ampi squarci di silenzio. Baron in una sofisticata operazione di sottrazione, accumula tensioni, grumi ritmici, costruisce un tellurico tappeto sonoro sul quale la formazione naviga in libertà. I tre di Genera viaggiano su percorsi non sempre paralleli, a volte si allontanano, a volte dialogano, ma attingono sempre da una ricerca radicale e condivisa, il risultato è una musica ipnotica (piano-melodica-elettronica), piena di spigoli, introspezioni, che scorre come un fiume in piena e dal quale ci facciamo travolgere volentieri.
Potremo definire i Tellkujira un vero e proprio laboratorio di corde: due chitarre elettriche, Stefano Calderano e Francesco Diodati, una viola, Ambra Chiara Michelangeli e un violoncello Francesco Guerri. Sul palco dell’Area ampliano la formazione con l’elettronica di Marco Fiorini che proviene dal prestigioso Ircam di Parigi. Ciò che colpisce subito è l’equilibrio e l’eleganza formale della formazione. Tutti gli spunti stilistici, che vanno da colori etnici ad ambienti contemporanei, da pulsioni rock ad improvvisazione libera, vengono filtrati dall’elettronica, come da una costante ricerca effettistica che modifica, spesso capovolge praticamente l’impatto sonoro, comunicativo di tutti gli strumenti. La gestione di tutta questa ricchezza è complessa, anche avvincente. I materiali, le idee che provengono dalla pratica di lunghe sessioni d’improvvisazione, nel live vengono rimesse in gioco, supportate dalla creazione di un saturo sottofondo, spesso statico, dal sapore ambient, graffiato poi dai interventi solistici caratterizzati da un linguaggio estremo, sognante e astratto. Se in alcuni momenti, chiamiamoli deboli, che possiamo individuare nelle stasi tra i vari quadri che risultano qualche volta anonimi, un po’ di maniera, alle quali Fiorini poco aggiunge se non qualche misteriosa voce, la ricerca dei Tellkujira si conferma una strada di grandi prospettive…(continua)
Paolo Carradori
(2 novembre 2024)
La locandina
Pianoforte | Fabrizio Ottaviucci |
Morton Feldman Palais de Mari (1986) | |
Area Sismica | |
Percussioni, elettronica | Michele Rabbia |
Genera | |
Piano, melodica, elettronica | Luca Venitucci |
Contrabbasso | Dario Miranda |
Batteria | Ermanno Baron |
Tellkujira e Marco Fiorini | |
Chitarra elettrica, elettronica | Stefano Calderano |
Violoncello | Francesco Guerri |
Chitarra elettrica, elettronica | Francesco Diodati |
Elettronica | Marco Fiorini |
Viola, elettronica | Ambra Chiara Michelangeli |
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