Genova: the “Turn” convince, il “Giro” no
Il giro di vite, la gotica storia di fantasmi malefici che Henry James narrò in un suo celebre racconto del 1898, è stata ripresa e rimaneggiata numerose volte per il cinema, la televisione, la radio e per i palcoscenici del teatro di prosa e dell’opera. Una nuova versione in prosa, intrecciata con una corposa parte musicale, e il capolavoro di Benjamin Britten The Turn of the Screw, del 1954, sono stati scelti dal Teatro Nazionale e dal Carlo Felice di Genova per un’inaugurazione di stagione congiunta che ha riportato un caloroso successo da parte del pubblico.
Negli spazi del moderno Teatro Ivo Chiesa, costruito nel 1991 e recentemente rinnovato negli interni, i due spettacoli sono andati in scena in un unico blocco di quasi quattro ore, separati da un breve intervallo. Una durata impegnativa per gli spettatori, alleviata però dal fascino inscalfibile dell’opera britteniana. Diversa la nostra valutazione per il lavoro compiuto sul testo di James da Carlo Sciaccaluga, che afferma «questa è la storia di un abuso nei confronti di bambini e di tutto il male che ne deriva», mostrando di identificare l’abuso con atti di pedofilia, mentre nell’originale la malvagia influenza dei fantasmi sui piccoli non è definita: un aspetto magistralmente condotto del racconto che induce nel lettore suspense e senso di smarrimento, poco avvertibili invece nella rappresentazione di Genova.
Sciaccaluga infarcisce il verboso testo di citazioni e riferimenti, in particolare da Erlkönig, il re degli elfi della ballata di Goethe, storia di un bambino che dal fantomatico re, di cui ha misteriose visioni, sarà trascinato alla morte. Citazioni punteggiano anche la parte musicale creata dalla genovese Giua ed eseguita dal vivo ai piedi del palcoscenico, sul quale gli attori forniscono una prova nel complesso lodevole a partire dalla protagonista, l’istitutrice; mostrando notevoli doti, Linda Gennari imprime al personaggio una concitazione crescente evidentemente richiesta dalla regia, sostenendola con bravura pur se non in modo del tutto catturante. Tra gli altri interpreti, citeremo l’inappuntabile Mrs Grose di Gaia Aprea, sobria quanto espressiva.
Davide Livermore, direttore del Teatro Nazionale di Genova e regista dei due spettacoli, ha scelto per entrambi la stessa soluzione scenica, firmata da Manuel Zuriaga: tutto si svolge al chiuso e la natura, che ha larga parte nel racconto di James, è solo evocata; scuri e cupi, pareti e pannelli mobili si muovono efficacemente, creando ambienti diversi e isolando a volte un personaggio; i pochi elementi, tra cui sono centrali una poltrona e un piccolo televisore, si ritrovano a volte su una parete o sul soffitto, sottolineando l’eccentricità della vicenda o forse la sua dimensione onirica, ribadita nel finale. La sensazione di claustrofobia, alimentata dalla scelta delle luci di Antonio Castro e Nadia García, è forte e costante e ben si attaglia al piccolo mondo ristretto e minato dalle forze del male che Henry James ideò. I personaggi, nei bei costumi di Mariana Fracasso, si muovono con gesti parchi senza sbavature melodrammatiche.
La regia di Livermore si rivela felice soprattutto in The Turn of the Screw, la parte migliore e più godibile dell’accoppiata genovese. L’opera di Benjamin Britten su testo della critica d’arte e librettista britannica Myfanwy Piper, che in seguito collaborò con il compositore anche per Owen Wingrawe e Death in Venice, fu commissionata dalla Biennale di Venezia e lì rappresentata per la prima volta. Nonostante il poco numeroso gruppo di strumentisti che richiede (a Genova comunque stipati nella piccola buca del Teatro Ivo Chiesa), la partitura è un mirabile affresco ricco di colori, luci e ombre.
Riccardo Minasi, direttore musicale del Carlo Felice, ne offre una lettura egregia, sensibile e cangiante, ottimamente coadiuvato dai professori dell’Orchestra del Teatro d’opera. Tra gli interpreti, tutti degni di lode, spiccano la Governess, l’istitutrice, di Karen Gardeazabal e la Mrs Grose di Polly Leech; Valentino Buzza risolve con valentia il non facile ruolo del servitore fantasma Quint, creato per Peter Pears, mentre i bravi Oliver e Lucy Barlow, fratelli nella vita e nella finzione, appaiono molto immedesimati nei ruoli di Miles e Flora, i due bambini oggetto delle malvagie mire di Quint e della defunta istitutrice Miss Jessel.
Patrizia Luppi
(20 ottobre 2024)
La locandina
Direttore | Riccardo Minasi |
Regia | Davide Livermore |
Scene | Manuel Zuriaga |
Costumi | Mariana Fracasso |
Luci | ntonio Castro, Nadia García |
Il giro di vite | |
Personaggi e interpreti: | |
Istitutrice | Linda Gennari |
Mrs Grose | Gaia Aprea |
Peter Quint | Aleph Viola |
Miss Jessel | Virginia Campolucci |
Miles | Luigi Bignone |
Flora | Ludovica Iannetti |
Il Prologo | Davide Livermore |
The Turn of the Screw | |
Personaggi e interpreti: | |
Quint | Valentino Buzza |
The Governess | Karen Gardeazabal |
Miles | Oliver Barlow |
Flora | Lucy Barlow |
Mrs Grose | Polly Leech |
Miss Jessel | Marianna Mappa |
The Prologue | Davide Livermore |
Orchestra e tecnici dell’Opera Carlo Felice Genova |
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