Bologna: I Dialogues des Carmélites in mille sfumature
Le suore del Carmelo di Compiègne si avviano verso un cielo stellato, quasi a passo di danza, sul canto del Salve Regina, una ad una dopo ogni calare di lama della ghigliottina: questo il finale, che è l’unico momento forse non pienamente risolto, nonostante la musica sublime, dell’allestimento splendido immaginato da Olivier Py per i suoi Dialogues des Carmélites che, proveniente dal Théâtre des Champs Elysées, giunge al Comunale di Bologna dove il capolavoro di Poulenc non era mai stato rappresentato fino ad oggi. L’intimità del convento, isolato dal mondo esterno e rifugio di monache dalle vocazioni ciascuna diversa ma tutte sincere, è resa con straordinaria efficacia dalla struttura chiusa eppure mobilissima nel suo continuo mutare immaginata da Pierre-André Weitz ed illuminata, o meglio ombreggiata, da Bertrand Killy che popola lo spazio scenico di ombre, proiezioni ingigantite e deformate delle coscienze, e di luci strette e taglienti. La dimensione esterna, quella del mondo circostante è egualmente conclusa in ambienti del tutto definiti: il salone del palazzo dei marchesi de la Force è più scuro della prigione dove le carmelitane saranno rinchiuse e nella quale lame di luce entrano radenti a creare zone buie e non a rischiarare.
I bei costumi atemporali, sempre di Weitz, insistono su una gamma ampia di grigi ai cui estremi campeggiano il bianco e il nero, sottolineando le mille sfumature del dramma.
Py si concentra su un gesto scenico rarefatto e denso; il contatto fisico è sistematicamente negato e tuttavia quando avviene è disperatamente amplificato, come nel caso degli abbracci festosi di Sœur Constance o quelli materni di Mère Marie e di Madame Lidoine, o ancora quelli che Blanche cerca e insieme respinge.
La tensione è palpabile, sempre, come nella straordinaria scena della morte della vecchia Priora, il cui letto è posto in verticale, sospeso sulla parete di fondo della scena a creare uno straniamento spaziale di efficacia sconvolgente, con l’agonizzante Madame de Croissy che tenta due volte di sfiorare la mano di Blanche in un ultimo contatto ma senza tuttavia riuscirvi.
Completamente risolto anche il momento dell’incontro fra Blanche e il Chevalier de la Force, caratterizzato da una tensione iniziale che si scioglie progressivamente in una reciproca accettazione dei propri destini. Intensa risulta anche la rappresentazione del Golgota, con tutte le sue simbologie, ad opera delle monache sulla marcia tragica e grottesca sulla quale si apre la scena conclusiva. Attorno ai protagonisti si muovono figure di un mondo brutale e fragile che sembra essere vittima di se stesso.
Jeremy Rhorer, alla testa di un’Orchestra smagliante e meditativa, offre una lettura plasmata più sulla narrazione che non sull’introspezione; i tempi risentono a tratti di qualche rapidità di troppo e le dinamiche, sempre levigatissime, mancano di accendersi di maggior passione così come la musica di Poulenc, epigono e figlio della grande tradizione romantica francese, richiederebbe.
Perfetta la compagnia di canto, interamente francofona, a far principio dalla Blanche decisa e spaventata di Hélène Guilmette, che canta e recita benissimo.
La Mère Marie di Sophie Koch giganteggia per sontuosità di fraseggio mentre Sandrine Piau, dalla linea di canto adamantina, incarna una Sœur Constance piena di gioia di vivere ma mai fatua.
Marie-Adeline Henry è una Madame Lidoine che irradia dignità e Sylvie Brunet, al netto di qualche piccola forzatura nella scena della morte, conferisce a Madame de Croissy una levatura che rimanda alla tragedia greca.
Il Chevalier de la Force di Stanislas de Barbeyrac è caratterizzato da grande morbidezza di fraseggio, assecondata da un mezzo vocale di grande bellezza, così come ottimo ci è sembrato Nicolas Cavallier nei panni del Marquis de la Force.
Loïc Félix, con grande classe e partecipazione, dà voce e corpo all’ Aumônier du Carmel.
Molto buone le parti di contorno, tutte, dalla Mère Jeanne di Sarah Jouffroy alla Mathilde di Lucie Roche, passando per Matthieu Lécroart, nel triplice ruolo del Geôlier, di Thierry e di Javelinot.
Ricordiamo infine il 1er Commissaire di Jérémie Duffau e il 2ème Commissaire di Arnaud Richard.
Andrea Faidutti prepara il Coro con perizia, rendendolo protagonista di una prova inappuntabile.
Il coinvolgimento emotivo del pubblico cresce nel corso della recita fino a sciogliersi in applausi calorosi e meritati per l’intero cast.
Alessandro Cammarano
(Bologna, 11 marzo 2018)
La locandina
Direttore | Jérémie Rhorer |
Regia | Olivier Py |
Assistente alla regia | Daniel Izzo |
Scene e costumi | Pierre-André Weitz |
Luci | Bertrand Killy |
Blanche de la Force | Hélène Guilmette |
Madame De Croissy | Sylvie Brunet |
Madame Lidoine | Marie-Adeline Henry |
Mère Marie | Sophie Koch |
Marquis de la Force | Nicolas Cavallier |
Chevalier de la Force | Stanislas de Barbeyrac |
Soeur Constance | Sandrine Piau |
L’Aumônier du Carmel | Loïc Félix |
Le Geôlier / Thierry / Javelinot | Matthieu Lécroart |
Mère Jeanne | Sarah Jouffroy |
Mathilde | Lucie Roche |
1er Commissaire | Jérémie Duffau |
2ème Commissaire | Arnaud Richard |
Orchestra e Coro del Teatro Comunale di Bologna | |
Maestro del Coro | Andrea Faidutti |
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