Irina Lungu: Nedda è una donna libera

Alla vigilia del suo debutto come Nedda nella produzione dei Pagliacci al Teatro Alla Scala abbiamo incontrato Irina Lungu per una conversazione sul personaggio e non solo.

  • Un debutto importante quello che la vedrà impegnata alla Scala. Come lo sta preparando?
    Si, Nedda per me è un debutto molto atteso, che ho cercato a lungo, e devo dire anche un po’ insolito, perché io non mi considero una specialista dell’opera verista. Canto un’opera di repertorio come la Bohème”, Turandot sicuramente, ma proprio il verismo è uno stile che finora ho non praticato e quindi su Nedda ho proprio dovuto fare un approfondimento – oltre allo studio delle difficoltà vocali o attoriali – proprio stilistico; ho cercato di capire come si esprima questo personaggio, attraverso quale linguaggio, attraverso quale espansione, quali mezzi usi per esprimersi. Devo dire che non mi sono innamorata perdutamente del personaggio da subito come in altri casi. Su Nedda ho avuto delle riserve iniziali, ma studiandolo meglio ho scoperto che è un personaggio davvero affascinante, molto interessante, soprattutto per una donna che fa il mestiere dell’artista, e quindi le espansioni vocali ma anche le possibilità di recitazione, di creare il personaggio che ha molte sfaccettature, che si esprime proprio su un’ampissima tradizione di grandissime cantanti, e quindi la mia preparazione ha anche incluso tantissimi ascolti e letture. Pertanto devo dire che per me è stato un percorso molto stimolante.
  • Nedda è una donna libera che paga con la vita la sua libertà ed un personaggio tragicamente attuale. Come si pone nei suoi confronti e in quelli di tutte le donne vittime degli uomini?

Sì, Nedda è una donna libera e questo la rende così moderna, così vicina a noi. Io credo che in Nedda possa facilmente immedesimarsi una persona che fa l’artista, che fa cantante o l’attrice, perché in fondo tutti recitiamo nella vita. Questo ovviamente vale a maggior ragione per coloro che fanno questo mestiere per vivere, un mestiere che dà loro il senso della vita e corrono un rischio, un rischio molto grande. Come dice Canio, è un gioco che è meglio non giocare, è un gioco molto pericoloso, perché ad un certo punto non riesci più a scindere queste due cose, non riesci più a capire dove reciti e dove sei tu, e penso che questo un po’ accade a Nedda perché lei vive in una condizione di dover recitare anche nella quotidianità, dato che vive con un uomo che fondamentalmente non ama, che è violento, e quindi recita nella vita e per sopravvivere. Aggiungiamo poi che è circondata da un ambiente circense, pagliacci, con Tonio, che un gobbo, un deforme che ha cercato anche di violarla. Quindi lei vive in mezzo a mille ansie: è costretta a recitare e non le è permesso di essere se stessa per l’ambiente in cui vive. A ben vedere poi recita anche con Silvio, perché in fondo lei ha certamente una forte passione per Silvio, però non lo ama profondamente perché l’aspirazione di Nedda è quella di essere come questi uccelli che lei sente e vede all’inizio, il desiderio della libertà. Canio le offre un compromesso che lei fondamentalmente non accetta, ma in fin dei conti anche Silvio le offre un compromesso, le offre una vita calma e tranquilla, ma non credo che sia una vita calma e tranquilla quella che vorrebbe Nedda: a dirla tutta, secondo me si annoierebbe. Quindi è una figura tragica proprio per questo, perché lei ha davanti a sé due compromessi, nessuno dei quali è la sua vera aspirazione, il suo desiderio reale, che è quello di poter fare come questi uccelli che volano nei paesi lontani.
In sintesi, è un personaggio affascinantissimo, una donna molto moderna e che finisce così tragicamente perché l’uomo non le permette di essere se stessa.
Continuando questo discorso delle libertà delle donne, io penso che “Pagliacci” si ambientino in un’altra epoca rispetto alla nostra e sono molto contenta, molto felice che la società abbia fatto così tanti progressi per quanto riguarda la libertà delle donne, ma in generale anche la libertà delle persone e dei diritti umani. Personalmente penso che la violenza di ogni tipo, ogni comportamento violento, ogni tipo di comportamento violento sia fisico sia verbale, deve essere pesantemente condannato legalmente e profondamente stigmatizzato dalla società. La società non dovrebbe accettare i comportamenti violenti e minacciosi. Allo stesso tempo bisogna educare le persone, le donne ma tutte le persone, al libero arbitrio, perché la persona deve essere in grado, deve essere consapevole di poter sempre avere una scelta e poterla sempre praticare. E la società deve creare le condizioni perché le persone possano praticare le loro scelte. Questo è il mio messaggio.

  • Come si costruisce una carriera solida?

