“Il Piccolo Principe” attraverso gli occhi di Leon e Noah
Per la stagione Grandi spettacoli per i piccoli il Teatro alla Scala ha commissionato una nuova opera tratta da Il Piccolo Principe di Antoine De Saint-Exupéry, celebre fiaba tradotta in (quasi) tutte le lingue del mondo.
Un testo per bambini? Si e no. Ci troviamo di fronte al caso emblematico di un racconto che letto in diverse fasi della vita può suggerire molteplici chiavi di lettura. Di certo per i bambini la vicenda del Piccolo Principe lascia spesso un margine di incomprensione o almeno qualcosa di celato e non del tutto afferrabile.
Questa volta mi sono recato alla Scala con due giovani amici, Leon e Noah, venuti apposta da Cogne, ridente località valdostana situata ai piedi del Gran Paradiso. Per loro non è stata la prima volta alla Scala in quanto hanno già assistito, prima della pausa covid, alla Cenerentola di Rossini, produzione particolarmente apprezzata. Tuttavia lo stupore e la meraviglia di poter tornare nel teatro meneghino si rinnova ogni volta con evidente entusiasmo.
La partitura, composta dal contemporaneo Pierangelo Valtinoni, gode di un organico ridotto ma funzionale che permette di caratterizzare situazioni e personaggi mediante una serie di ricorrenze strumentali e tematiche. La leggerezza dell’orchestrazione fluisce principalmente in un canto di conversazione inframezzato da pochi sprazzi melodici per lo più affidati al Coro delle Voci Bianche istruito dal maestro Bruno Casoni.
Un linguaggio che riecheggia uno stile Primo Novecento, per lo più basato sulla declamazione, che richiederebbe da parte dei cantanti un puntuale lavoro sulla dizione che però è venuto a mancare. Elemento, che a fine spettacolo, Leon e Noah hanno rilevato immediatamente affermando che si capiva poco il testo.
Inoltre la pressoché assenza di melodie orecchiabili non ha consentito ai giovani spettatori non solo di ricordare dei temi ma anche di formare il proprio orecchio a un linguaggio fondamentale per sviluppare un senso musicale.
Come ha scritto Cesare Galla (qui la recensione) per la Prima di questo spettacolo, la raffinata partitura lascia spazio all’introspezione mettendo ancor più in rilievo la complessità di un racconto che poco ha a che fare con l’immaginario infantile, almeno dei nostri giorni.
Altro elemento non detto è la scelta di affidare a una voce femminile il ruolo del protagonista, aspetto che ha creato non poca confusione tanto che a metà spettacolo è sorta la giustificabile domanda: ma chi è il Piccolo Principe?
Per chi è avvezzo al linguaggio e a una tradizione operistica questa prassi è più che consolidata ma per chi non sa può originare numerose domande.
Forse, in questa sede occorrerebbe fornire ai giovani spettatori un sussidio da scaricare dal sito del Teatro in cui poter comprendere meglio gli intenti del compositore.
Momento particolarmente riuscito è stata la proiezione delle stelle sulla sala con l’iterazione dei bambini che hanno costruito una stella di carta fornita dal teatro. Certamente da un palcoscenico come quello scaligero ci si aspetterebbe di più soprattutto quando si tratta di educare i bambini al bello.
Leon e Noah hanno apprezzato ma sono usciti da teatro con parecchie perplessità, poche emozioni e nessun ricordo melodico.
Gian Francesco Amoroso
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