Per quanto riguarda il costruirsi una carriera solida io risponderei con la frase di Adina, “ne sapessi la ricetta”: non credo che esista una ricetta ad hoc, quindi, ma però posso dire che bisogna partire dal presupposto di avere una grandissima passione per questo mestiere, per il canto, per la lirica, per la musica in generale. Come diceva una poetessa russa, se potete non scrivere, non scrivete. E questo direi anche agli artisti, se potete non fare questo mestiere, non lo fate. Ci sono tante componenti come la serietà, il talento, lo studio, le scelte artistiche, le scelte del repertorio, dei maestri, degli agenti, la fortuna, il carattere e soprattutto la capacità di rinnovarsi, di accettare le sconfitte, di vivere in maniera giusta e equilibrata i successi. Quindi c’è tutto un allineamento dei pianeti che deve avvenire nella stessa ora, allo stesso giorno.

Sono cose ovvie e anche persino scontate, però allo stesso momento è un mistero perché ho visto alcune carriere che mi sembravano inspiegabili e altri artisti che io consideravo totalmente geniali che al contrario non facevano carriera; quindi, non so è un mistero e secondo me anche un po’ il destino. Non so, sarò fatalista, però penso a questo: che oltre a tutte queste componenti che devi possedere, devi essere prontissimo a cogliere la tua occasione. E ci vuole anche un pizzico di predestinazione, questo sì.

  • Preferisce allestimenti tradizionali o moderni?

Io personalmente non divido gli spettacoli in tradizionali o moderni. Preferisco gli spettacoli che abbiano un’idea, che abbiano un’idea brillante, magari anche un po’ osé, però brillante e coerente. Certamente ci sono alcune opere che si prestano di più ad essere estrapolate dal loro contesto storico e altre meno. Però posso dire che ho visto anche allestimenti tradizionali noiosissimi e veramente poco efficaci, così come ho visto allestimenti moderni di un grandissimo impatto scenico che mi hanno fatto riflettere moltissimo. Quindi io non credo che il punto stia nell’essere tradizionale o moderno, io penso che il punto stia nel talento di chi inventa lo spettacolo, di chi lo pensa, di chi lo prepara e di chi lo lavora con l’impianto scenico, con gli attori, con i cantanti. Credo molto nel talento del regista e credo che sia questo a fare la differenza e non l’essere tradizionale o moderno, non per dire la minigonna o l’abito d’epoca. Questo fondamentalmente. Io tantissime volte mi sono annoiata in queste vestiti meravigliosi, in “Traviata” per esempio, così come ho anche assistito a bellissimi spettacoli in guêpière. Ho cantato dei meravigliosi spettacoli in camicia da notte, che erano molto forti perché avevano di fondo un’idea molto ponderata che trasudava talento. Quindi per me tutto dipende dall’attore, dal regista in generale. Poi per carità ci sono anche allestimenti moderni poco efficaci e veramente ridicoli.
Quindi io penso che per fare un allestimento riuscito si debba amare profondamente l’opera e sapere di cosa ci parla e cosa vuole dirci. Per questo bisogna amarla veramente profondamente e non deve essere un compromesso.

  • Dopo i Pagliacci alla Scala quali saranno i suoi prossimi impegni?

Dopo “Pagliacci” in Scala, sono a Genova con Medora ne “Il corsaro”, poi faccio una bellissima tournée debuttando nel “War Requiem” di Britten diretta da Teodor Currentzis a Stoccarda, Friburgo, Dortmund e Amburgo, poi proseguo con “La traviata” a Liegi. Ho altri impegni che non posso rivelare in quanto i teatri coinvolti non hanno ancora annunciato le loro stagioni.

  • Cosa fa quando non canta?

Quando non canto faccio molte cose ma soprattutto penso al momento in cui dovrò cantare di nuovo, la preparazione di questo momento, penso a tenermi in allenamento vocalmente, fisicamente, perché io considero che il canto sia una specie di atletismo psicomotorio e che una persona non possa distanziarsene del tutto: sicuramente per qualche giorno ma non per troppo perché poi bisogna bisogna essere sempre allenati. Poi sono un’amante del “jump in”, di far girare l’adrenalina facendo qualche sostituzione all’ultimo momento, e quindi preferisco essere sempre allenata. Per questo sicuramente non mi capitano questi momenti di lunghi distacchi dal canto, però ho indubbiamente una mia vita che mi piace vivere, dei momenti che non sono legati al teatro, per esempio come passare il tempo con mio figlio che adesso è adolescente, ha 14 anni, va alla prima liceo e quindi le sue questioni scolastiche richiedono molta attenzione e molta energia. Devo dire che i ragazzi al giorno d’oggi richiedono moltissima attenzione e quindi questo occupa moltissimo tempo, e poi ho anche il tempo per me, per vedere gli amici, per coltivare gli affetti. Mi piace molto giocare a tennis, fare qualche corsa, sono una runner serale, faccio le corse al tramonto e poi guardo qualche film, leggo qualche libro, vado a vedere qualche museo, cerco di ispirarmi in tutti i modi possibili per il prossimo impegno ma anche più in generale per la vita, nella vita.

Alessandro Cammarano

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